“L’assegnazione della casa coniugale ad un coniuge, in seguito alla separazione, non fa venir meno, in analogia a quanto dispone l’art. 6 legge 27 luglio 1978 n. 392, il contratto di comodato, di guisa che permane l’applicazione della relativa disciplina. Pertanto, se un genitore concede un immobile in comodato per l’abitazione della costituenda famiglia non è obbligato al rimborso delle spese, non necessarie né urgenti, sostenute da un coniuge durante la convivenza familiare per la migliore sistemazione dell’abitazione coniugale (v. Cass. n. 2407/98). Infatti, il comodatario il quale, al fine di utilizzare la cosa, debba affrontare spese di manutenzione anche straordinarie, può liberamente scegliere se provvedervi o meno, ma, se decide di affrontarle, lo fa nel suo esclusivo interesse e non può, conseguentemente, pretenderne il rimborso dal comodante (così, Cass. n. 15543/02). L’art. 1808 c.c. non distingue tra spese autorizzate e spese ad iniziativa del comodatario, ma fra spese sostenute per il godimento della cosa e spese straordinarie, necessarie ed urgenti affrontate per conservarla, con la conseguenza che l’eventuale autorizzazione del comodante non è in nessuno dei due casi discrimine per la ripetibilità degli esborsi effettuati dal comodatario. Non scalfita dalle censure di cui sopra la qualificazione giuridica in termini di comodato data al rapporto dalla sentenza impugnata, resta esclusa l’applicabilità alla fattispecie dell’art. 936 c.c.. Infatti, al comodatario non sono rimborsabili le spese straordinarie non necessarie ed urgenti, anche se comportano miglioramenti, né sotto il profilo dell’art. 1150 c.c. perche egli non è possessore, né sotto quello dell’art. 936 c.c. perché non è terzo anche quando agisce oltre i limiti del contratto, né infine sotto quello dell’art. 1595 c.c. in via di richiamo analogico, perché un’indennità per i miglioramenti è negata anche al locatario la cui posizione è molto simile a quella comodatario. Deve riconoscersi al comodatario soltanto l’ius tollendi per le addizioni (Cass. nn. 1575/63,7923/92)”.
 
Nel caso preso in esame dalla Corte di Cassazione, Tizio  conveniva in giudizio innanzi al Tribunale di Firenze gli ex suoceri M.C. e D.G.T., per sentirli condannare al pagamento della somma 70 milioni di lire, quale rimborso, ex art. 1150 c.c., della quota parte del 50% delle spese che egli, insieme con l’ex coniuge, aveva sostenuto per l’esecuzione di opere edilizie necessarie a rendere abitabile un immobile di proprietà degli stessi convenuti, nel quale egli era andato a vivere con la sua famiglia.   (Avv. Gianluca Perrone)