Al crescente sviluppo del turismo quale fenomeno di massa e al conseguente espandersi del livello e dell’importanza dei contratti di viaggio, si contrappone il problema degli imprevisti per negligenza o male informazione da parte dei tour operator  che si verificano durante la vacanza. Può, così, sorgere il problema di dover risarcire il danno c.d. “da vacanza rovinata” perché il disservizio, il disagio o semplicemente l’inadempienza del tour operator non hanno consentito di godere della vacanza come un’occasione di svago e relax.

Con la locuzione di danno da vacanza rovinata si intende generalmente il pregiudizio conseguente alla lesione dell’interesse del turista di godere pienamente del viaggio organizzato come occasione di piacere, di svago o di riposo, senza essere costretto a soffrire quel disagio psicofisico che talora si accompagna alla mancata realizzazione, in tutto o in parte, del programma previsto, avuto riguardo alla particolare importanza che normalmente si attribuisce alla fruizione di un periodo di vacanza adeguato alle proprie aspettative.

La risarcibilità del danno da vacanza rovinata è tutela riconosciuta già da tempo in molti ordinamenti stranieri, come per esempio negli Stati Uniti dove al viaggiatore è previsto il risarcimento del danno per emotional distress causato da imprevisti sgradevoli che possono rovinare un periodo di vacanza e riposo; anche in ordinamenti europei tale tutela è riconosciuta da diversi anni, basti pensare all’ordinamento tedesco che riconosce dal 1979 il diritto al turista di ottenere il risarcimento da vacanza rovinata.

Nell’ordinamento italiano, solo con il nuovo codice del turismo, entrato in vigore lo scorso 21 giugno con il D.Lgs. 23 maggio 2011, n. 79, si trova finalmente riconoscimento al danno da vacanza rovinata. L’art. 47 del codice del turismo recita che “nel caso in cui l’inadempimento o inesatta esecuzione delle prestazioni che formano oggetto del pacchetto turistico non sia di scarsa importanza ai sensi dell’articolo 1455 del codice civile,il turista può chiedere, oltre ed indipendentemente dalla risoluzione del contratto,un risarcimento del danno correlato al tempo di vacanza inutilmente trascorso ed all’irripetibilità dell’occasione perduta “

Infatti, sebbene la strada verso il risarcimento del danno morale da vacanza rovinata sia stata aperta dalla nota sentenza della Corte di Giustizia CE 12 marzo 2002 n. C-168/00, la creazione legislativa di tale figura di danno era già avvenuta ad opera della legge 27 dicembre 1977 n. 1084, di esecuzione della Convenzione di Bruxelles del 23 aprile 1970 alla quale fa espresso rinvio l’art.15 del D.lgs. 111/1995, attuativo della Direttiva n. 90/314/CEE concernente i viaggi, le vacanze ed i circuiti “tutto compreso”, le cui disposizioni sono poi confluite nel Codice del ConsumoD.lgs. 206/2005.

Ben presto, la giurisprudenza di merito delle Corti italiane, accogliendo l’orientamento europeo si è avvicinata a tale tipologia di danno qualificandola anch’essa emotional distress, ossia “un pregiudizio morale collegato alla delusione e allo stress causato dalla circostanza di non aver potuto godere appieno dei benefici della vacanza”. Più precisamente,“Il danno consistente nel pregiudizio rappresentato dal disagio e dalla afflizione subiti dal turista-viaggiatore per non aver potuto godere pienamente della vacanza come occasione di svago e di riposo conforme alle proprie aspettative, vedendo così definitivamente compromesse la possibilità di realizzare un progetto teso al miglioramento delle potenzialità psico-fisiche, attraverso l’allentamento delle tensioni nervose connaturate all’intensità della vita moderna, e al miglioramento delle complessive condizioni di vita per la conseguita capacità di reinserirsi nell’abituale contesto sociale, familiare e lavorativo ed affrontare così gli aspetti negativi in maniera meno drammatica e più distesa”.

Sempre più spesso le aspettative del turista viaggiatore restano insoddisfatte a causa di carenti e imprecise informazioni relative la qualità dell’alloggio, dei trasporti o dei servizi che non corrispondono agli standards garantiti e accettati dal turista. Indubbiamente, tali circostanze degradano il viaggio, da occasione di svago e di piacere, a momento di disagio psico-fisico derivante dalla mancata realizzazione, in tutto o in parte, del programma di viaggio previsto. 

Il mancato godimento della vacanza, configurandosi come un danno strettamente legato all’inesatta o mancata esecuzione delle obbligazioni derivanti dal contratto di vendita del pacchetto turistico, dà diritto  al consumatore-turista a chiedere il risarcimento nei confronti del venditore e l’organizzatore del viaggio.

Ovviamente, qualora ai fini dell’esecuzione delle varie prestazioni, l’organizzatore o il venditore si avvalgano del servizio reso da terzi rispondono anche del fatto di costoro, salvo il diritto di rivalersi nei loro confronti.

La giurisprudenza di merito più recente ha ricostruito il danno da vacanza rovinata come danno non patrimoniale da inadempimento contrattuale; in particolare, la risarcibilità del danno da vacanza rovinata, configurato come danno non patrimoniale, si basa sul combinato disposto dell’art. 2059 c.c. e dell’art. 92 comma 2 del Codice del Consumo il quale riconosce al consumatore il diritto al risarcimento di “ogni ulteriore danno dipendente dalla mancata esecuzione del contratto”.

Nonostante il riconoscimento del danno da vacanza rovinata, anche alla luce del nuovo codice de turista, continua a rimanere il problema della quantificazione del danno risarcibile.

Sono due le voci di danno da prendere in considerazione: 1) il pregiudizio economico degli esborsi sostenuti  nel corso della vacanza e in conseguenza di essa e 2) il danno morale dovuto a delusione e stress subiti a causa del disservizio.

1.       Il pregiudizio economico è la voce di danno più facilmente quantificabile e corrisponde al prezzo del viaggio acquistato in caso di mancato godimento della vacanza o in una riduzione del prezzo medesimo nel caso in cui il consumatore non abbia potuto godere pienamente della vacanza, in quanto rovinata da disservizi, contrattempi o altri disguidi.

2.       Più difficile è, invece, quantificare il danno morale subito dal turista, risultando pressoché impossibile fornire una prova certa dello stress o della delusione subiti a causa del mancato godimento di una vacanza. In questi casi, la liquidazione del danno morale subito dal turista deluso dovrà avvenire in maniera equitativa ai sensi dell’art. 1226 c.c.. e dovrà tener conto di tanti fattori, tra i quali l’irripetibilità del viaggio (classico è l’esempio del viaggio di nozze), il valore soggettivo attribuito alla vacanza dal consumatore, lo stress subito a causa dei disservizi o la delusione per la cancellazione improvvisa del viaggio.