Ai sensi e per gli effetti di cui all'art. 2050 c.c., il gestore della linea elettrica, in quanto esercente attività pericolosa, è responsabile del danno cagionato ad altri nello svolgimento dell'attività, se non prova di avere adottato tutte le misure idonee ad evitare il danno.
La giurisprudenza della Suprema Corte ha avuto modo di precisare che la disciplina della responsabilità per l'esercizio di attività pericolose, dettata dall'art. 2050 c.c., è applicabile anche in ipotesi di attività di carattere squisitamente tecnico, consistente nella produzione e fornitura di energia elettrica (C. Cass. Civ. n. 537/82, e C. Cass. Civ. n. 3935/95). La responsabilità, ex art. 2050 c.c., si configura come responsabilità oggettiva che prescinde dall'accertamento della colpa dell'autore del danno, fondandosi su una presunzione.
Di conseguenza l'onere della prova dell'esenzione da responsabilità è a carico dell'esercente l'attività pericolosa. Questi può vincere tale presunzione solamente provando di avere adottato tutte le misure idonee ad evitare il danno. Nella scelta di tali misure egli è vincolato all'osservanza di tutte le prescrizioni previste da norme legislative o regolamentari per l'esercizio dell'attività, potendo disporre di un certo margine di discrezionalità, da esercitare facendo uso della normale prudenza e tenuto conto dello sviluppo della tecnica e delle condizioni pratiche in cui si svolge l'attività, solo laddove non vi siano tali obblighi normativi (C. Cass. civ. n. 3022/01).
Tuttavia perché rilevi la responsabilità è necessaria, per il danneggiato, la prova del nesso eziologico tra l'esercizio dell'attività e l'evento dannoso, non potendo il danneggiante essere ritenuto responsabile per un evento fortuito a lui non riconducibile. Così, “ affinché rilevi il nesso di causalità tra un antecedente e l'evento lesivo deve ricorrere la duplice condizione che si tratti di un antecedente necessario dell'evento, (nel senso che questo rientri tra le conseguenze normali ed ordinarie del fatto), e che l'antecedente medesimo non sia poi neutralizzato, sul piano eziologico, dalla sopravvenienza di un fatto di per sé idoneo a determinare l'evento ” (C. Cass. civ. n. 5839/07, n. 8457/04 e n. 2312/03).
Non costituisce così danno risarcibile quello subito da un uomo arrampicatosi sul palo dell'alta tensione con un comportamento sconsiderato, acrobatico e deliberato, in un intento ludico, in compagnia di alcuni amici. L'esonero di responsabilità dell'ente erogatore, in tal caso, è stato sancito in quanto il comportamento dell'attore non era in alcun modo prevedibile, nonostante le dovute cautele predisposte dall'ente erogatore (C. Cass. civ. n. 8457/04).
La causa sopravvenuta idonea, da sola, a determinare l'evento, recide il nesso eziologico tra l'attività pericolosa e l'evento.
I requisiti di eccezionalità ed imprevedibilità del caso fortuito, necessari per l'esonero di responsabilità, vengono, infatti, applicati ad ogni ipotesi di responsabilità oggettiva.
Sulla responsabilità dell'ente erogatore, ex art. 2050 c.c., in relazione agli sbalzi di tensione, la Corte di Cassazione (C. Cass. Civ., sez. III, del 15 maggio 2007 n. 11193) ha stabilito che “ la società erogatrice di energia elettrica deve risarcire il cliente per i danni causati agli elettrodomestici di casa da uno sbalzo di corrente. La società erogatrice svolge un'attività pericolosa ai sensi dell'art. 2050 c.c. e, dunque, va ritenuta responsabile e tenuta al risarcimento, non essendo possibile applicare l'esimente del caso fortuito.” Ai sensi degli artt. 1 e 2, L. n. 186 del 1968, tutti gli impianti elettrici, per essere realizzati a regola d'arte, devono essere costruiti secondo le norme del CEI (comitato elettrico italiano). Dello stesso tenore è l'art. 81 del D.Lgs. n. 81/08. Tali generiche norme di salvaguardia impongono l'adozione di dispositivi di protezione idonei ad impedire il permanere di sovracorrenti dannose, anche nell'ipotesi in cui alcune cautele non fossero espressamente previste da specifiche norme C.E.I. (C. Cass. Civ. n. 389/97). Gli eventi dannosi, dovuti ad un aumento della tensione elettrica, al di fuori dei fenomeni di sovratensione causati da scariche elettriche atmosferiche, comportano la responsabilità dell'ente erogatore, se questi non dimostra di aver adottato tutte le misure tecniche preventive, idonee ad evitare il danno. A tal fine le linee della tensione elettrica non devono soltanto essere oggetto di regolare manutenzione, ma risultare altresì, in concreto, protette da meccanismi idonei ed adeguati al caso concreto che garantiscano l'assenza di sovratensioni (Tribunale civile di Verona 03.03.2011 n. 987/11).
La consulenza tecnica d'ufficio (CTU) disposta per accertare eventuali responsabilità dell'ente erogatore costituisce un importante ausilio tecnico per il giudicante al fine di accertare le relative responsabilità. Infatti, “in tema di consulenza tecnica d'ufficio, il giudice può affidare al consulente non solo l'incarico di valutare i fatti accertati o dati per esistenti (consulente deducente), ma anche quello di accertare i fatti stessi (consulente percipiente), ed in tal caso, in cui la consulenza costituisce essa stessa fonte oggettiva di prova, è necessario e sufficiente che la parte deduca il fatto che pone a fondamento del suo diritto e che il giudice ritenga che l'accertamento richieda specifiche cognizione tecniche (C. Cass. Civ. n. 3990/06, in senso conforme C. Cass. Civ. n. 6155/09).
La giurisprudenza non esclude che la CTU possa assumere la funzione di fonte oggettiva di prova, quando comporti la rilevazione e descrizione di fatti, non percepibili per la loro intrinseca natura, se non con le cognizioni o le strumentazioni tecniche che il Giudice non possiede. Tuttavia, non essendo la consulenza tecnica un mezzo istruttorio in senso proprio, saranno necessarie, da parte di colui che agisce in giudizio per il risarcimento del danno, quantomeno delle allegazioni in ordine ai fatti da provare.