La giurisprudenza e la dottrina degli ultimi decenni hanno fornito numerosi contributi interpretativi in materia di responsabilità civile e di risarcimento del danno. L'esegesi si è rivolta soprattutto all'identificazione del danno non patrimoniale risarcibile. 
Si deve proprio a tali interventi esegetici il sorgere dell'autonoma categoria giuridica del danno biologico, quale danno all'integrità psico-fisica della persona umana, danno che prescinde da valutazioni di ordine patrimoniale, legate al reddito di chi ne è vittima.
La Corte costituzionale, infatti, con sentenza del 14 luglio 1986, n. 184, ha considerato il danno biologico come danno risarcibile ex art. 2043 cod. civ. A dire il vero, tale norma si riferisce al solo danno patrimoniale, in quanto il risarcimento civilistico è stato tradizionalmente inteso come risarcimento economico. A ciò si aggiunge che l'art. 2043 cod. civ., in ambito di responsabilità extracontrattuale, va affiancato necessariamente all'art. 2059 cod. civ., dedicato precipuamente invece al risarcimento del danno non patrimoniale.
Tale ultima norma menzionata è l'unica che riguarda specificamente i danni che non possono essere direttamente quantificati a livello economico.

L'art. 2059 cod. civ. così recita:  Il danno non patrimoniale deve essere risarcito solo nei casi determinati dalla legge
E la legge, al tempo dell'emanazione del nostro codice civile (1942) riteneva risarcibili i soli danni non patrimoniali conseguenti alla commissione di un fatto di reato (secondo quanto stabilito dall'art. 185 del codice penale - entrato in vigore nel 1931 – quindi dalla legge, come richiesto dal menzionato art. 2059 cod. civ.).

Nonostante il rigore dell'art. 2059 cod. civ., la giurisprudenza e la dottrina hanno avvertito la necessità di risarcire i danni alla salute a prescindere dai loro aspetti patrimoniali, ottenendo l'avallo della Corte costituzionale nel 1986. Prima di allora, in caso, ad esempio, di incidente stradale veniva accordato un cospicuo risarcimento se la vittima era un professionista – in quanto il mancato guadagno, cioè il pregiudizio economico, inteso come lucro cessante conseguente all'illecito, era di notevole valore – mentre veniva accordato un irrisorio risarcimento se la vittima era un disoccupato o un pensionato - in quanto il mancato guadagno connesso all'illecito era di lieve spessore.  Con l'indicata sentenza della Corte costituzionale il nuovo orientamento ha trovato accoglimento definitivo nel nostro ordinamento: a prescindere dal mancato guadagno – ovviamente anch'esso da risarcire – la vittima di un illecito deve essere risarcita per il danno biologico subito, cioè per le lesioni all'integrità psico-fisica subite. Il professionista (che ha pur sempre diritto anche al risarcimento per il mancato guadagno) e il disoccupato (o il pensionato) devono ottenere un medesimo risarcimento del danno biologico connesso a un fatto illecito di cui sono vittime e tale risarcimento deve prescindere dal reddito producibile da tali soggetti.

Stante l'obiettivo rigore dell'art. 2059 cod. civ., la Corte costituzionale, non potendo far rientrare il risarcimento del danno non patrimoniale nel campo applicativo di tale norma, ha ritenuto opportuno ampliare il raggio d'azione dell'art. 2043 cod. civ., norma dedicata al risarcimento del danno patrimoniale e aperta a possibili estensioni – se ben argomentate – da parte dell'interprete. Si può ipotizzare che il ragionamento dei giudici della Consulta sia stato di questo tipo: considerato che in caso di lesione dell'integrità psico-fisica si giunge in ogni caso all'impossibilità di utilizzare come prima le proprie facoltà economiche (se si perde l'uso di una mano non si possono utilizzare a pieno, ad esempio, i diritti di proprietà sulle cose di cui si è titolari), è giusto accordare alla vittima, in caso di illecito civile, un risarcimento che tenga conto di tutte le prerogative perdute, risarcimento che in astratto non è valutabile strettamente in senso patrimoniale ma in concreto si può raccordare, per quanto esposto, all'art. 2043 cod. civ.   Nonostante la Corte costituzionale si sia riferita all'art. 2043 cod. civ., il danno biologico è stato sempre inquadrato all'interno della categoria del danno non patrimoniale, per lo stretto legame con la salute (l'integrità psico-fisica) dell'individuo (si fa spesso riferimento all'art. 32 Cost., che però testualmente si riferisce alla garanzia della tutela della salute degli individui da parte della Repubblica).   Dopo il menzionato intervento della Corte costituzionale, le voci di danno risarcibile in caso di illecito civile sono divenute le seguenti:  1. il danno patrimoniale (perdita economica subita e mancato guadagno);
2. il danno morale soggettivo risarcibile ex art. 2059 cod. civ.(sostanzialmente: il danno non patrimoniale per il patema d'animo da collegare a un fatto di reato, secondo quanto esposto sopra);
3. il danno biologico, cioè all'integrità psico-fisica.

A metà degli anni '90, la dottrina, seguita dalla giurisprudenza di merito, ha considerato risarcibile una nuova categoria di danno non patrimoniale, il c.d. danno esistenziale, inteso come danno alla vita di relazione. Si è ritenuto argomentabile, frequentemente sulla base del collegamento tra l'art. 2043 cod. civ. e le norme della Costituzione, la condanna dell'autore dell'illecito al risarcimento del danno subito dalla vittima impossibilitata, proprio a causa dell'illecito, a compiere delle attività sociali e relazionali.  Ne è derivata una dilagante propensione risarcitoria da parte della giurisprudenza: si è ottenuto un risarcimento di ordine non patrimoniale, ad esempio, per un taglio di capelli mal riuscito, per l'impossibilità di trascorrere le festività con i propri cari, per l'uccisione non dolosa dell'animale domestico, per la vacanza rovinata.  
Si aggiunga che anche il quadro normativo, in materia di danno non patrimoniale, ha subito dei cambiamenti.  Considerato il rigore, sopra indicato, dell'art. 2059 cod. civ., norma che pretende un'espressa previsione legislativa ai fini del risarcimento del danno non patrimoniale, il legislatore, intenzionato a sanzionare severamente alcune tipologie di illecito, ha deciso di formulare nuove ipotesi testuali di risarcibilità di tale tipo di danno.
Così è stato normativamente previsto in modo espresso il risarcimento del danno non patrimoniale (in aggiunta al risarcimento di quello patrimoniale) per il caso di diffamazione a mezzo stampa, per il caso di illecito trattamento dei dati personali, per il caso di irragionevole durata del processo, per il caso di discriminazioni ingiustificate. Insomma, tale tipo di risarcimento, che prima era da considerare eccezionale e da connettere esclusivamente alla commissione di un reato, ha visto ampliare le ipotesi di propria tipizzazione legislativa.
L'indicato ampliamento normativo non giustificava però in assoluto il comportamento della giurisprudenza, che in materia di risarcimento del danno esistenziale rischiava di compromettere le logiche risarcitorie dell'ordinamento civile.  
Così la Corte di cassazione ha deciso di porre alcuni limiti all'attività interpretativa dei giudici.  Con le sentenze c.d. “gemelle” del 31 maggio 2003, nn. 8827 e 8828, la Suprema Corte ha deciso:
a) di ricondurre al campo applicativo dell'art. 2059 cod. civ. ogni risarcimento del danno non patrimoniale, sia per sofferenza e patema d'animo (c.d. danno morale soggettivo), sia per lesione all'integrità psico-fisica (c.d. danno biologico), sia per compromissione della vita relazionale (c.d. danno esistenziale);
b) di considerare risarcibile ex art. 2059 cod. civ., ogni danno non patrimoniale connesso alla lesione di un interesse della persona umana costituzionalmente protetto.

Per quanto esposto al punto b), il citato intervento della Corte di cassazione è stato considerato come un'interpretazione costituzionalmente orientata dell'art. 2059 cod. civ. In realtà, considerato il valore che il legislatore aveva inteso dare a tale norma (i compilatori del codice civile avevano voluto rendere risarcibili i pregiudizi non patrimoniali solo in relazione ai casi per cui la legge espressamente avesse previsto la loro risarcibilità: sostanzialmente la legge aveva inteso riferirsi alle ipotesi di reato), l'interpretazione della Corte di cassazione assume il tenore di una sostanziale abrogazione dell'art. 2059 cod. civ. e dei limiti tradizionalmente connessi a tale norma.

Con decreto legislativo 7 settembre 2005 n. 209 è stato introdotto il Codice per le assicurazioni private, il cui art. 138, in materia di danno biologico, ricomprende entro tale categoria di danno anche quello riguardante specifici aspetti dinamico-relazionali personali(il c.d. danno esistenziale).  In conseguenza di tale intervento legislativo, la giurisprudenza di legittimità ha deciso di evitare le duplicazioni delle voci di danno. In particolare, la Cassazione, Sezioni Unite, 11 novembre 2008 n. 26972 ha statuito che:   1. va ribadito l'orientamento espresso dalle (sopra menzionate) sentenze della Cassazione del 2003, per cui il danno non patrimoniale deve essere risarcito sia quando il risarcimento è espressamente previsto dalla legge, sia quando l'illecito ha vulnerato in modo grave un diritto della persona direttamente tutelato dalla Costituzione;   2. la categoria del danno non patrimoniale è ampia ma omnicomprensiva, non essendo possibile ritagliare al suo interno delle sottocategorie, se non con valenza meramente descrittiva;   3. non può quindi essere liquidato autonomamente un danno identificato sotto la voce di “danno esistenziale”, in quanto il danno alla vita di relazione va ricompreso nell'unica voce di danno non patrimoniale da risarcire;   4. non possono essere risarciti i danni non patrimoniali c.d. “bagatellari”, ossia quelli futili o irrisori, ovvero causati da condotte non gravi.   Quella qui descritta è, in sintesi, l'evoluzione cui è stata sottoposta la categoria del danno non patrimoniale risarcibile in seguito a illecito civile.   Considerati i recentissimi orientamenti della nostra giurisprudenza non è da escludere che la risarcibilità del danno non patrimoniale possa, anche in un futuro prossimo, essere soggetta a ulteriori nuove interpretazioni applicative.

 

 

...a cura dello Studio Legale dell'Avv. Gaetano Edoardo Napoli