Nella richiesta di pagamento da inviare al debitore, come anticipato, non è sufficiente indicare il solo capitale.
L’inadempimento comporta una serie di conseguenze che, in termini molto pratici e sommari, possono individuarsi in diversi oneri di natura economica posti a carico del debitore.
Penso che sia importante sottolineare come queste ulteriori voci di spesa debbano essere corrisposte dal debitore al proprio creditore e non costituiscano un mero abbellimento, un capriccio o una ripicca.
Mi riferisco in questo caso alle spese bancarie di insoluto, alle spese legali di intervento e agli altri esborsi che il creditore deve anticipare per ottenere soddisfazione.
Partendo dalle spese bancarie: spesso si prevede un pagamento a mezzo addebito diretto ed è noto che le ricevute insolute hanno un costo. Non è ammissibile che sia il creditore a farsi carico anche di tali oneri, che dovranno essere quindi rimborsati dal debitore.
Inoltre, il mancato pagamento obbliga il creditore, che non è tenuto ad aspettare, pazientare, tollerare, comprendere ecc., ad attivarsi per ottenere quello che gli spetta: normalmente, risultati vani i tentativi individuali via mail o telefono, dovrà recarsi da un legale e corrisponderne l’onorario e rimborsarne le spese vive.
A volte sarà necessario anche effettuare delle ricerche per l’esatta individuazione del debitore, per esempio in caso di società: chi è il legale rappresentante, dove è ubicata la sede, esistono procedure pendenti…? Queste ricerche costano, a volte poche decine di euro, altre qualcosa di più, a seconda dell’attività da svolgere.
Ecco: tali voci sono dovute dal debitore in quanto conseguenza diretta ed immediata dell’inadempimento e a nulla varrà la classica scusa “non gli ho detto io di andare dall’avvocato!”.
Infatti la normativa è molto chiara e tutela integralmente il creditore da comportamenti di tal genere, che devono essere scoraggiati onde evitare l’instaurarsi di prassi viziate che nel lungo periodo non possono che essere dannose per i creditori stessi.
Per quel che riguarda i riferimenti normativi rimando agli artt. 1218 e ss. c.c. e riporto l’art. 6 D.Lgs. n. 231/2002 in materia di transazioni commerciali: “nei casi previsti dall'articolo 3, il creditore ha diritto anche al rimborso dei costi sostenuti per il recupero delle somme non tempestivamente corrisposte. 2. Al creditore spetta, senza che sia necessaria la costituzione in mora, un importo forfettario di 40 euro a titolo di risarcimento del danno. È fatta salva la prova del maggior danno, che può comprendere i costi di assistenza per il recupero del credito”.
Si comprende dunque che l’inserimento delle voci di spesa all’interno della lettera di diffida – recupero credito non rispondono ad esigenze di vendetta del creditore, ma ricalcano quanto dispone la legge in proposito.