Per Giurisprudenza pacifica il rapporto intercorso nella specie fra i malcapitati turisti e la Compagnia armatrice è qualificabile quale contratto di trasporto marittimo, nella pratica denominato di “passaggio”, ed in particolare della specie nota in dottrina quale contratto di “crociera turistica”, nel cui ambito il vettore si obbliga a trasportare il turista in una o più località determinate ed a fornirgli altre prestazioni accessorie a bordo (es. cabina, vitto ecc.).

Non vi è dubbio, pertanto, che tale tipologia di contratto sia regolato dalle norme del Codice della navigazione, ed in particolare dagli artt. 409 e 418 dello stesso codice, e non invece dalle norme di diritto civile, (in particolare le norme del codice civile in materia di trasporto), le quali, a norma dell’art. 1 del Codice della navigazione, si applicano in materia di navigazione marittima solo quando manchino disposizioni del diritto della navigazione.

Nel vigente ordinamento, infatti, le prospettive di intervento comunitario non si sono concretizzate nella  regolamentazione dei rapporti fra vettori e passeggeri, mentre hanno avuto seguito effettivo nel campo della sicurezza, sia sotto il profilo della security sia sotto quello della safety.

Più specificatamente, l’art. 409 del codice della navigazione prevede che «Il vettore è responsabile per i sinistri che colpiscono la persona del passeggero, dipendenti da fatti verificatisi dall'inizio dell'imbarco sino al compimento dello sbarco, se non prova che l'evento è derivato da causa a lui non imputabile».

Tuttavia tanto con riferimento all’art. 409 c. nav., che all’art. 1681 c. civ., l’applicazione giurisprudenziale si rivela meno favorevole al passeggero di quanto vorrebbe la dottrina prevalente, in quanto segue la distinzione fra danni a causa del trasporto e danni in occasione del trasporto, elaborata sotto l’influsso della disciplina a suo tempo vigente in materia di trasporto ferroviario, che chiamava l’amministrazione a rispondere dei danni subiti dal viaggiatore in occasione di un’anormalità nell’esercizio ferroviario, salvo il caso fortuito o la forza maggiore.

Su tali basi, si fonda l’indirizzo giurisprudenziale che, per i danni in occasione del trasporto, fa gravare sul danneggiato la prova dell’anormalità del trasporto come fatto causativo del danno, consentendo al vettore di esonerarsi allegando di aver adottato le cautele necessarie per assicurare, secondo la normale diligenza, la incolumità del passeggero.

Il codice della navigazione non prevede, comunque, alcuna specifica limitazione risarcitoria di cui il vettore possa avvalersi per i danni alle persone dei passeggeri, una volta accertata la responsabilità.

Tale principio, tuttavia, va coordinato con il concorrente principio della limitazione del debito armatoriale, che può incidere in maniera considerevole sulle effettive possibilità del danneggiato di veder realizzare la propria aspettativa di risarcimento alla stregua del codice della navigazione: secondo l’orientamento prevalente, il diritto potestativo del vettore che sia anche armatore di avvalersi della limitazione del debito armatoriale, di cui all’art. 275 c. nav., è applicabile anche rispetto alle obbligazioni che ricadono sull’armatore in quanto vettore e dunque anche per il risarcimento dei danni ai passeggeri, ai loro bagagli ed ai veicoli che viaggiano al loro seguito.

In particolare, quanto ai danni ai bagagli consegnati, il codice della navigazione prevede, poi, una limitazione risarcitoria in ragione del loro peso (12.000 lire per chilogrammo).

In assenza di una disciplina specifica, la giurisprudenza e la dottrina prevalente tendono, tuttavia, ad escludere per essi l’applicazione della normativa del codice della navigazione sul bagaglio e ad assoggettarli, viceversa, al regime delle merci sull’assunto che ci si troverebbe comunque di fronte ad un trasporto di cose, sia pure collegato al trasporto di persone.

Ne deriva l’applicazione del regime di imputazione dell’art. 422 c. nav. (imputabilità al vettore della colpa propria e della colpa commerciale dei suoi dipendenti e preposti; regime probatorio aggravato per il caricatore, di fronte ai pericoli eccettuati, compresa la colpa nautica dei dipendenti e preposti del vettore).

In merito agli ulteriori danni rilevabili in fattispecie, mette conto evidenziare come il legislatore italiano ha di recente varato alcune norme integrative del codice del turismo con il d. lgs. 23.05.2011, n. 79, pubblicato sulla GU del 06.06.2011 (Codice della normativa statale in tema di ordinamento e mercato del turismo, a norma dell’articolo 14 della legge 28.11.2005, n. 246, nonché attuazione della direttiva 2008/122/CE, relativa ai contratti di multiproprietà, contratti relativi ai prodotti per le vacanze di lungo termine, contratti di rivendita e di scambio).

Con tali norme, per ciò che in questa sede maggiormente rileva, è stato previsto positivamente il diritto ad ottenere il risarcimento dei danni derivanti dall’impossibilità di vivere un periodo di vacanza o per una vacanza «rovinata» da imprevisti, difficoltà e ritardi, così come già individuato da una costante prassi giurisprudenziale.

Varie interpretazioni e classificazioni sono state proposte per tale fattispecie di danno: talvolta si è considerato un danno di origine per così dire «biologica» definito come emotional distresses, stress emotivo, talaltra la perdita della vacanza è stata considerata quale perdita di chance di godere di un periodo di svago e riposo, opportunità che potrebbe non ripresentarsi. Casi estremi, possono individuarsi allorquando, per esempio, il viaggiatore decide di concedersi una vacanza per risolvere un periodo di stress psicologico e uscire da un momento problematico. In tale ipotesi la vacanza, che avrebbe dovuto essere parte del piano terapeutico, diventa motivo d’ulteriore disagio psicologico, e aggrava piuttosto che risolvere il problema. L’impossibilità di dedicarsi ad attività ludiche può, anche, essere causato da traumi o malattie causate da attività ingiuste e perciò fonte di risarcimento.

Mentre alcuni interpreti hanno, poi, ricondotto la fattispecie del danno da «vacanza rovinata» nell’ambito del pregiudizio materiale, di natura essenzialmente biologica, derivante dalla lesione arrecata a un bene (la vacanza, appunto) non suscettibile di immediata valutazione economica, altri l’hanno ricompresa nell’ambito del pregiudizio non patrimoniale, pur riconoscendone la risarcibilità (App. Bologna, 18.02.2004).

Va precisato, altresì, come le normative comunitarie e le norme interne inquadrano il contratto che si stipula tra viaggiatore e tour operator quale vendita del pacchetto turistico. In proposito il Codice del Consumo (l. 26.09.2005, n. 206) intitola l’art. 84 «Forma del contratto di vendita del pacchetto turistico». L’oggetto della vendita è, pertanto, il pacchetto suscettibile di valutazione economica il cui valore corrisponde al prezzo convenuto; così posta la questione è agevole rilevare come il risarcimento che rimanga vincolato al valore del bene oggetto del contratto.

Alla luce di quanto sopra e in base alle norme attualmente vigenti applicabili in subiecta materia, i passeggeri della Concordia possono chiedere il risarcimento di tutti i danni subiti ed in particolare: il rimborso di quanto pagato per il viaggio mai goduto; i danni derivanti dalla perdita dei bagagli (i viaggiatori sono senza bagagli e senza i documenti consegnati all’imbarco); il rimborso delle spese sostenute per il rientro anticipato a casa e per tutte le altre spese vive sostenute a causa del sinistro; il danno derivante dalla morte o dalle lesioni personali subite dai passeggeri; il danno da vacanza rovinata.

Coloro che sarebbero dovuti partire con la nave Costa Concordia allo scalo successivo a quello di Civitavecchia, hanno diritto ad un viaggio alternativo di valore superiore (senza supplemento), uguale o di valore inferiore previo rimborso della differenza, o in via alternativa, possono richiedere il rimborso del viaggio senza pagare alcuna penale. Ma anche i passeggeri che dovevano partire con la Costa Concordia in date successive al 13 gennaio hanno diritto ad essere rimborsati dalla compagnia o a scegliere un’altra tipologia di viaggio (anche di livello superiore) senza costi aggiuntivi.

I tempi per richiedere il risarcimento dei danni subiti di norma è di 10 giorni come previsto dal Codice del Turismo, approvato nel 2011, che integra e ricomprende la normativa del Codice del consumo per quanto concerne i viaggi tutto compreso. La crociera, infatti, rientra nella formula dei viaggi tutto compreso e pertanto è assoggettata a tale normativa specifica di tutela.

Nel caso specifico, data la straordinarietà dell'evento dannoso, coloro che non riusciranno a inoltrare la richiesta di risarcimento nel termine suddetto, potranno comunque esercitare il loro diritto di tutela entro 3 anni per ottenere il risarcimento per danni alla persona, entro un anno per danni alle cose.

La richiesta di risarcimento va fatta a mezzo di lettera raccomandata a/r alla Compagnia navale

Va, altresì, evidenziato che anche in tale fattispecie, come in tutte le ipotesi risarcitorie l’entità del danno, in particolare quella alle persona e alle cose, va provata. Oltre a conservare il contratto di viaggio, andrà esibita tutta la documentazione possibile relativa alle eventuali lesioni subite (certificati medici) e ai beni persi o danneggiati (scontrini fiscali, fotografie, testimonianze).