I contratti del consumatore trovano disciplina nell'art. 1469 bis cod. civ. nonché nel decreto legislativo n. 206 del 2005 (codice del consumo). Non si versa in una ipotesi di contratto tipico, in una classe specifica contrattuale. Il codice del consumo non è che un raccoglitore di materiale normativo avente come tratto unitivo quelle operazioni commerciali e giuridiche che hanno luogo tra professionisti e consumatori. In dottrina si discetta infatti di carattere personalistico del diritto del consumo.

Il complesso normativo ha di mira primieramente la tutela del consumatore stante la sua posizione di contraente debole. Egli è la persona fisica agente per scopi estranei all'attività imprenditoriale o professionale eventualmente svolta; il professionista, dal canto suo, è a la persona fisica o l'ente collettivo che conclude il contratto nell'esercizio della propria attività professionale o imprenditoriale (art. 3 del codice del consumo).

Agli artt. 33 sgg., il codice del consumo tratta delle clausole vessatorie: clausole che determinano a carico del consumatore un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi discendenti da contratto. Indi, il corpus normativo in discorso si preoccupa di predisporre due liste: una lista grigia, la quale raccoglie quelle clausole che si presumono fino a prova contraria vessatorie, ed una nera, annoverante quelle clausole sempre e comunque vessatorie (c.d. nullità di protezione). Sono in ogni caso vessatorie, senza ammissione di prova contraria, tra le altre, le clausole che limitano la responsabilità del professionista in caso di morte o danno alla persona del consumatore, quelle che limitano le azioni o i diritti del consumatore verso i professionista inadempiente.  La nullità di protezione (di cui all’art. 36 cod. cons.) che affetta la clausola del contratto del consumatore è una nullità parziale giacché lascia impregiudicata la validità della restante parte del contratto, "opera soltanto un vantaggio del consumatore e può essere rilevata d'ufficio dal giudice" (comma 3).

Il cennato regime di favore verso il consumatore opera, dunque, ratione personarum (in ragione, cioè, della circostanza che il contratto sia siglato tra consumatore e professionista),ma vi è un ulteriore profilo normativo di protezione che trova attuazione con riferimento ai cosiddetti contratti per adesione di cui agli artt. 1341 1342 cod.civ. La locuzione giuridica ingloba la fattispecie dei contratti standard e quella delle condizioni generali di contratto. La prima afferisce alla produzione seriale di beni e servizi, rivolti a una massa indistinta di utenti, consumatori e clienti, e offerti mediante contratti di serie le cui clausole non hanno formato oggetto di apposita trattativa tra le parti, essendo state predisposte da una sola parte contrattuale. Le condizioni generali di contratto, invece, costituiscono un articolato di norme predisposte ex uno latere e preordinate a regolare uniformemente tutti rapporti contrattuali insorgenti fra il predisponente e i suoi contraenti. Casi di scuola sono dati dai contratti di fornitura di servizi essenziali come l'acqua o l'elettricità, contratti di conto corrente e di assicurazione o, ancora, contratti (di deposito) per la custodia autoveicoli posti in un garage pubblico. Avendo riguardo ai contratti conclusi mediante moduli o formulari ovvero ai contratti standard o di massa, l’art. 1342 cod. civ. detta: "le clausole aggiunte al modulo o al formulario prevalgono su quelle del modulo del formulario qualora siano incompatibili con esse anche se queste ultime non sono state cancellate”. Circa le condizioni generali di contratto, d'altro canto, l'art. 1341 cod. civ. dispone che esse sono efficaci nei confronti della parte non predisponente "se al momento della conclusione del contratto questi le ha conosciute o avrebbe dovuto conoscerle usando l'ordinaria diligenza". Per ambedue le fattispecie di cui alle due disposizioni appena esaminate vale il principio di inefficacia di una serie di clausole che e possibile nominare "onerose" per sceverarle da quelle vessatorie apprestate dal codice del consumo. Sono tra le altre onerose quelle clausole che stabiliscono a favore di colui che le predisposte limitazioni di responsabilità, facoltà di recedere da contratto o di sospenderne le esecuzione, ovvero sanciscono a carico dell'altro contraente decadenza, limitazioni alla facoltà di proporre eccezioni, restrizioni alla libertà contrattuale con terzi. L'elencazione di cui all'art. 1341, II comma cod. civ., relativa alle clausole nominabili onerose, difformemente da quella contenuta nel codice del consumo (clausole vessatorie),ha carattere di tassatività è trova attuazione altresì con riferimento ai contratti per adesione individuali.

Agli artt. 45 seguenti del codice del consumo sono disciplinati i contratti negoziati fuori dei locali commerciali ed i contratti a distanza. La prima specie contrattuale abbraccia i casi di perfezionamento del contratto al di fuori gli spazi adibiti alla vendita: non è il consumatore a recarsi presso di essi, sibbene gli scambi avvengono presso il domicilio o il luogo di lavoro del consumatore. Si pensi alle cosiddette vendite porta a porta, alle escursioni organizzate dal professionista in pullman dalle quali occasiona la vendita di beni, alla sottoscrizione di una nota d'ordine in un'area pubblica, o, ancora, alla vendita per corrispondenza o sulla base di un catalogo consultato dal consumatore senza la presenza del professionista. Tra i casi di esclusione dall'applicazione della disciplina in discorso, figurano i contratti prevedenti una prestazione a carico del consumatore inferiore a € 26. Circa la seconda specie di contrattuale menzionata (contratti a distanza), si fa luogo alle fattispecie concrete aventi ad oggetto servizi messi a disposizione da un fornitore professionista attraverso tecniche di comunicazione distanza, vale a dire mediante “qualunque mezzo che, senza la presenza fisica e simultanea del professionista del consumatore, possa impiegarsi della conclusione del contratto tra le parti" (art. 50, comma 1 lettera b).

Ambedue i tipi di contrattuali da ultimi discussi vedono il consumatore titolare di un diritto di recesso senza penalità e senza obbligo di specificarne il motivo entro 10 giorni lavorativi dalla stipula del negozio o - in caso di contratti relativi ai beni mobili - dalla consegna del bene al consumatore. Esercitato diritto di recesso il contratto è sciolto e le parti non sono più tenute ad adempiere le reciproche obbligazioni. Detto diritto di recesso (ius poenitendi) è irrinunciabile: ogni pattuizione contraria è affetta da nullità. Il tempestivo esercizio del recesso avviene purché se dia notizia al professionista mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento presso la sede di quest'ultimo. Qualora l'eventuale invio della comunicazione avvenga mediante a mezzo fax o posta elettronica, è necessaria una successiva conferma a mezzo raccomandata entro le 48 ore successive. Di tali modalità di esercizio del diritto di recesso il consumatore deve essere informato dal professionista pena il prolungarsi del termine per il recesso fino a 60 o 90 giorni.

Un ultimo cenno merita la fattispecie del commercio elettronico, avente ad oggetto "qualsiasi servizio prestato normalmente dietro retribuzione, a distanza, per via elettronica e a richiesta individuale di un destinatario di servizi" (art. 1, comma 1, lettera b della legge n. 317 del 1986). Ivi il soggetto che offre servizi è gravato di obblighi informativi circa la sua identità e le sue qualità, la natura dell'offerta e le modalità di conclusione del contratto. Quanto, infine, ai servizi informatici prestati dagli appartenenti alle professioni regolamentate, come gli avvocati, un ulteriore limite apprestato dalla disciplina a carico del professionista concerne la conformità dell'offerta alle regole di deontologia professionale.