La Corte di Appello di Brescia – Sez. Minorenni con la decisione in argomento (Decreto del 17 maggio 2013) riporta ordine e buon senso (a volte basterebbe) nella nota vicenda del bambino di Cittadella, in seguito alla contraddittoria decisione della Suprema Corte n. 7041/2013.

La querelle sollevata da quest'ultima sulla non-validità scientifica della PAS (confermata invece nella precedente decisione n 5847/2013) appariva fuorviante, poichè comunque il Magistrato non può decidere esclusivamente sulla base di un accertamento peritale, demandando in via di fatto, al consulente la decisione sull'affidamento, sul collocamento o sulle visite, ma sulla base di un'analisi puntuale dei fatti, indi delle condotte attuate (a regola anche dai servizi sociali) , dei rifiuti, delle positività rilevate, delle adesioni a progetti di implementazione delle visite, secondo quanto allegato e provato, forte il giudice (ce lo ricorderebbe anche la Convenzione di Strasburgo 1996) di un potere istruttorio officioso, spesso inutilizzato.

E così, al bando sterili discettazioni circa l'inserimento o meno della PAS o di Pippo se il nome ci piace di più, nel DSM (non senza tralasciare le finalità di determinate scelte ) non è da escludere che possano essere rilevate condotte manipolatorie, di indottrinamento, disfunzionali, abusanti del diritto (false denunce) e del processo, di un genitore, finalizzate in modo più o meno consapevole, all'allontanamento del figlio dall'altro genitore.

E d'altro canto la madre, che dopo la sentenza della corte di cassazione, aveva prelevato il figlio dalla casa paterna, impedito di frequentare la scuola in cui era iscritto, tentato di ottenere l'iscrizione presso altra scuola, disatteso il programma del servizio sociale affidatario, impedito al figlio di trascorrere parte dei giorni festivi pasquali con il padre portandolo con sé in Toscana da alcuni parenti, aveva confermato nei fatti il rifiuto della condivisione della genitorialità.

Non senza rilevare lo scrivente, la singolare celerità di questa vicenda (altre sonnecchiano sui tavoli dei TPM per anni), la Corte di Appello di Brescia nel ripercorrere opportunamente l'iter giudiziale della vicenda, analizza in concreto le condotte attuate da entrambi i genitori.

Nel rammentare come la SINPIA, Società italiana di Neuro psichiatria Infantile riconosca la PAS sin dal 2007, inserita nel DSM IV nella sezione problemi relazionali genitore-bambino,la Corte rileva che il fatto che altri esperti neghino il fondamento scientifico di tale sindrome non significa che essa non possa essere utilizzata quanto meno per individuare un problema relazionale molto frequente in situazione di separazione dei genitori, se non come una propria e vera malattia. Il tema è verificare se i disturbi rilevati dal Ctu a carico del minore, siano riconducibili alla responsabilità della madre in quanto generati dal suo comportamento nei confronti del padre.

Procedendo su questo piano, la personalità della madre è stata posta in discussione dal consulente per la sua rigidità e la sua scarsa collaborazione. Nessuna colpa può ravvisarsi, né gli è stata addebitata da controparte per il comportamento del figlio che ad un certo punto ha manifestato un atteggiamento straordinariamente repulsivo e pervicace, giungendo al punto da non volere nemmeno scendere dall'autovettura con la quale la madre lo portava agli appuntamenti programmati con il padre, né voler entrare nella stanza dove questi si trovava ed al punto anche di rivolgergli epiteti ingiuriosi e manifestazioni gravi di avversione, come prenderlo a calci e pugni. L'uso degli epiteti utilizzati per offendere il padre inoltre non è quello tipico di un bambino , ma sembra veramente suggerito dalle espressione degli adulti. La lettura delle relazioni dei servizi sociali, oltre che degli esami del Ctu (dati obiettivamente rilevati che non sono stati posti in discussione) lasciano veramente sbigottiti per la forza, la tenacia dell'aggressività e del rifiuto di fronte ad un padre che aveva sempre cercato di svolgere il proprio ruolo.

Il tribunale dava atto che l'atteggiamento della madre non aveva favorito il rapporto del figlio con il padre, ma lo aveva ostacolato al punto che, disposta una disciplina di visite, la madre aveva violato il programma portando con sé il bambino per le vacanze estive alla fine delle quali si veniva a verificare una regressione nei rapporti padre-figlio, nonostante vi fosse stato un iniziale miglioramento dovuto alla calendarizzazione degli incontri. Lo psicologo sottolineava che il minore si presentava normalissimo nelle relazioni con gli altri, salvo cambiare al solo parlargli del padre che definiva come " persona cattiva, un diavolo, persona sgradevole" e perdere il controllo delle più elementari relazioni con ricorso ad aggressività verbale ed agita, senza provocazione.

Di talchè emerge lo stato di grave disagio del minore ed il suo invischiamento in un conflitto coniugale in cui la madre ha avuto la possibilità di qualificare in modo negativo il marito, tanto da acquisire l'alleanza del figlio . Il rifiuto del predetto non ha altra origine perché non sono state nemmeno ipotizzate attività del padre che possano avere distolto il figlio da qualsiasi forma di rapporto con lui.

In questa situazione i comportamenti che emergono da fatti obiettivi ed inconfutabili consentono di corroborare la prova del suo comportamento alienante e possessivo. Nessuno spazio nel suo concetto di vita del figlio è riservato al rapporto con il padre, nonostante le preoccupazioni che asserisce di avere avuto per il rifiuto nei confronti dello stesso. Di fronte a tale pervicacia nel comportamento materno non si ravvisano le garanzie che la predetta sappia far proseguire il figlio nel rapporto con il padre e non ponga nuovamente in atto ostacoli alla normalità del medesimo, facendo regredire il minore e ponendolo in posizione di grave rischio di disturbi della personalità, siano essi quelli che in campo scientifico vengono da parte degli esperti qualificati come PAS, siano gli agiti aggressivi che derivano dallo stato d'ansia rilevati dagli esperti dei Servizi Sociali. Indipendentemente dalla loro qualificazione dal punto di vista medico, la descrizione dei comportamenti del bambino sulla quale tutti hanno concordato consente di ritenere che i suoi agiti , se non ricomposti, porterebbero a disturbi che impedirebbero a -FIGLIO- di crescere e sviluppare tutte le sue notevoli capacità intellettuali ed espressive.

All'esito di tale ricostruzione dei fatti – al di là delle definizioni – la Corte affida il minore al Servizio sociale con collocamento presso il padre, prevedendo una calendarizzazione dei periodi di vacanza e degli incontri con la madre, disponendo che talune decisioni sia avallate dal padre fermo restando il diritto della madre di avere informazioni dalla scuola e dai medici, ponendo a carico dei genitori le spese di mantenimento e di abbigliamento necessari nei tempi di frequentazione del figlio e le spese straordinarie in ragione del 50 % per ciascuno, inammissibile la domanda di reintegro nella potestà avanzata dalla madre.

Sicchè la Corte ha dato rilievo al rifiuto del figlio di incontrare il padre, causalmente collegato ai periodi di permanenza interdittivi presso la madre.

Tuttavia la dimensione processuale dell'interesse del minore è il nodo eluso in queste decisioni, obnubilando come il terzo paragrafo, lettera B), delle Linee-guida C.E. 2010, dopo la riaffermazione della necessità della "effettiva attuazione del diritto dei minori al riconoscimento del loro interesse superiore come considerazione preminente in tutte le questioni che li coinvolgono direttamente o indirettamente", indichi concreti strumenti di valutazione di tale interesse nei procedimenti.

Le Linee Guida del Consiglio d'Europa per una Giustizia a misura di bambino, non definiscono la persona minore di età come parte dei procedimenti, ma non è lecito dubitarne prevedendone prerogative di parte processuale:il diritto all'accesso, all'informazione, alla rappresentanza legale, alla difesa, alla partecipazione.

Le persone minori di età debbono essere considerate e trattate come titolari dei loro diritti e debbono avere la facoltà di esercitarli. Nella nostra tradizione giuridica, diritti fondamentali e minori sono stati per lungo tempo termini, l'uno estraneo all'altro, minorato il diritto deiminori ritenuto scarsamente compatibile con le levigate forme del diritto degli adulti.

Continuo a sentir parlare di interesse del minore, sia pure qualificato come "superiore", concetto fumoso quanto elusivo del problema, affatto irrilevante l'accento posto sui doveri dei genitori anziché sui diritti dei minori, come se questi fossero un riflesso di quello e non viceversa. Al contrario va affermato, il primato dei diritti fondamentali della persona minore di età, costituzionalmente stabiliti, destinati a soccombere se abbandonati alla logica dei poteri domestici e dei soli poteri-doveri dei giudici o dei P.M..

Nella travagliata vicenda è mancata la rappresentanza processuale autonoma al minore, - evidente il conflitto di interesse tra i genitori, immaginabile il senso di solitudine e sofferenza di questo minore, privo nel processo della sua voce , tramite curatore ex artt. 4 e 9 della Convenzione di Strasburgo, indipendentemente dalla richiesta del Pubblico Ministero ex art. 79 c.p.c..

Il nodo centrale dal punto di vista concettuale, sta nella previsione (chiara nella Convenzione di Strasburgo) che i "detentori della responsabilità genitoriale" si trovino a non poter interamente rappresentare, il figlio minore non perché sussista, nella relazione genitoriale, un comportamento pregiudizievole, ma anche soltanto perché, nel processo ed in conseguenza del processo, si verifica un "conflitto di interesse", magari anche (rispetto al complesso della decisione) solo parziale .

Ancora una volta la giurisprudenza della Corte EDU anche in tema di sindrome di alienazione parentale offre interessanti indicazioni: le autorità nazionali hanno il dovere di evitare tale situazione di per sé violativa del diritto alla vita familiare perché anche nella crisi più conflittuale non deve mai venire meno il diritto di visita del minore da parte del genitore non convivente. La Corte di Strasburgo a più riprese afferma come lo Stato abbia l'obbligo di impedire le violazione dei diritti garantiti dalla Convenzione : non è violativo dell'art. 8 della Convenzione di Roma il solo comportamento alienante del genitore ma anche quello delle autorità che non impediscano con misure adeguate tale comportamento. Ma la CEDU va oltre: nel caso di rifiuto del minore ad incontrare il genitore non convivente, sono sconsigliabili in linea di massima rimedi coercitivi nei confronti del figlio, a meno che il rapporto con il genitore rifiutato coincida con l'interesse del figlio.

Vi è quindi una gradualità nell'assunzione delle misure di contrasto al fenomeno, quali le misure terapeutiche al figlio al fine di consentirgli di superare il rifiuto del genitore non convivente, l'uso di sanzioni nei confronti del genitore convivente che con il suo comportamento ostacoli il rapporto con l'altro, il tutto all'insegna dell'efficacia e della celerità, disutili sanzioni pecuniarie per garantire l'esecuzione.

Sicchè la giurisprudenza EDU fonte normativa interposta tra la Costituzione e la legge, consente, nella materia delle persone minori di età di apprezzare alcuni principi. La tutela enucleata nell'ambito dell'art. 8 della Convenzione - diritto alla vita privata e familiare - rinvia ad un concetto di famiglia molto più ampio di quello interno. Non si può distinguere tra famiglia legittima e naturale per quanto riguarda i diritti dei figli alla relazione con i genitori. L'art. 14 della Convenzione di Roma vieta ogni discriminazione fondata sulla nascita, il che si ripercuote positivamente nel nostro sistema laddove sopravvivono significative differenze ancora sul piano processuale fra figli di genitori coniugati e figli di non coniugati. Il principio del rispetto della vita privata e familiare va interpretato in un sistema del quale fanno parte l'art. 6, l'art. 13 e l'art. 14 della convenzione. Dal che consegue che ai figli indipendentemente dal tipo di filiazione vanno garantiti gli stessi strumenti per attuare i diritti all'interno di un processo che preveda le medesime garanzie processuali per tutte le parti, integrando il vuoto contenitore del procedimento camerale. La Corte di Strasburgo ragiona sul fatto e sul processo del singolo caso, valutando gli interessi nel loro concreto atteggiarsi esaminando i comportamenti dello Stato (amministrativo e giudiziario) nei cui confronti è sancita la lesione di diritti fondamentali della Convenzione: la valutazione guarda la conformità dei comportamenti alla legislazione nazionale ed alla tutela dell'interesse del minore.

L'art. 8 della Convenzione di Roma ha per obiettivo la protezione dell'individuo contro ingerenze arbitrarie nella "vita familiare", sussistendo a carico dello Stato obblighi positivi e negativi, di proteggere l'individuo contro ingerenze arbitrarie della sfera familiare e di adottare specifiche misure per assicurarne il rispetto, trovando applicazione nei procedimenti ablativi, limitativi della potestà, separativi, adozione, affidamento, sottrazione internazionale.

Per la Corte di Strasburgo godere della reciproca assidua presenza di relazione, costituisce un elemento fondamentale del diritto alla vita familiare ex art. 8 della Convenzione ed in questo le autorità nazionali sono investite di obblighi positivi di protezione delle relazioni tra i componenti della famiglia con provvedimenti efficaci. Nei procedimenti separativi, l'autorità ha l'obbligo di disciplinare i rapporti con il genitore non convivente con celerità senza discriminazioni fondate sulle tendenze sessuali o sul credo religioso, perché il tempo rileva nella durata del processo e nell'esecuzione.

Nei procedimenti che riguardano la relazione genitori-figli, l'intempestività di regole certe per il rapporto con il genitore non convivente, la mancata esecuzione dei provvedimenti, ha come effetto che si radichino fenomeni disfunzionali, che comportano un danno potenzialmente grave ed irreparabile per losviluppo psico-fisico del minore.