La sentenza può diventare del tutto inutile per il sopraggiunto superamento della problematica lamentata o, quel che è peggio, a causa di un aggravamento o comunque unevoluzione della stessa. Il lungo trascorrere del tempo potrebbe rendere necessarie soluzioni giuridiche diverse da quelle che ritenute idonee allinizio del processo. Anche per evitare un simile rischio, nel 1950, fu siglata a Roma la "Convenzione Europea per la Salvaguardia dei Diritti dellUomo e delle Libertà Fondamentali" con la quale venne introdotto il principio di ragionevole durata processuale. Il principio della ragionevole durata del processo è stato recepito in Italia anche a livello costituzionale con la legge sul giusto processo in modifica dellart. 111 della Carta. Le due norme, infatti, suonano nel medesimo modo: Art. 6 della Conv. “Ogni persona ha diritto a che la sua causa sia esaminata equamente, pubblicamente ed entro un termine ragionevole da un tribunale indipendente e imparziale, costituito per legge” e art. 111 Cost. "...Ogni processo si svolge nel contraddittorio tra le parti, in condizioni di parità, davanti a giudice terzo e imparziale. La legge ne assicura la ragionevole durata..." Nonostante le prescrizioni siano così dettagliate (a livello europeo e nazionale) lItalia le trasgredisce spesso subendo, per questo, frequentemente dei procedimenti sanzionatori da parte della Comunita Europea. Questo stato di cose ha generato una sensibilità nazionale che ha indotto il legislatore ad introdurre una disciplina che costituisce sia un deterrente contro i ritardi della macchina processuale sia una tutela per il cittadino che ne rimane vittima. Tale normativa (nota come Legge Pinto) è vigente dal 24 marzo 2001 e introduce il diritto ad ottenere un risarcimento per coloro che subiscano danni (patrimoniali e non) a causa della violazione della "Convenzione per la Salvaguardia dei Diritti dellUomo e delle Libertà Fondamentali". Ciò in presenza di tre requisiti: 1. la non ragionevole durata del processo; 2. lesistenza di un danno conseguente; 3. lesistenza di un nesso causa-effetto fra durata del processo e danno cagionato. Per tutte le attività processuali inerenti la richiesta risarcitoria devi sapere che la parte richiedente può essere assistita dal Patrocinio a spese dello Stato: in presenza dei requisiti reddituali e soggettivi puoi chiedere di essere ammesso alla nomina di un avvocato abilitato che verrà pagato integralmente dallo Stato. . La giurisprudenza ritiene oggi adeguato un limite di durata triennale per il procedimento di primo grado, biennale per il giudizio dappello e annuale per quello in Cassazione. Il processo di di primo grado non può, perciò, durare più di 3 anni, quello di appello più di 2 e quello di legittimità avanti la Suprema Corte deve durare al massimo 1 anno. Quando si superano queste soglie temporali il processo è ritenuto di durata irragionevole e la Legge Pinto prevede che lo Stato sia sanzionato. La richiesta risarcitoria può essere presentata anche mentre la causa è ancora pendente, ovvero prima della sentenza. Naturalmente, in tal caso la domanda dindennizzo non potrà essere completa perchè sta ancora decorrendo il periodo di ritardo da risarcire. Per lesatta determinazione del ritardo rispetto alla durata ragionevole si dovrà anche tener conto di altre circostanze processuali come la complessità della causa, la condotta della parti e le scelte del giudice designato.   Le conseguenze delle lungaggini processuali che derivano dal mancato rispetto delle previsioni contenute nella legge Pinto possono essere di varia natura: si parla pertanto di danni patrimoniali o non patrimoniali. La prima tipologia, quella per intenderci dei danni prettamente economici, deve essere oggettivamente riscontrabile e la parte deve essere in grado di fornire la prova della relativa esistenza; inoltre vanno risarcite unicamente le conseguenze immediate e dirette del ritardo processuale. Quanto, invece, ai danni non patrimoniali la giurisprudenza della Suprema Corte a Sezioni Unite ha stabilito che essi non necessitano di prova. Vi è, infatti, la presunzione della loro esistenza con la conseguente inversione dellonere probatorio a carico dellamministrazione convenuta. In parole più semplici, in tema di danno non patrimoniale, la Cassazione ha introdotto una deroga al principio generale di diritto per il quale spetta a chi afferma un fatto di provarne la veridicità e la sussistenza. Con la "Legge Pinto", invece, la presenza di danni non patrimoniali non devessere provata dal ricorrente, si considera già accertata, salvo che lamministrazione dello Stato convenuta provi il contrario. Va evidenziata limportanza di tale risultato giurisprudenziale sottolineando come nel concetto di danno non patrimoniale rientrino  tutte quelle lesioni che non sono suscettibili di valutazione economica e che di per sè risultano più difficoltose da far emergere. 4. A QUANTO PUO AMMONTARE IL RISARCIMENTO? In termini prettamente economici, limporto del risarcimento oscilla tra i 1.000,00, e i 1.500,00 Euro per ogni anno di durata del processo, e ciò va computato a seconda degli interessi e delle situazioni giuridiche compromesse; la durata degli anni della procedura si calcola nel suo complesso e non isolatamente per anno di ritardo. Limporto risarcitorio complessivamente risultante è, peraltro, suscettibile di incremento o diminuzione dellimporto di 2000,00 Euro, a seconda rispettivamente della particolare gravità o della limitata incidenza della lesione subita sugli interessi in gioco, nonchè dellimportanza della materia oggetto della controversia, della condotta della parte ricorrente o al numero dei gradi di giudizio. La determinazione di tali importi è il frutto di valutazioni generali della Corte di Strasburgo in base alle quali è possibile garantire unapplicazione uniforme del trattamento indennitario. Come accennato, per la richiesta dindennizzo valgono le considerazioni svolte per lassistenza gratuita meglio descritte più sotto.   La Suprema Corte con la sentenza n. 4524 del 23.02.2010 ha qualificato come indennitaria la natura del diritto "allequa riparazione" sancito dalla Legge Pinto per effetto della violazione della Convenzione per la salvaguardia dei diritti delluomo e delle libertà fondamentali. La Corte ha, infatti, considerato il ritardo stesso come un evento di per sè lesivo dei diritti della persona, che obbliga ex lege ad unequa riparazione. Diversamente, se si fosse ravvisato nel ritardo un fatto illecito ex art. 2043 cod.civ., sorgerebbe in capo a chi lo contesta lonere di provare la sussistenza dellelemento soggettivo della colpa a carico del soggetto  _ agente. Si è quindi scelto di seguire un percorso a vanatggio del cittadino. Le somme che vengono liquidate a favore del ricorrente, essendo puro ristoro di un danno patito, non hanno natura di incremento della ricchezza e non devono perciò essere assogettate ad imposte. 6. QUANDO SI PUO ATTIVARE IL PROCEDIMENTO PER LEQUA RIPARAZIONE ED ENTRO CHE TERMINI? Come già detto, contrariamente a quanto si può immaginare, non è necessario attendere la fine del processo che ha avuto irragionevole durata. Per poter quantificare il danno risarcibile è, tuttavia, opportuno inoltrare la domanda almeno dopo la definizione del procedimento di primo grado: in tal modo sarà possibile svolgere quantomeno una valutazione complessiva sulla gestione dei tempi e sui risultati di quella procedura, riservando ad un secondo momento ogni scelta inerente leventuale appello e/o ricorso per Cassazione. E fondamentale, però, ricordare che vi è solo un termine di decadenza che può compromettere la proponibilità del Giudizio: la domanda di risarcimento deve essere presentata entro 6 mesi da momento in cui la sentenza che chiude il processo troppo lungo passa in giudicato. Ciò significa che se decorrono più di 6 mesi da tale momento senza aver depositato la domanda non cè più nulla da fare: si è decaduti dalla possibilità chiedere qualsiasi indennizzo perché la domanda viene dichiarata inammissibile. Va precisato che la sentenza passa in giudicato diventando definitiva quando non è più impugnabile per decorrenza (o esaurimento) dei termini di impugnazione. Se la domanda si propone mentre la causa è ancora pendente, ovviamente, non si è ancora in presenza di un provvedimento definitivo passato in giudicato.   A CHI SI PROPONE LA DOMANDA ? Proprio per garantire la terzietà e lindipendenza del Giudice chiamato a decidere sulla domanda di risarcimento, è stato previsto che questi non appartenga al medesimo distretto di Corte dAppello. È perciò stabilita unapposita tabella che serve ad individuare il diverso Giudice competente: questultimo è sempre rappresentato dalla Corte dAppello più vicina sotto il profilo territoriale a quella cui appartiene il Giudice avanti al quale si è svolto il procedimento che è oggetto di contestazione.   La domanda va proposta con ricorso che deve essere sottoscritto da un difensore munito di procura speciale e deve contenere tutte le indicazioni necessarie per rendere conoscibile la domanda, il relativo oggetto, le ragioni fondanti e le parti. La domanda dovrà essere dettagliata e consentire la verifica dei ritardi subiti mediante precisa allegazione dei verbali di udienza. 9. CHI PUO CHIEDERE IL RISARCIMENTO? Il requisito soggettivo per proporre il ricorso ex " Legge Pinto" è essere stati parte del processo. Non vale, perciò, solo per lattore, bensì anche per il convenuto che abbia resistito alla pretese azionate dallavversario chiedendone il rigetto.  È poi indifferente lesito della causa perchè, se vi è stata la sua decisione, si ha diritto al risarcimento sia in caso di vittoria che di soccombenza; sono esclusi però i casi di abuso del processo, come quando risulti che il soccombente ha promosso una lite temeraria (avviata con colpa grave) o abbia artatamente resistito in giudizio al solo fine di promuovere lazione per il risarcimento ex "Legge Pinto". Hanno diritto di proporre la domanda di equa riparazione anche gli eredi della parte processuale. 10. COME SI INDIVIDUANO LE CONTROPARTI DEL PROCESSO PER IL RISARCIMENTO EX LEGGE PINTO? Ai sensi del terzo commo dellart. 3 della " Legge Pinto" il ricorrente attiverà il procedimento nei confronti di quello dei Ministeri nel cui campo dazione opera il Giudice investito del procedimento presupposto per il quale si chiede lindennizzo. Sarà, pertanto, convenuto il Ministero della Giustizia se si tratta di procedimenti del Giudice ordinario, il Ministero della difesa se si tratta di procedimenti del Giudice militare e quello delle finanze quando si tratti di procedimenti tributari; in ogni altro caso il ricorso sarà proposto nei confronti del Presidente del Consiglio dei Ministri. 11. QUALI SONO I DOCUMENTI DA PRODURRE ASSIEME ALLA DOMANDA? E richiesta necessariamente la produzione della sentenza che definisce il giudizio con lattestazione del relativo passaggio in giudicato o quantomeno il certificato di pendenza della lite per il Giudizio civile che sia ancora in corso, o le eventuali notizie di reato ex art 335 c.p.p. se si tratta di procedimento penale pendente. Al di là della documentazione necessaria, è scontata lopportunità di allegazione di quegli atti di causa introduttivi o conclusivi della medesima che consentano di riepilogare la vicenda processuale che ha dato causa al procedimento in questione. Come si è già sottolineato non è possibile non allegare i verbali di udienza onde consentire una specifica valutazione della tempistica processuale e delle ragioni dello sforamento dei termini. avvocatogratis.com 12
 In tal senso allart. 3 comma 5 la stessa " Legge Pinto" consente alle parti di chiedere che la Corte dAppello disponga in tutto o in parte lacquisizione degli atti e documenti utili, e consente, inoltre, alle stesse di chiedere di essere ammesse al deposito di memorie o documenti fino a 5 giorni prima delludienza, o del diverso termine stabilito dal Giudice, e consente anche di chiedere di essere sentite in camera di consiglio con il difensore, se compaiono. 12. QUAL E IL PROCEDIMENTO ? Come accennato, la richiesta di equa riaparazione per la non ragionevole durata del processo si introduce con ricorso, sottoscritto da un avvocato con procura speciale. A seguito del deposito del ricorso introduttivo la Corte dappello provvede in camera di consiglio ex art 737 c.p.c. e ss. e, fissata ludienza, sarà onere della parte ricorrente notificare il ricorso e il decreto allAmministrazione convenuta presso lAvvocatura di Stato. Normalmente il processo avanti alla Corte dappello si risolve in ununica udienza: la decisione sul risarcimento devessere adottata entro il termine di quattro mesi fissato dalla Legge Pinto per lo svolgimento dellintero procedimento di equa riparazione. Va, però, detto che il rispetto di tale temine dipende dal carico di lavoro delle Corti e che, ad oggi, in linea di massima possono trascorrere complessivamente oltre due anni prima di ricevere il pagamento a seguito dellottenuta condanna dello Stato a risarcire il ritardo processuale. La Corte di Appello decide con decreto che è ricorribile per Cassazione. La decisione positiva della Corte è comunicata a cura della cancelleria alle parti ed al Procuratore Generale della Corte dei Conti. 13. MA LA CONDANNA DELLO STATO A RISARCIRE QUANDO PUO ESSERE USATA ? La garanzia per il cittadino, leso dallirragionevole durata del processo, di ottenere il ristoro del danno subito è prevista dallart. 3 comma 6 della "Legge Pinto", e il decreto di condanna emesso nei confronti dello  Stato è immediatamente esecutivo. Limmediata esecutività autorizza a dar corso alla procedura di esecuzione forzata nei confronti dello Stato qualora questi non provveda spontaneamente ad ottemperare alla condanna inflittagli dalla Corte dAppello. Lunico limite allerogazione degli indennizzi è rappresentato dalle risorse disponibili che, fortunatamente non sono ancora agli sgoccioli. 14. COSA SUCCEDE DALLALTRA PARTE? I dipendenti pubblici responsabili del ritardo potranno vedersi attivare unazione di responsabilità a cura del Procuratore Generale presso la Corte dei Conti che, come detto, è pari destinatario della comunicazione della sentenza di accoglimento del ricorso. Inoltre, potrà essere attivata, sempre nei confronti dei dipendenti pubblici responsabili, anche unazione disciplinare da parte dei superiori gerarchici, cui parimenti è comunicato il decreto di accoglimento del ricorso. 15. QUALI SONO I COSTI DELLA DOMANDA DI RISARCIMENTO? La procedura è esente dal pagamento del contributo unificato per espressa previsione di legge; le uniche spese da considerare sono quelle per lattività del difensore, a volte non preventivabili. Con le recenti riforme della professione forense è possibile anche pattuire con il legale il cosiddetto patto di quota lite con il quale il legale si limita a dividere percentualmente con la parte il solo risultato raggiunto e quindi il trattamento indennitario ottenuto. In tale ipotesi, in caso di mancato indennizzo, il legale potrebbe addirittura non essere affatto pagato. In alternativa è poi possibile pattuire con il legale un pagamento forfetario per lattività svolta, e ciò anche tenedo conto che, di prassi, alla vittoria nella richiesta dindennizzo si accompagna anche la condanna dello Stato a pagare le spese legali della procedura ex "Legge Pinto". Tale somma è solitamente liquidata al minimo, ma può essere computata nella quantificazione forfettaria del compenso del legale.  E SE NON HAI IL REDDITO PER PAGARTI UN AVVOCATO? Ove si rientri nei limiti reddituali previsti per lammissione al gratuito patrocinio, e ci si avvalga di tale istituto, lavvocato che assiste la parte per la procedura ex "Legge Pinto" sarà pagato direttamente dallo Stato senza alcun onere a carico del ricorrente. La legge sul gratuito patrocinio, infatti, garantisce lesercizio del diritto di difesa ai meno abbienti mettendo loro a disposizione degli avvocati abilitati, iscritti in apposite liste, pagati dallo Stato. Per essere ammessi al Patrocinio gratuito a spese dello Stato, è necessario che Tu sia titolare di un reddito annuo imponibile, risultante dall’ultima dichiarazione, non superiore a euro 10.628,16 (importo periodicamente rivalutato dal Ministero e qui calcolato alla data del 10.05.2010). La domanda di ammissione al beneficio, da Te sottoscritta, va presentata in carta semplice e deve indicare: 1. la richiesta di ammissione al gratuito patrocinio ; 2. le generalità anagrafiche e codice fiscale Tue e dei componenti il Tuo nucleo familiare; 3. l’attestazione dei redditi percepiti l’anno precedente alla domanda (autocertificazione); 4. l’impegno a comunicare le eventuali variazioni di reddito rilevanti ai fini dell’ammissione al beneficio.