Il giudice può stabilire l’assegnazione della casa coniugale solo se la ex-coppia possiede dei figli e se questi sono minorenni o maggiorenni non ancora autosufficienti (dal punto di vista economico). Purtroppo tale tema costituisce una delle più comuni cause di conflitto tra i coniugi nei giudizi successivi al disfacimento del rapporto matrimoniale. Il criterio principe è la tutela prevalente dell’interesse della prole (artt. 155 e ss. del codice civile e art. 6 della legge n. 898/1970). Il godimento della casa familiare è attribuito tenendo conto in prima battuta dell’interesse dei figli; tale principio ha una ratio di salvaguardia nei confronti di questi ultimi, tutelandone così l’interesse a permanere nell’ambiente domestico in cui sono vissuti, per mantenere le consuetudini di vita e le relazioni sociali che in esso si radicano (Cass. 6979/2007, 16398/2007, 14553/2011, 21334/2013).
Di recente la Corte di Cassazione Civ. sezione I, ha esaminato l’assegnazione della casa ex coniugale attribuita alla madre, anche nel caso in cui la figlia maggiorenne va all’università in un’altra città e spesso assente da casa per motivi di studio (in casa con altri studenti in altra sede). La Corte infatti indica che l’assegnazione della casa coniugale non rappresenta, infatti, una componente delle obbligazioni patrimoniali conseguenti alla separazione o al divorzio o un modo per realizzare il mantenimento del coniuge più debole e, nel nuovo regime, introdotto già con la 1.54/2006, è espressamente condizionata soltanto all’interesse dei figli. La Cassazione (Cass. 23591/2010) ha infatti ribadito che “la scelta cui il giudice è chiamato non può prescindere dall’affidamento dei figli minori o dalla convivenza con i figli maggiorenni non ancora autosufficienti che funge da presupposto inderogabile dell’assegnazione” e che “suddetta scelta, inoltre, neppure può essere condizionata dalla ponderazione tra gli interessi di natura solo economica dei coniugi o tanto meno degli stessi figli, in cui non entrino in gioco le esigenze della permanenza di questi ultimi nel quotidiano loro habitat domestico”; l’assegnazione della casa familiare in conclusione è “uno strumento di protezione della prole e non può conseguire altre e diverse finalità” (conf. Cass., da ultimo, l’art. 6 15367/2015). Pertanto Non vi è stata violazione dell’art. 155 quater c.c., avendo la Corte d’appello accertato, in fatto, che la figlia maggiorenne ma non ancora autosufficiente economicamente, in quanto studentessa universitaria presso l’Università di YYYYYYY, aveva mantenuto un collegamento stabile con l’abitazione, nella quale conviveva con la madre.
Pertanto si evidenzia che la casa rappresenta un forte elemento di stabilità nella vita della giovane e in conclusione è uno strumento di protezione della prole e non può conseguire altre e diverse finalità. (Cass. civ. Sez. I, 12 ottobre 2018, n. 25604).