RISARCIMENTO DA DURATA IRRAGIONEVOLE DEL PROCESSO

Avv. Alessio Pistone

Ogni cittadino che sia stato parte in un procedimento durato in modo “irragionevole, ha diritto ad una “equa riparazione”, ovvero ad un risarcimento, in forza della c.d. LEGGE PINTO (L. n. 89 del 24 marzo 2001).

La richiesta di indennizzo allo Stato (Ministero della Giustizia, se si tratta di procedimenti del giudice ordinario, Ministero della Difesa, se si tratta di procedimenti militari, Ministero dell?economia e delle Finanze in tutti gli altri casi) va presentata, a pena di decadenza, entro sei mesi dal momento in cui la decisione che conclude il procedimento è divenuta definitiva, con ricorso al presidente della Corte d' Appello competente, il quale (può essere designato in alternativa un magistrato della Corte) provvede sulla domanda di equa riparazione con decreto motivato da emettere entro 30 giorni dal deposito del ricorso.

Si può considerare che un processo abbia avuto una durata ragionevole solo se si conclude in modo definitivo entro massimo sei anni; 3 anni per il primo grado, 2 anni per l’appello e 1 anno per la Cassazione.

Ai fini del computo della durata il processo si considera iniziato con il deposito del ricorso introduttivo del giudizio ovvero con la notificazione dell'atto di citazione. Si considera rispettato il termine ragionevole se il procedimento di esecuzione forzata si è concluso in tre anni, e se la procedura concorsuale si è conclusa in sei anni. Il processo penale si considera iniziato con l'assunzione della qualità di imputato, di parte civile o di responsabile civile, ovvero quando l'indagato ha avuto legale conoscenza della chiusura delle indagini preliminari

L’indennizzo può essere riconosciuto esclusivamente al soggetto che è risultato vittorioso nel processo, anche se di durata irragionevole.

Se la Corte di Appello accoglie la richiesta d’indennizzo, l’avvocato deve velocemente comunicare la decisione al Ministero. La comunicazione al Ministero va fatta entro trenta giorni dal deposito della decisione.La decisione comunicata al Ministero oltre questo termine non ha alcun effetto nei confronti dell’amministrazione. Questo significa che il cittadino non potrà più pretendere dal Ministero il pagamento dell’indennizzo.

Se la Corte di Appello respinge in tutto o in parte la richiesta d’indennizzo, è possibile opporsi a questa decisione. La procedura di opposizione deve essere attivata entro trenta giorni dal momento in cui il cittadino è a conoscenza della decisione. In questo caso, la Corte di Appello decide sull’opposizione entro quattro mesi.

Il giudice liquida a titolo di equa riparazione una somma di denaro, non inferiore a 500 euro e non superiore a 1.500 euro, per ciascun anno, o frazione di anno superiore a sei mesi, che eccede il termine ragionevole di durata del processo.

Con il decreto di cui all'articolo 3, comma 4, ovvero con il provvedimento che definisce il giudizio di opposizione, il giudice, quando la domanda per equa riparazione è dichiarata inammissibile ovvero manifestamente infondata, può condannare il ricorrente al pagamento in favore della cassa delle ammende di una somma di denaro non inferiore ad euro 1.000 e non superiore ad euro10.000.