Nel negoziato che consuetamente precede la stipulazione del contratto trovano luogo le cosiddette trattative tra le parti. Nel corso di questa fase preparatoria e funzionale alla predisposizione di un regolamento contrattuale, le parti non sono libere di comportarsi in modo del tutto discrezionale. Difatti, l'articolo 1337 del codice civile assoggetta il loro comportamento all'obbligo della buona fede, disattendendo il quale esse incorrono nella cosiddetta responsabilità precontrattuale o culpa in contrahendo.

Ma cosa implica esattamente l'obbligo della buona fede in fase di trattative contrattuali? Esso importa: a) un generale obbligo di informazione su ogni aspetto saliente della contrattazione: particolarmente, il contraente il quale sia conoscenza dell'esistenza di una causa di invalidità del contratto deve, ai sensi dell'articolo 1338 del codice civile, darne notizia all'altra parte; b) un obbligo di astenersi dal recedere ingiustificatamente dalle trattative ove la controparte abbia sviluppato un ragionevole affidamento sulla conclusione del contratto; c) un generale dovere di chiarezza e di attivazione volto a procurare che il contratto stipulando sia valido ed efficace.

Ma quando si concreta una violazione dell’obbligo di buona fede ex art. 1337 c.c.? Le condotte che danno vita a una tale ipotesi di responsabilità risarcitoria possono raccogliersi - secondo la dottrina - in quattro macro categorie: a) abbandono ingiustificato della trattativa; b) mancata informazione sulle cause di invalidità del contratto; c) stipulazione del contratto invalido o inefficace; d) induzione della controparte alla stipulazione di un contratto pregiudizievole. Vediamole con ordine.

L'abbandono ingiustificato della trattativa deve leggersi come l'interruzione abusiva di quell’iter formativo del contratto tale da eludere quella ragionevole aspettativa che si sia ingenerata nell'altra parte, la quale, confidando nella conclusione finale del contratto, si sia indotta a sostenere spese o a rinunciare ad occasioni più favorevoli (Cass. n. 8723/04). Nel corso delle trattative si raggiunge, secondo la giurisprudenza, uno "stadio idoneo a far sorgere nella parte che invoca d'altrui responsabilità il ragionevole affidamento sulla conclusione del contratto" (Cass. N. 11438/04). È al superamento di questo stadio oltre il quale avvenga l'abbandono della trattativa che occorre aver riguardo per apprezzare l'abusività di una ritrazione dalla trattativa.

Altra causa integrativa della violazione dell'obbligo di buona fede è la mancata informazione sulle cause di invalidità contrattuale. Si ha riguardo alla fattispecie di un contraente che taccia all'altro la sussistenza di cause invalidanti il contratto. Come detto, una tale condotta è trasgressiva dell'obbligo imposto le parti dell'articolo 1338 del codice civile. Non vi è tuttavia, a parere della giurisprudenza, responsabilità precontrattuale laddove l'invalidità discende da una disposizione di legge che entrambe le parti devono conoscere e che, pertanto, devono reciprocamente comunicarsi.

Una terza classe di responsabilità precontrattuale è data dal caso di un soggetto contraente il quale induca l'altro con inganno o minaccia o approfittamento del suo errore a concludere un contratto (stipulazione di contratto invalido o inefficace). Una tale casistica, come si vedrà altrove, dà luogo alla invalidità contrattuale oltre che a responsabilità precontrattuale a carico del primo contraente.

L'induzione alla stipulazione di un contratto pregiudizievole afferisce ad un valido contratto il quale si è formato ma, a cagione di un inganno perpetrato da una parte ai danni dell'altra, a condizioni pregiudizievoli e svantaggiose per la parte ingannata conseguenti a tale dolo. Si ponga mente al caso in cui le clausole svantaggiose predisposte e inserite nel contratto abbiano la loro ragion d'essere in una informazione dolosamente taciuta. Il caso emblematico è quello dell'intermediario finanziario, il quale tace al risparmiatore i rischi connessi all'acquisto di un prodotto finanziario, trasgredendo così gli obblighi di informazione che la legge pone a suo carico.

Facciamo, ancora, il caso del contratto di prestazione d'opera intellettuale tra il chirurgo ed il paziente; sul primo incombe il dovere di informare il secondo “sulla natura dell'intervento, sulla portata ed estensione dei suoi risultati e sulle possibilità e probabilità dei risultati conseguibili, sia perché violerebbe, in mancanza, il dovere di comportarsi secondo buona fede nello svolgimento delle trattative nella formazione del contratto (articolo 1337 codice civile), sia perché tale informazione è condizione indispensabile per la validità del consenso, che deve essere consapevole, al trattamento terapeutico chirurgico senza il quale l'intervento sarebbe impedito al chirurgo tanto dall'articolo 32 secondo comma della costituzione, quanto dell'articolo 13 della costituzione, e dall'articolo 33 della legge 23 dicembre 1978 n. 833, che esclude la assiduità di accertamenti di trattamenti sanitari contro la volontà del paziente se questo è in grado di prestarlo e non ricorrono i presupposti dello Stato di necessità (articolo 54 codice penale)” (Cass. 10014/94).

Orbene, ma quali sono i danni risarcibili da responsabilità precontrattuale? L'inosservanza dei doveri posti dalla legge a carico delle parti antecedentemente alla conclusione del contratto non frustrano l’interesse alla conclusione del medesimo. Difatti, sinché il contratto non è sottoscritto dalle parti non sorge in capo ad esse un diritto alla prestazione contrattuale. La responsabilità precontrattuale investe l'interesse c.d. negativo delle parti cosicché la vittima dell'abusiva interruzione delle trattative ovvero della stipulazione di un contratto invalido avrà diritto ad ottenere il danno emergente consistente nelle spese affrontate e nelle perdite ricevute in ragione delle infauste trattative nonché il lucro cessante dovuto ai mancati gli affari non portati a termine con terzi a cagione di dette trattative.