Sulla base della normativa vigente (TU DPR 380/2001), il certificato di agibilità (termine indifferentemente utilizzato per gli edifici abitativi e non) va necessariamente richiesto nelle seguenti ipotesi:
  1. per le nuove costruzioni, per le ricostruzioni o sopraelevazioni totali o parziali, per gli interventi negli edifici esistenti che possano influire sulle condizioni di igiene e sicurezza;
  2. tra queste sono da ricomprendersi le case urbane e rurali nonché tutti gli altri edifici, come luoghi di pubblico ritrovo, uffici, scuole, magazzini ed altri analoghi ambienti soggetti a frequentazione, residenza o comunque permanenza delle persone e non, invece per gli edifici destinati ad usi industriali, da assoggettare a diversa disciplina e per i manufatti non destinati alla residenza o alla frequenza delle persone, come i c.d. capannoni adibiti al ricovero di attrezzi e materiali. 
Esso viene rilasciato dal Comune ed ha la funzione precipua di attestare la sussistenza delle condizioni di sicurezza, salubrità, risparmio energetico degli edifici e degli impianti negli stessi installati e non solo la regolarità urbanistica del bene.
Si ritiene che il concetto di agibilità ricomprende tutti i controlli e le verifiche attinenti alla sicurezza dell’immobile, introdotte negli anni dal legislatore, dovendo, il relativo concetto, intendersi in senso ampio in quanto attinente non solo alla igiene e alla salubrità dell’immobile e degli impianti in esso installati, ma anche alle condizioni qualitative dell’edificio come pure alla statica dello stesso, valutata alla luce di indagini a carattere geognostico (v. relazione al T.U.).
In questo senso ed in ordine agli standards di sicurezza, il certificato di agibilità è da considerarsi “autosufficiente”.
Alla luce di dette caratteristiche il certificato di agibilità è quindi posto a presidio dell’interesse particolare dell’acquirente attestando la capacità del bene ad assolvere alla funzione economico-sociale cui è destinato (in tal senso v. ex multis Cass. 25/02/2002 n° 2729; Cass. 20/04/2006 n° 9253), assicurandone il legittimo godimento e la commerciabilità.
È da escludersi, come chiarito dalla giurisprudenza amministrativa, che esso garantisca anche la regolarità tecnico-edilizia dell’immobile realizzato, spiegandosi in questo modo il motivo per cui, a seguito del rilascio della concessione edilizia in sanatoria, può accadere che non possa seguire il rilascio dell’agibilità. In tale direzione, invero, sembra condurre il Consiglio di Stato, il quale, con le recenti sentenze 2014/1220 e 2014/4309, ha stabilito che il titolo abilitativo (il permesso a costruire) ed il certificato di agibilità non sono tra loro sovrapponibili, in quanto il primo serve a valutare il rispetto delle norme edilizie ed urbanistiche mentre l’agibilità è volta a controllo delle norme tecniche in materia di sicurezza, salubrità, igiene e risparmio energetico.
In questo senso, il certificato di agibilità deve essere rilasciato anche se l’immobile è stato realizzato in difformità rispetto al titolo abilitativo. Parzialmente diversa appare l’interpretazione fornita dalla Cassazione, la quale nella pronuncia 12/10/2012 n° 17498 ha enunciato il principio secondo cui “il certificato di agibilità nel regime degli artt. 24 e 25 del DPR 380/2001 è condizionato non soltanto alla salubrità degli ambienti, ma anche alla conformità edilizia dell’opera, sicché, attesa la presunzione iuris tantum di legittimità degli atti amministrativi, con il rilascio di detto permesso devono intendersi verificate, salvo prova contraria, entrambe le suddette condizioni, senza necessità per il contraente obbligato far constare la loro esistenza di produrre un certificato ulteriore”.
La agibilità si ottiene a seguito di apposita domanda, ad opera del soggetto che ha ottenuto il permesso di costruire o da colui che ha presentato denuncia di inizio di attività, e dei suoi successori o aventi causa, entro 15 giorni dalla ultimazione dei lavori, pena, in difetto, l’applicazione di una sanzione amministrativa pecuniaria.
Il rilascio del certificato di agibilità, deve avvenire entro 30 giorni dalla presentazione della domanda, ad opera del Dirigente Responsabile dell’Ufficio Comunale preposto, trascorso inutilmente il quale si forma il c.d. silenzio assenso, per espressa previsione normativa, a condizione che la istanza sia corredata della documentazione richiesta dall’art. 25 del Testo Unico 2001/380 ed allorché la Pubblica Amministrazione può avvalersi del parere della ASL competente (cfr, ex multis, Cass. 16/05/2013 n° 2665 e Tar Lazio 03/07/2013 n° 6580).
Il suddetto temine è elevato a sessanta giorni se esso può essere sostituito da una autocertificazione dell’interessato (salvo i casi di interruzione di detto termine ai fini della acquisizione di documentazione integrativa così come previsto dall’art. 25, comma 5, del Testo Unico 2001/380). L’attribuzione di agibilità non esclude, per effetto del silenzio assenso, la possibilità di contraria dichiarazione del Sindaco per ragioni igieniche ex art. 222 T.U. di Sanità espressamente richiamato dall’art. 26 del T.U. 2001/380.
Ricordatene  la natura e la funzione, va a questo punto affrontato lo specifico tema della incidenza della c.d. agibilità sulla contrattazione degli immobili che necessitano di tale attestato, con particolare riferimento alle problematiche che possono derivare in merito all’adempimento di un contratto preliminare di compravendita di un immobile allo stato privo di agibilità. Una questione che sovente si propone nella contrattazione immobiliare spesso di intralcio per la libera circolazione dei beni.
Per questo più volte la giurisprudenza si è occupata della problematica giungendo alle seguenti conclusioni che possono dirsi ormai consolidate.
Va evidenziato, al riguardo, che il requisito del certificato di agibilità è essenziale ai fini del legittimo godimento e della commerciabilità del bene in quanto nella vendita dei beni immobili viene in rilievo l’interesse dell’acquirente ad ottenere la proprietà di un immobile idoneo ad assolvere una determinata funzione economico-sociale e, quindi, a soddisfare i concreti bisogni che inducono il compratore all’acquisto.
Così si esprime la Cassazione nelle molte decisioni che hanno trattato il tema affermando, alla luce di dette considerazioni, che la mancanza del certificato di agibilità costituisce un inadempimento grave che giustifica il promittente acquirente laddove viene sollecitato alla stipula del rogito definivo di compravendita. 
Tale principio si trova enunciato chiaramente nella decisione 27/11/2009 n° 25040 ed ancor prima in  quella del 18/10/2004 n° 20399 laddove viene sottolineata l’importanza dei doveri di reciproca lealtà negoziale, correttezza e buona fede in un contesto in cui ogni contraente deve cooperare alla realizzazione dell’interesse della controparte: un dovere che si atteggia come un impegno ed obbligo di solidarietà da cui dipende, in difetto, il fondamento dell’eccezione di inadempimento ancorché la acquisizione della agibilità dell’immobile promesso in vendita, non fosse esplicitamente sanzionata nell’accordo negoziale.
Per altro verso è stato anche chiarito di non essere sufficiente, ai fini della carenza di responsabilità da inadempimento l’aver negoziato l’immobile “nello stato di fatto e di diritto” trattandosi di causa di mero stile tale da non potersi ritenere equivalente ad una rinuncia espressa alla consegna del certificato di agibilità.
Ciò sta a significare riassuntivamente, che è sufficiente la mancata consegna del certificato di agibilità per riconoscere l’inadempimento del promittente venditore e legittimare il recesso dal contratto preliminare di vendita atteggiandosi detta mancanza idonea a fondare ex sé ovvero automaticamente l’importanza e/o gravità dell’inadempimento stesso (v. ex multis Cass.03/07/2000 n° 8880; Cass. 11/04/2006 n° 8409): opinione preferibile rispetto a quella che, al contrario, esclude detta  automaticità  ritenessi doveroso l’accertamento della gravità dell’omissione (v. Cass. 29/11/2007 n° 24157; Cass. 07/10/2008 n° 24729).
È proprio nell’accennato interesse ad ottenere la proprietà dell’immobile, idoneo ad assolvere la funzione economico-sociale ed a soddisfare i bisogni che inducono all’acquisto, e cioè la fruibilità e commerciabilità del bene, che si basa la Corte Regolatrice per riaffermare i principi testé indicati (v. Cass. 11/05/2009 n° 10820).
La questione relativa alle conseguenze della mancanza del certificato di agibilità nei termini sopra prospettati, si ripresenta ciclicamente senza però che il S.C. opti per soluzioni diverse.
In tale direzione si muove l’ ultimo intervento del Supremo Collegio che, chiamato nuovamente a pronunciarsi sulle conseguenze della mancanza del certificato di agibilità nell’ambito di una negoziazione preliminare, ribadisce, in pratica, il concetto della legittimità del rifiuto della stipula del contratto definitivo di compravendita in un caso in cui il promittente venditore non aveva assolto al proprio dovere, ex art. 1477 CC comma 3, di consegnare detto documento relativo ad un immobile promesso in vendita, a nulla rilevando che la qualcosa fosse addebitabile ad inerzia del Comune e non avendo dimostrato la possibilità di onorare l’impegno(Cass. 8.2.16 n. 2438)
Rimane aperta la questione relativa all’inadempimento del promittente venditore per la mancata consegna del certificato di agibilità laddove le parti abbiano esonerato espressamente il proprietario del bene dall’obbligo di assolvere a tale incombente, a nulla rilevando, come visto, che nella promessa di  acquisto sia prevista la generica clausola (di stile) che essa viene effettuata nello “stato di fatto e di diritto” in cui il bene negoziato si trova.
Sul punto è bene ricordare che la Corte Regolatrice, con una decisione risalente (Cass. 25/02/2002 n° 2729) ha opinato per la esclusione dell’inadempimento del promittente venditore espressamente esonerato dall’obbligo di ottenere la agibilità del bene (v. anche, in questo senso, Tribunale Larino 17/11/2009 in Red. Giuffré 2010).

Settembre 2016- Avv.Antonio Arseni