A seguito della modifica dell’art. 1117 CC operata dalla riforma del Condominio di cui alla recente L. 220/2012, anche la facciata è ora espressamente qualificata come parte comune dell’edificio, ancorché in precedenza ad essa si applicava la presunzione di condominialità in quanto identificabile con i muri perimetrali dell’edificio.
Ciò rileva ai fini della indicazione dei criteri di riparto delle spese necessarie per la sua manutenzione, pur avvertendosi che, affinché possa operare, ex art. 1117 CC, il c.d. diritto di condominio “è necessario che sussista una relazione di accessorietà fra i beni, gli impianti o i servizi comuni e l’edificio in comunione, nonché un collegamento funzionale tra i primi e l’unità immobiliare di proprietà esclusiva”.
Qualora “per le sue caratteristiche funzionale e strutturali il bene serva al godimento delle parti singole dell’edificio comune, si presume – indipendentemente dal fatto che la cosa sia, o possa essere, utilizzata da tutti i Condomini o soltanto da alcuni di essi – la contitolarità  necessaria di tutti i condomini su di esso”. Tale presunzione “può essere vita da un titolo contrario, la cui esistenza deve essere dedotta e dimostrata dal Condomino che vanti la proprietà esclusiva del bene, potendosi a tal fine utilizzare il titolo – salvo che si tratti di acquisto a titolo originario – solo se da esso si desumono elementi tali da escludere in maniera inequivocabile la comunione”.
Tale principio, di cui occorre tener conto per la soluzione della questione in esame, è abbastanza consolidato nella giurisprudenza di legittimità (v. ex multis Cass. 21/12/2007 n° 27145; Cass. 16/04/2007 n°9093), come altrettanto consolidato è l’altro principio, parimenti da considerare, secondo cui lo status di Condomino, con tutte le relative conseguenze in ordine ai diritti ed obblighi, si acquisisce per il semplice fatto di essere proprietario di una unità immobiliare all’interno del fabbricato condominiale (Cass. 02/04/2015 n° 6780). Ed, inoltre, va ricordato che il Condominio esiste per la sola presenza di un edificio in cui vi sia una separazione della proprietà per piani orizzontali, indipendentemente dalla approvazione di un Regolamento e dalla validità del medesimo (v. Cass. 04/06/2008 n° 14813), costituendosi ex sé et ope iuris, senza che sia necessaria deliberazione alcuna, nel momento in cui più soggetti costruiscano sul suolo comune, ovvero quando l’unico proprietario di una edificio ne ceda a terzi piani o porzioni di piano in proprietà esclusiva, realizzando l’oggettiva condizione del frazionamento che ad esso dà origine (v. Cass. 10/09/2004 n° 18226).
Detto questo occorre esaminare in che cosa consiste la facciata per individuare i corretti criteri applicabili in ordine alla ripartizione delle spese di manutenzione (come anche per il relativo eventuale esonero).
Ebbene, la facciata comunemente viene definita (in dottrina v, ad esempio, Terzago) come l’involucro esterno e visibile dell’edificio, nel quale rientrano indifferentemente ogni lato del fabbricato, sia quello principale sia quelli laterali. Essa è costituita dal muro perimetrale con i suoi accessori di proprietà esclusiva (finestre, balconi, etc.), dall’intonaco e dalla tinta.
Tali caratteristiche rilevano più propriamente in relazione all’aspetto esteriore dell’edificio non anche in ordine alla sua esistenza.
La facciata rappresenta, dunque, l’immagine dell’edificio ed in quanto costituita dalla superficie esterna del fabbricato non va compresa con il muro maestro, che al contrario assolve ad una vera e propria funzione portante del fabbricato, ragion per cui gli interventi sulla facciata debbano tener conto del divieto di alterazione del decoro architettonico, mentre quelli sul muro maestro del divieto di pregiudicare la sicurezza e la stabilità dello stesso.
L’importanza della distinzione fra facciata e muro maestro, rileva anche in ordine alle prescritte maggioranze assembleari necessarie per approvare i relativi lavori di rifacimento e/o manutenzione (sia ordinaria che straordinaria) per i quali, a sensi del combinato disposto degli artt. 1120, 2° co. CC e 1136, 2° co. CC, è prevista, per la validità della deliberazione, la maggioranza degli intervenuti in assemblea ed almeno la metà del valore dell’edificio.
Per quelle innovazioni della facciata che comportano una modifica strutturale e sempreché non siano lesive del decoro architettonico, occorre la maggioranza degli intervenuti ed almeno i 2/3 del valore dello edificio.
È appena il caso di ricordare, a tale ultimo riguardo, che il decoro architettonico riguarda l’estetica fornita dalle linee e dalle strutture ornamentali che costituiscono la nota dominante dell’edificio ed anche di sue singole parti, ma non l’impatto dell’opera nell’ambiente circostante (così Cass. 25/01/2010 n° 1286).
In tale contesto, è stato anche precisato che non occorre che il fabbricato abbia particolare pregio artistico e che, ai fini del decoro architettonico, non rileva l’apposizione di tendaggi e stracci sul terrazzo dell’edificio  comunque rimovibili(v. Cass. 30/01/2012 n° 1326).
Ciò posto, può essere, a questo, introdotto il tema relativo alla ripartizione delle spese di manutenzione e rifacimento della facciata dell’Edificio Condominiale, avvertendosi fin d’ora che il referente normativo, al riguardo, è rappresentato dall’art. 1123 Cod.Civ. secondo cui le spese per la conservazione ed il godimento delle parti comuni dell’Edificio Condominiale, per la prestazione dei servizi nell’interesse comune, per le innovazioni deliberate dalla maggioranza, sono sostenute dai Condomini in misura proporzionale al valore della proprietà di ciascuno, salvo diversa convenzione.
Aggiunge l’art. 1123 CC. 2° comma, che, laddove si tratta di cose destinate a servire i Condomini in misura diversa, le spese sono ripartite in proporzione dell’uso che ciascuno può farne.
Ai fini del riparto delle spese, la norma in esame prevede, dunque, la possibilità di ricorrere, nella soluzione del caso concreto, a due criteri: quello dell’utilizzazione generale e quello dell’utilizzazione separata.
Per quanto riguarda, dunque, la facciata, la nozione fornita ab initio - attraverso cui viene  evocata  la funzione essenziale che essa assolve di delimitazione dell’Edificio Condominiale, senza la  quale esso sarebbe uno scheletro vuoto e privo di qualsiasi utilità (v. Cass. 07/03/1992 n° 2773) -  induce a ritenere che pur dovendosi applicare, riguardo ai criteri di riparto delle spese, quello dell’uso generale di cui all’anzidetto co. 1 dell’art. 1123 CC, non poche problematiche si pongono nel caso in cui il soggetto sia proprietario di una unità immobiliare separata  dal fabbricato condominiale. Come, ad esempio, del garage, posto a servizio dell’appartamento situato all’interno dell’edificio, la cui facciata necessita di lavori di manutenzione, ma dislocato a distanza, ancorchè nel perimetro condominiale, oppure in locali sotterranei.
Ma si potrebbe trattare anche di locali confinanti con il fabbricato condominiale, ma non interessati dai lavori di manutenzione della facciata stessa.
Ebbene, la giurisprudenza ha avuto modo di occuparsi della questione pervenendo a conclusioni non sempre univoche.
Iniziando dai boxes o garage ricavati negli spazi internati di un edificio condominiale, è opinione comune, salvo qualche eccezione, quella secondo cui le spese di rifacimento della facciata, essendo una struttura essenziale del fabbricato condominiale, destinata al servizio ed al godimento indifferenziato da parte di tutti i condomini, vanno ripartite fra tutti i condomini, anche per i proprietari dei locali interrati, in base ai millesimi di proprietà ed ancorché il proprietario degli stessi non sia anche proprietario di appartamenti nello stabile condominiale in cui si trovano i boxes. A maggior ragione, le suddette spese vanno ripartite fra i proprietari dei cosiddetti locali terrani, quali botteghe o negozi al piano terreno (v. Tribunale di Palermo 01/02/2011 n° 401 in Giurisprudenza  Mass. Il Sole 24 ore 2011), nonché fra i proprietari delle sopraelevazioni che rappresentano, in un certo senso, la prosecuzione verticale dell’edificio.
A conclusioni diverse, invece, deve pervenirsi allorché il posto auto, ma anche l’unità abitativa, sia posta all’interno di una struttura separata dall’edificio condominiale ove sono effettuati i lavori di rifacimento della facciata. Il caso è stato trattato in una risalente decisione della Corte Regolatrice (Cass. 02/02/1995 n° 1255, ma vedasi anche Cass. 13/07/1993 n° 6359) la quale applicando i suddetti principi dell’ “uso separato” ha negato che i proprietari dei boxes - contenuti in un immobile che, benché posto all’interno del perimetro condominiale delimitato da un muro di cinta, era separato dall’edificio con le unità abitative - dovessero concorrere alle spese di manutenzione di questo edificio. 
Il criterio di ripartizione proporzionale delle spese di rifacimento della facciata dell’edificio condominiale subisce delle deroghe nel caso in cui detti lavori assolvono ad una duplice funzione; l’una di protezione delle abitazioni attraverso, ad esempio, l’istallazione di pannellatura coibentante, l’altra di abbellimento della facciata. In tale ipotesi, la Cassazione (v. decisione 23/12/1992 n° 13655) ha ritenuto che debba essere distinta la quota attinente l’aspetto esteriore, da ripartire tra tutti i condomini, da quella attinente la coibentazione, da ripartire tra i condomini che ne traggono utilità.
Stesso criterio è da adottarsi per i lavori di rifacimento dei balconi che, seppur inseriti nella facciata, non costituiscono parti comuni dell’Edificio ma pertinenze della proprietà esclusiva dell’appartamento attraverso cui vi si accede. Ragion per cui le spese vanno ripartire tra le proprietà esclusive ad eccezione di quelle relative agli elementi decorativi (es. rivestimenti) da farsi  carico del Condominio sulla base millesimale (Cass. 28/11/1992 n° 12792), qualora l’intervento sia destinato all’abbellimento della facciata stessa nel suo insieme e non del singolo balcone.
In questo senso, vedasi le più recenti Cass. 26/01/2000 n° 855 e, da ultimo, Tribunale di Pescara 17/05/2016 n° 887 e Tribunale di Roma 08/01/2016 n° 202  (in Giurisprudenza  Mass. Il Sole 24 ore 2016) le quali, conformemente all’orientamento giurisprudenziale ricordato, hanno affermato rispettivamente quanto segue.
Tribunale di Pescara:In ambito condominiale, i balconi aggettanti, costituendo un prolungamento della corrispondente unità immobiliare, appartengono in via esclusiva al proprietario di questa, dovendosi considerare beni comuni a tutti soltanto i rivestimenti e gli elementi decorativi della parte frontale e di quella inferiore, quando si inseriscono nel prospetto dell’edificio, contribuendo a renderlo esteticamente gradevole. Ciò perché si vuole tutelare il bene unico facciata/prospetto da alterazioni che ne deturpino la complessiva armonia architettonica, ma questo non vuol dire che il singolo parapetto di balcone aggettante sia di proprietà condominiale. Nella fattispecie si evidenziava come su tutte le facciate ed in particolare su quelle principali vi era un normale parapetto privo di qualsiasi elemento decorativo o comunque pregio estetico tale da caratterizzare l’opera nel suo complesso. Di talché, le spese relative alla manutenzione straordinaria, come affermato correttamente dall’attrice, dovevano essere poste ad intero carico di ciascun condomino proprietario del relativo appartamento”.
Tribunale di Roma: I balconi aggettanti, anche se inseriti strutturalmente nella facciata dell’edificio condominiale, non rientrano, in generale, tra i beni comuni non assolvendo ad alcuna funzione di ausilio e/o supporto e servizio alle singole proprietà individuali delle quali rappresentano, in ordine alla sola unità immobiliare cui accedono, ulteriore proiezione esterna. Qualora, tuttavia, essi presentino, o nel parapetto o nella parte sottostante la soletta di calpestio, elementi che, sotto il profilo estetico ed architettonico, caratterizzano la facciata su cui insistono, possono assumere la natura di bene comune, con conseguente obbligo in capo a tutti i condomini di contribuire alla relativa attività manutentiva. In tale ipotesi, l’eventuale dovere partecipativo comune deve limitarsi ai costi necessari per la salvaguardia degli elementi che contribuiscono ad arredare o qualificare, sotto il profilo estetico od architettonico, l’edificio. Ne deriva che, laddove non sussista tale funzione decorativa, le spese di manutenzione spettano solo ai singoli condomini proprietari esclusivi dei relativi balconi. Nella fattispecie il condominio convenuto non aveva provato affatto una siffatta funzione per i frontalini interessati dagli interventi manutentivi oggetto di causa; di talché, dovendosi escludere la natura condominiale della spesa volta alla loro conservazione, la delibera impugnata doveva essere annullata”.
Ottobre 2016 -Avv. Antonio Arseni