La necessità di rivedere le disposizioni del codice civile in materia di animali nasce non solo dal sentire comune di larga parte dell'opinione pubblica, ma anche dall'esempio delle normative in vigore in altri Paesi e dall'avanzamento operato in ambito penale, nella XIV legislatura, con l'approvazione della legge 20 luglio 2004, n. 189.

Proprio quest'ultima legge, con l'introduzione del titolo IX-bis del libro secondo del codice penale, ha reso ancora più evidenti le mancanze nell'ambito civilistico.

In particolare dopo il titolo XIV del libro primo del codice civile è aggiunto il “Titolo XIV-bis degli animali” in cui l’art. 455-ter (Affido degli animali familiari in caso di separazione dei coniugi) recita: In caso di separazione dei coniugi, proprietari di un animale familiare, il Tribunale, in mancanza di un accordo tra le parti, a prescindere dal regime di separazione o di comunione dei beni e a quanto risultante dai documenti anagrafici dell'animale, sentiti i coniugi, i conviventi, la prole e, se del caso, esperti di comportamento animale, attribuisce l'affido esclusivo o condiviso dall'animale alla parte in grado di garantirne il maggior benessere. Il tribunale è competente a decidere in merito all'affido di cui al presente comma anche in caso di cessazione della convivenza more uxorio.

Quasi una famiglia su due in Italia vive con un animale domestico e sempre più nella vita quotidiana vi sono casi, di separazione fra coniugi, nei quali cani, gatti ed altri animali diventano oggetto del contendere in un quadro normativo attualmente carente.

L’articolo di legge sopracitato parla chiaro, il fatto che il microchip del cane sia intestato ad uno dei coniugi non determina in senso assoluto la proprietà dell’animale.

Il cane non è un bene mobile registrato e pertanto, benché intestato a Caio, il cane può aver sviluppato una relazione affettiva con Tizio. Inoltre l’anagrafe canina non dispone alcun controllo sulla veridicità di quanto affermato dal richiedente: di solito ci si presenta dal veterinario autorizzato, si fa il microchip per il cane e questo determina l’immediata intestazione. La ratio del microchip è quella di poter risalire all’identità del padrone che, però, va inteso in senso ampio quando il cane convive all’interno di un nucleo famigliare.

Tale interpretazione è suffragata dalla giurisprudenza che, di recente, attraverso un’ordinanza resa dal Presidente del Tribunale di Foggia, in sede di provvedimenti temporanei in una causa di separazione, affidava il cane al marito indipendentemente dall’intestazione formale. Il giudice ha così privilegiato l’interesse materiale e spirituale-affettivo dell’animale conteso, affidando lo stesso al coniuge che, secondo la sommaria istruttoria, era risultato essere quello che maggiormente assicurava il migliore sviluppo possibile dell’identità dell’animale (in questo caso l’ex marito, a differenza di quanto accade usualmente per un figlio minore), lasciando al coniuge risultato meno idoneo (la moglie) la possibilità del cosiddetto “diritto di visita” per alcune ore determinate nel corso della giornata.

Il magistrato foggiano si è, quindi, pronunciato, affermando che “il giudice della separazione può ben disporre, in sede di provvedimenti interinali, che l'animale d'affezione, già convivente con la coppia, sia affidato ad uno dei coniugi con l'obbligo di averne cura, e statuire a favore dell'altro coniuge il diritto di prenderlo e tenerlo con sé per alcune ore nel corso di ogni giorno”. L’ordinanza è interessante e, di fatto, applica per analogia quanto previsto dal codice civile per i figli minori.

In assenza di matrimonio, invece, dal punto di vista legale, il detentore temporaneo dovrebbe essere obbligato alla restituzione immediata dell’animale al suo intestatario. In caso di mancata restituzione il giudice potrebbe intimare di restituire il cane al proprietario nel momento in cui lo stesso abbia trovato una sistemazione adeguata. In tal caso, se l’intestatario ricorresse alle vie legali, l’altro dovrebbe organizzarsi per dimostrare che l’animale ha sviluppato una relazione affettiva con entrambi e che entrambi se ne sono presi cura in egual misura. Si potrebbe chiedere al giudice l’affidamento congiunto dello stesso e dimostrare che ciò rappresenta il bene dell’animale stesso.

In base alle statistiche fornite dall’Aidaa, associazione italiana difesa di animali e ambiente, durante una separazione è proprio l’affidamento dell’animale uno dei motivi che porta i due coniugi a presentarsi davanti al giudice.

Qualche tempo fa, proprio in Italia, su questo tema è stata emessa una sentenza rivoluzionaria.
Ora si può parlare di affido congiunto anche per gli animali di casa.

La sentenza è stata emessa dal Tribunale di Cremona e garantisce ai due coniugi di potersi prendere cura congiuntamente del loro cane anche quando l’amore finisce, e dividere al 50% le spese per il loro mantenimento.

Si tratta di una vera e propria svolta in materia legislativa, che attribuisce all’animale domestico gli stessi diritti finora riservati solamente ai figli.

                                                                                                  Avv. Massimiliano Gallone