E' noto che la modifica delle condizioni di seperazione o divorzio può essere chiesta dai coniugi (o ex coniugi) attraverso il procedimento di revisione di cui all'articolo 710 del Codice di procedura civile e all'articolo 9 della Legge n. 898/1970.
Questo procedimento si applica anche per la modifica/revoca del provvedimento di assegnazione della casa coniugale, quando ad esempio i figli sono diventati economicamente autosufficienti.
Tale procedura è riservata però esclusivamente ai coniugi.
Come deve comportarsi invece il terzo che abbia acquistato o comunque vanti diritti sulla casa coniugale e intenda quindi contestare l'assegnazione e recuperare la piena disponibilità dell'immobile?
La questione è sorta in quanto, da una parte la particolare procedura di revisione prevista dagli articoli 710 del Codice di procedura civile e all'articolo 9 della Legge n. 898/1970 è riservata ai coniugi (per cui è preclusa al terzo), e dall'altra la revoca dell'assegnazione presuppone comunque la verifica dell'interesse dei figli, verifica che è riservata al giudice della separazione o divorzio (cui il terzo non può accedere).
In questa situazione, il terzo rimarrebbe privo di tutela.
La Cassazione ha recentemente affrontato la questione, affermando che il terzo acquirente non può rimanere privo di mezzi di tutela e pertanto deve essergli riconosciuta la possibilità di proporre una domanda di accertamento circa l'insussistenza dei presupposti dell'assegnazione nelle forme del giudizio ordinario di cognizione (Cassazione, sentenza del 22 luglio 2015, n. 15367).
Il terzo potrà quindi chiedere in tal modo una declaratoria di inefficacia del provvedimento di assegnazione della casa coniugale, perchè ad esempio i figli sono diventati economicamente indipendenti o non convivono più con il genitore assegnatario.
In assenza di figli minori o maggiorenni non autosufficienti, infatti, le esigenze patrimoniali dell'acquirente dell'immobile diventano prevalenti rispetto alle esigenze di tutela della prole, ormai del tutto venute meno.