Il Tribunale Civile di Milano, Sezione Quinta, con la sentenza n. 37/22 del 07/01/2022, si è occupato di una vicenda in un cui una ex moglie, oltre a lamentare il mancato pagamento di una cospicua parte dell’assegno di mantenimento attribuitole in sede di separazione, ha reclamato dall’ex marito la propria quota del valore ricavato dall’uomo nella cessione della ditta individuale gestita da entrambi durante il matrimonio.                                               
Il convenuto si opponeva, affermando di aver sostenuto spese inerenti detta ditta, a cui la donna non avrebbe partecipato.                                                                                                                 
Il giudice, pur censurando l’improprio riferimento della attrice ad un inadempimento contrattuale, ne ricostruisce agevolmente la reale volontà, certamente volta ad ottenere il pagamento della somma corrispondente al 50% del prezzo di cessione della ditta.
Nessun valore può essere attribuito ad una dichiarazione sottoscritta dall’ex marito (non un accordo contrattuale), se non nei limiti in cui costituisce un riconoscimento della compartecipazione paritaria dell’attrice nell’impresa oggetto di cessione, potendosene ricavare un quadro assimilabile a quello di una società di fatto tra i due ex coniugi, a cui è conseguito il diritto/dovere delle parti di compartecipazione agli utili come alle perdite.
Ad alleviare la debitoria dell’uomo, secondo il Tribunale, non può soccorrere (oltre tutto in mancanza di una spiegata domanda riconvenzionale) la mancata prova di aver assolto effettivamente ai debiti dell’impresa ceduta, la produzione di un sollecito di pagamento ricevuto senza tuttavia il seguito, la produzione unilaterale di un prospetto spese.