Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 15 dicembre 2011 – 10 aprile 2012, n. 5646

Presidente Luccioli – Relatore Bisogni

Svolgimento del processo

Il Tribunale di Chiavari con sentenza non definitiva del 10 febbraio 2005 ha dichiarato la cessazione degli effetti civili del matrimonio contratto da R..F. e N..V. il (OMISSIS) e, con sentenza definitiva del 22 febbraio 2007, riconosceva il diritto della V. a percepire un assegno divorzile pari a 500 Euro mensili dalla domanda sino al 7 marzo 2005 (data di pensionamento del F. ) e di Euro 200 mensili per il periodo successivo a tale data.
La Corte di appello di Genova ha accolto parzialmente l'appello di R..F. riducendo a 300 e 100 Euro l'ammontare dell'assegno divorzile spettante a N..V. rispettivamente sino al 7 marzo 2005 e successivamente a tale data.
Ricorre per cassazione R..F. affidandosi a tre motivi di impugnazione e depositando memoria difensiva.
Si difende con controricorso e propone a sua volta ricorso incidentale N..V. articolato su due motivi di impugnazione.

Motivi della decisione

Vanno preliminarmente riuniti i due ricorsi sussistendo a tal fine le condizioni di legge.
Con il primo motivo del ricorso principale si deduce l'errata applicazione dell'art. 5 comma 6 della legge n. 898/1970 e successive modifiche in relazione all'art. 360 n. 3 c.p.c..
Il ricorrente sottopone alla Corte il seguente quesito di diritto: in relazione all'art. 5 comma 6 della legge n. 898/1970 e successive modifiche è liquidabile a favore di uno dei coniugi un assegno di divorzio nel caso in cui la situazione degli stessi sia analogamente disagiata e sussista una minima differenza di reddito? La norma prevede che i redditi delle due parti debbano essere matematicamente riequilibrati con il riconoscimento di un assegno o al contrario in tale caso non è liquidabile assegno alcuno?
Il motivo è infondato. La Corte di appello ha infatti tenuto conto del riavvicinamento del reddito dei due coniugi e ha conseguentemente ridotto l'ammontare dell'assegno a partire dal marzo 2005. Ha inoltre implicitamente tenuto conto della maggiore precarietà delle condizioni reddituali della V. rispetto a quelle dell'ex coniuge.
Con il secondo motivo del ricorso principale si deduce motivazione contraddittoria e insufficiente. Omesso esame di circostanze essenziali ai fini della decisione in relazione all'art. 360 n. 5 c.p.c..
Il ricorrente deduce che il fatto controverso, sul quale la motivazione appare in parte omessa e in parte contraddittoria ai sensi dell'art. 360 n. 5 c.p.c., è la esistenza di uno sbilanciamento economico o comunque di una situazione di inadeguatezza dei redditi della signora V. in confronto a quelli del marito.
Il preteso difetto di motivazione è insussistente, avendo la Corte di appello effettuato una comparazione della situazione reddituale dei due coniugi sulla base delle emergenze istruttorie che attestano un sia pur modesto divario che, per effetto della modestissima quantificazione operata dalla Corte territoriale, viene ad essere parzialmente colmato.
Con il terzo motivo del ricorso principale si deduce violazione dell'art. 2697 e. e. in relazione all'art. 360 n. 3 c.p.c..
Il ricorrente sottopone alla Corte il seguente quesito di diritto: la prova da darsi, da parte del coniuge richiedente l'assegno, della sussistenza dei presupposti per l'accoglimento della domanda segue la regola generale dell'art. 2697 c.c. e nel caso che la prova della sussistenza di tali presupposti non sia fornita o non sia sufficiente il Tribunale deve respingere l'avanzata domanda.
Il motivo è infondato dato che il Tribunale non ha affatto violato la regola generale di cui all'articolo 2697 c.c. e ha infatti comparato i redditi delle parti documentati (ammontare della pensione percepita dal F. e cedolino dello stipendio percepito dalla V. ).
Con il primo motivo del ricorso incidentale si deduce omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione ai sensi dell'art. 360 n.5 c.p.c. relativamente al fatto controverso e decisivo per il giudizio rappresentato dallo stato di disoccupazione della signora V. a far data dal gennaio 2007.
Con il secondo motivo del ricorso incidentale si deduce omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione, ai sensi dell'art. 360 n. 5 c.p.c, relativamente al fatto controverso e decisivo per il giudizio rappresentato dalla situazione reddituale e patrimoniale conseguita dal F. nel periodo in cui era titolare dell'azienda commerciale (esercizio di bar). I due motivi sono corredati da quesiti che qui si riportano: 1) "a fronte della produzione della visura della CCIIA di Genova, attestante la cessazione dell'attività di impresa artigianale di cui era titolare la sorella della V. e presso la quale da ultimo la V. stessa svolgeva attività lavorativa part-time, e della mancata deduzione e offerta di prova di fatti contrari, l'impugnata decisione della Corte di appello di ritenere che la V. non sia divenuta disoccupata è contraddittoria con l'assunto dubitativo 'anche a ritenerla (l'attività della congiunta n.d.r.) tuttora esistente ed è carente di motivazione in ordine alla affermata prosecuzione di attività redditizia da parte della V. e dell'ammontare del reddito quantificato in 350,00 mensili, fatti dei quali non esistono agli atti elementi di prova, neppure indiziari, del resto non indicati dalla Corte di appello. Conseguentemente risulta immotivata la decisione di ridurre l'ammontare dell'assegno divorzile o quanto meno di non ripristinarlo nella misura prevista dal Tribunale dalla data di inizio della disoccupazione della V. "; 2) "a fronte della C.T.U. contabile svolta in primo grado che ha accertato evasione fiscale da parte del F. nell'esercizio dell'attività di impresa, è carente di motivazione l'impugnata sentenza che, senza neppure menzionare tale accertamento d'ufficio, ha sostenuto essere veritieri i modesti livelli di reddito denunciati dal F. , e su tale unico presupposto ha ridotto l'ammontare dell'assegno divorzile stabilito dal Tribunale a favore della V. per il periodo fino al pensionamento del F. ".
Entrambi i motivi sono inammissibili in quanto non colgono la ratio decidendo. e sono privi di autosufficienza.
Quanto al primo motivo(va rilevato che la Corte di appello ha ritenuto non provata, sulla base della documentazione in atti, né la cessazione dell'attività commerciale della sorella della V. né comunque l'attività lavorativa svolta dalla V. presso l'azienda in caso di eventuale cessione a terzi. L'omessa valutazione di un documento che la V. ritiene decisivo al fine di comprovare la cessazione di qualsiasi attività lavorativa a partire dal 2007 non risulta valutabile in base alla lettura del testo della motivazione resa dalla Corte di appello e, per altro verso, la ricorrente incidentale non ha indicato quando ha prodotto tale documento e tanto meno lo ha allegato o riprodotto nel ricorso. Vi è poi da tenere conto che nel determinare l'assegno divorzile post-marzo 2005 la Corte ha evidentemente tenuto conto di una serie di ragioni, e in primo luogo dell'incomprimibilità oltre un limite minimo di sussistenza del reddito del F. e, per altro verso, di una sia pur minima capacità reddituale della V. derivante non solo dall'attività part-time o da altre attività definite dalla Corte territoriale come para-lavorative ma anche dalla percezione delle somme pattuite in sede di separazione.
Quanto al secondo motivo va rilevato che la Corte di appello non ha affatto ignorato gli accertamenti peritali attestanti la discordanza fra redditi dichiarati e ricavi presumibili sulla base della contabilità e ha proprio tenuto conto di tali ricavi derivanti dall'attività commerciale, svolta dal F. sino al marzo 2005 e poi ceduta al figlio, per confermare la sussistenza di un diritto all'assegno divorzile in favore della V. ma ha ritenuto i predetti ricavi non così elevati rispetto alle condizioni reddituali e patrimoniali della V. da giustificare la corresponsione di un assegno divorzile superiore a 300 Euro mensili. La ricorrente incidentale avrebbe dovuto dunque contestare tale motivazione sulla base di una riproposizione del testo della C.T.U. o quantomeno di una sua sintesi esaustiva per mettere in rilievo la illogicità dell'assunto e della valutazione della Corte di appello mentre si è limitata a brevi asserzioni indimostrate circa la lacunosità per difetto degli accertamenti peritali.
L'esito del giudizio giustifica l'integrale compensazione delle spese processuali.

P.Q.M.

La Corte riunisce i ricorsi, rigetta il ricorso principale e dichiara inammissibile quello incidentale. Compensa interamente le spese del giudizio di cassazione.