Con la sentenza n. 77/2021 il Giudice di Pace di Messina, in accoglimento del ricorso, disapplica l’ordinanza n. 339 del 20.11.2020 emanata dal Sindaco del Comune di Messina, annulla il verbale di contravvenzione e condanna il Comune al pagamento delle spese processuali.
Con ricorso depositato il 04.12.2020 il Sig. C. A., con il patrocinio dell’Avv. Gianluca Perrone, proponeva opposizione avverso il verbale in oggetto, relativo alla violazione di cui all’art. 4 dell’Ordinanza Sindacale n. 339 del 20.11.2020.
Tra le misure restrittive previste dalla suddetta ordinanza si contestava “il divieto di consumo di alimenti e bevande su strade e piazze”. Infatti, tutte le disposizioni Statali non hanno mai vietato il consumo di alimenti sulla pubblica via a patto che non si verificassero assembramenti.
Nel caso di specie il Sindaco di Messina ha disposto dei divieti, autonomamente, in spregio di quelli che sono diritti costituzionali garantiti e prevalenti su ogni norma.
Nella sentenza si legge “Il Sindaco non può sostituire il proprio apprezzamento, alla valutazione epidemiologica e al bilanciamento degli interessi operato dal Governo ed eventualmente dalle singole Regioni.” 
Con la sentenza n. 77/2021 il Giudice di Pace di Messina, in accoglimento del ricorso, disapplica l’ordinanza n. 339 del 20.11.2020 emanata dal Sindaco del Comune di Messina, annulla il verbale di contravvenzione e condanna il Comune al pagamento delle spese processuali.
Con ricorso depositato il 04.12.2020 il Sig. C. A., con il patrocinio dell’Avv. Gianluca Perrone, proponeva opposizione avverso il verbale in oggetto, relativo alla violazione di cui all’art. 4 dell’Ordinanza Sindacale n. 339 del 20.11.2020.
Tra le misure restrittive previste dalla suddetta ordinanza si contestava “il divieto di consumo di alimenti e bevande su strade e piazze”. Infatti, tutte le disposizioni Statali non hanno mai vietato il consumo di alimenti sulla pubblica via a patto che non si verificassero assembramenti. Nel caso di specie il Sindaco di Messina ha disposto dei divieti, autonomamente, in spregio di quelli che sono diritti costituzionali garantiti e prevalenti su ogni norma.
Nella sentenza si legge “Il Sindaco non può sostituire il proprio apprezzamento, alla valutazione epidemiologica e al bilanciamento degli interessi operato dal Governo ed eventualmente dalle singole Regioni.” 
Il Decreto legge 25/03/2020, n. 19 all’art. 3, rubricato “Misure urgenti di carattere regionale o infraregionale” al comma 1 statuisce che: “1. Nelle more dell'adozione dei decreti del Presidente del Consiglio dei ministri di cui all'articolo 2, comma 1, e con efficacia limitata fino a tale momento, le regioni, in relazione a specifiche situazioni sopravvenute di aggravamento del rischio sanitario verificatesi nel loro territorio o in una parte di esso, possono introdurre misure ulteriormente restrittive rispetto a quelle attualmente vigenti, tra quelle di cui all'articolo 1, comma 2, esclusivamente nell'ambito delle attività di loro competenza e senza incisione delle attività produttive e di quelle di rilevanza strategica per l'economia nazionale.”.
Ed infatti, la mancanza di tali presupposti, come affermato dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 3882 dell’1.10.2001, inficia il provvedimento amministrativo di un grave vizio, quale è la violazione di legge, in sfregio alla stessa norma attributiva del potere, tale da ipotizzare il reato di abuso d’ufficio per violazione di legge.
Pertanto, l’agire di ogni amministratore locale deve essere conforme alla legge ed in ogni caso, limitato alle proprie competenze determinate per legge.
Il Giudice di Pace giunge all’accoglimento del ricorso dopo avere evidenziato la normativa e la giurisprudenza di TAR e Consiglio di Stato che sono dovuti intervenire per mettere un freno al potere dei primi cittadini e delle Regioni che assai spesso, hanno emanato provvedimenti in aperto contrasto con quanto stabilito dal Governo Italiano.