La complessa vicenda è affrontata dalla Corte di Appello di Ancona n. 146 del 8 febbraio 2022
La fattispecie vede coinvolti la condomina titolare dell'appartamento danneggiato, il condominio, l'impresa che ha eseguito interventi di appalto e il direttore dei lavori.
La precedente proprietaria del magazzino seminterrato parte dell'edificio condominiale conferisce appalto dell'opera ad altra impresa, nominando il direttore lavori, per provvedere al cambio di destinazione d' uso dell'immobile per poi venderlo all'attuale condomina danneggiata come unità ad uso abitativo.
Appena qualche mese dopo l'ingresso della nuova proprietaria nell'abitazione, accade che, essendo le fondazioni del muro perimetrale, sul lato del piazzale - ingresso principale, su piano di appoggio più alto rispetto al pavimento interno, le acque di origine meteorica, dopo avere attraversato verticalmente e agevolmente il drenaggio (realizzato questo sì dal condominio nel 2003) non hanno trovato ostacolo a invadere l'interno dell'appartamento dell'attrice producendo allagamenti e danni oggetto della vertenza.
Acquisiti i documenti e disposta c.t.u., il Tribunale di Ancona ritiene esservi concorso di cause tra l'imperfetto drenaggio effettuato dal condominio nel 2003 e la complessa ed irregolare trasformazione da uso magazzino ad uso abitativo posta in essere dalla precedente proprietaria, che aveva interessato la sicurezza statica dell'edificio, trasformazione eseguita sotto la direzione lavori.


Ravvisata la fattispecie legale di cui all'art. 1669 c.c. ha condannato in solido il condominio, la precedente condomina e il direttore lavori, al risarcimento dei danni subiti dall'attuale proprietaria, dichiarando, nel rapporto interno, la responsabilità al 50%, tra condominio, da un lato, e immobiliare e direttore lavori come unico centro di interessi dall'altro.
Ha inoltre condannato in solido gli stessi soggetti alla refusione delle spese legali in favore dell'attrice.
Si giunge in sede di appello promosso dal condominio.
Il condominio contesta la responsabilità solidale con la precedente condomina e il direttore lavori, asserendo che il primo giudice abbia fatto erronea lettura della c.t.u., a fronte della grave modifica posta in essere dalla ex proprietaria - venditrice del bene nell'adeguamento dell'immobile da magazzino ad uso abitativo, con abbassamento della quota del pavimento di 50 cm. e interessamento degli elementi strutturali, sotto la direzione lavori dell'altro convenuto, modifica tale da innescare, come causa esclusiva dei danni, o comunque prevalente, un moto di filtrazione dell'acqua di raccolta attraverso l'impianto condominiale di drenaggio verso l'interno dell'unità abitativa in esame, laddove tale impianto realizzato dal condominio nel 2003 poteva avere di per sé concorso alla produzione del fenomeno in misura del tutto marginale, e non nella misura del 50% considerata dal Tribunale.
Tanto premesso sui gravi difetti dell'opera, il condominio insiste nella domanda di risarcimento danni alle parti comuni svolta ex art. 2043 c.c. nei confronti dei convenuti (immobiliare e direttore lavori), respinta dal Tribunale senza motivazione, se non per il ritenuto concorso di colpa, mancando ogni comparazione sul quantum dei danni imputabili agli uni e agli altri.
Evidenzia che nel 2005, venuti a conoscenza del tipo dei lavori in corso, aveva immediatamente introdotto ricorso d'urgenza ex art. 700 c.p.c. denunciando l'esecuzione di scavi in profondità, al livello della fondazione, tali da interferire con la statica dell'edificio, in modo pregiudizievole per la sicurezza.
In quel giudizio cautelare i resistenti sottoscrivevano verbale di transazione, con il quale la ex condomina e professionista si impegnavano ad una chiara rappresentazione delle opere realizzate e/o da integrare mediante cordoli di placcaggio e solette di contrasto e alla presentazione di un progetto strutturale all'ex Genio civile (ora Servizio decentrato opere pubbliche) corredato da perizia geologica.
Tale accordo, che comportò la definizione bonaria del procedimento cautelare, fu disatteso dalle controparti non essendo mai stata predisposta alcuna relazione sui lavori in corso, né mai presentato alcun progetto strutturale, né una relazione geologica, condotta grave per il disinteresse manifestato dai convenuti, sia rispetto agli oneri assunti verso il condominio, sia rispetto alle incombenze cui erano tenuti verso gli organi deputati al controllo richiesto, nonostante le criticità rilevate fossero state tempestivamente contestate.
Concludono chiedendo in riforma che la responsabilità sia posta esclusivamente a carico della ex condomina e del direttore lavori e per l'accoglimento della propria domanda di risarcimento danni cagionati alle parti comuni.
La precedente condomina censura il riferimento alla fattispecie normativa di cui all'art. 1669 c.c. in quanto non si tratterebbe di vizi afferenti alla costruzione originaria di un edificio, ma di un intervento edilizio volto ad un risanamento conservativo, al più modificativo di preesistente unità immobiliare.
La condomina proprietaria dell'alloggio danneggiato chiede il risarcimento del danno esistenziale e il rimborso delle spese sostenute.
Il giudice di appello prende in considerazione tutte le singole doglianze delle parti.


Il caso di specie viene qualificato nell'ambito della tutela di cui all'art. 1669 c.c., trattandosi di opera incidente sulle fondazioni dell'edificio e idonea a produrre effetti di lunga durata, di cui vengono prospettati vizi tali da pregiudicare in modo grave la funzionalità e abitabilità dell'immobile sottoposto a modifica.
Considerata l'ampia formulazione della norma ex art. 1669 c.c., essa è estesa ai terzi nell'ambito di una responsabilità extracontrattuale verso il committente e suoi aventi causa.
Come affermato dalla Suprema Corte a Sezioni Unite (n. 7756/2017), in tema di contratto d'appalto, l'art. 1669 c.c. è applicabile, ricorrendone tutte le altre condizioni, anche alle opere di ristrutturazione edilizia e, in genere, agli interventi manutentivi o modificativi di lunga durata su immobili preesistenti che (rovinino o) presentino (evidente pericolo di rovina o) gravi difetti incidenti sul godimento e sulla normale utilizzazione del bene, secondo la destinazione propria di quest'ultimo.
Sono gravi difetti dell'opera, rilevanti ai fini dell'art. 1669 c.c., anche quelli che riguardino elementi secondari ed accessori (come impermeabilizzazioni, rivestimenti, infissi, etc.), purché tali da comprometterne la funzionalità globale e la normale utilizzazione del bene, secondo la destinazione propria di quest'ultimo.
L'etimologia del termine costruzione non necessariamente deve essere ricondotta alla realizzazione iniziale del fabbricato, ma ben può riferirsi alle opere successive realizzate sull'edificio preesistente, che abbiano i requisiti dell'intervento costruttivo.
Pertanto, anche gli autori di tali interventi di modificazione o riparazione possono rispondere ai sensi dell'art. 1669 c.c., allorché le opere realizzate abbiano una incidenza sensibile sugli elementi essenziali delle strutture dell'edificio, ovvero su elementi secondari od accessori, tali da compromettere la funzionalità globale dell'immobile stesso (Cass. SS. UU. n. 7756/2017).
Conseguentemente, i termini di decadenza di 1 anno dalla scoperta per la denuncia, e di un anno dalla denuncia, per evitare prescrizione dell'azione, devono intendersi nella specie rispettati, tenendo conto non della data in cui si sono manifestate le infiltrazioni e/o allagamenti, ma della data in cui la danneggiata ha avuto cognizione chiara delle responsabilità, con riferimento sia al titolo normativo più adeguato, sia ai soggetti coinvolti.
Ai fini che qui interessano rileva anche l'esito dell'Accertamento Tecnico Preventivo, indubbiamente utile alla danneggiata per acquisire dati tecnici sulle origini delle infiltrazioni, anche nei confronti del direttore lavori.


L'ex proprietaria accusa il condominio per l'opera di drenaggio non correttamente eseguita nel 2003, destinata in progetto a impermeabilizzazione del muro perimetrale. Negli stessi termini il direttore lavori, il quale contesta violazioni di regole in materia di tecnica delle costruzioni.
La Corte di appello rileva che, all'esito degli accertamenti svolti dal ctu sulle cause delle infiltrazioni/allagamenti, escluse perdite della fognatura interrata e la presenza di falda sotterranea, e assodato che si trattava di affioramenti di acque chiare, emerge che il condominio aveva sì realizzato un intervento di manutenzione straordinaria nel 2003, per la creazione di un sistema di drenaggio a monte della parete controterra della cantina seminterrata, a presidio da fenomeni di infiltrazione di umidità, non del tutto conforme alle buone regole della tecnica costruttiva, in quanto il drenaggio rimaneva a quota superiore al piano di appoggio della fondazione del muro da impermeabilizzare e al piano di calpestìo interno; ed inoltre era privo di un tubo di deflusso delle acque e di raccordo al collettore della pubblica fognatura.
Tali carenze costruttive rendevano il drenaggio imperfetto, in relazione al fine di limitare infiltrazioni e risalite di umidità.
Il ctu ha precisato che, pur non potendosi considerare conforme alle buone regole della tecnica edilizia, il drenaggio realizzato poteva avere svolto adeguatamente la sua funzione, fino all'intervento della precedente condomina, non risultando esservi state infiltrazioni nell'ex magazzino prima dei lavori per cui è causa, come dà atto lo stesso consulente di parte.
Per contro, quanto ai lavori connessi al cambio di destinazione d'uso da magazzino a civile abitazione, per adeguare il locale ai normali parametri di altezza e luminosità ad uso abitativo, risulta l'abbassamento della quota del pavimento di circa 50 centimetri, con la conseguenza che le acque meteoriche e di ruscellamento pervenute nella cantina dell'appartamento, da questa hanno raggiunto estese porzioni di pavimento, sino ai locali a quota sottostante.
Si riscontravano altri difetti di costruzione dell'intervento, come documentato in ctu, correi dei danni subiti.
La conclusione tecnica è che per effetto dell'abbassamento del piano di calpestio, l'originario dreno non risulta più attualmente in grado di svolgere efficacemente il compito per il quale è stato realizzato, venendo anzi a costituire per le murature fonte di umidità.
All'analisi dei dati emerge la incidenza causale, rispetto agli allagamenti verificatisi ai danni dell'appartamento, dei lavori di trasformazione per abbassamento del piano di calpestio, senza le necessarie opere di consolidamento della statica e di aerazione mediante formazione di un vespaio con elementi plastici e soletta superiore piuttosto che del drenaggio eseguito dal Condominio.
Si sarebbe potuto intervenire dall'interno del seminterrato con un'opera di consolidamento e impermeabilizzazione delle fondazioni esistenti. Sarebbe stata necessaria e sufficiente una modesta spesa per rimediare ai presumibili danni nelle condizioni ex ante , a fronte dell'imponente rifacimento strutturale a partire dalle sottofondazioni reso per contro necessario a seguito delle modifiche attuate con l'abbassamento del piano di calpestio di 50 cm., nelle modalità descritte.
In materia di rapporto di causalità nella responsabilità extracontrattuale, in base ai principi di cui agli artt. 40 e 41 c.p., qualora la condotta abbia concorso, insieme a circostanze naturali, alla produzione dell'evento, e ne costituisca un antecedente causale, l'agente deve rispondere per l'intero danno, che altrimenti non si sarebbe verificato.
Non sussiste alcuna responsabilità dell'agente per quei danni che non dipendano dalla sua condotta, che non ne costituisce un antecedente causale, e si sarebbero verificati ugualmente anche senza di essa, né per quelli preesistenti.
Anche in queste ultime ipotesi, peraltro, debbono essere addebitati all'agente i maggiori danni, o gli aggravamenti, che siano sopravvenuti per effetto della sua condotta, anche a livello di concausa, e non di causa esclusiva, e non si sarebbero verificati senza di essa, con conseguente responsabilità dell'agente stesso per il danno differenziale (Cass n. 13400 del 08/06/2007).
Il drenaggio imperfetto del 2003 eseguito a cura del condominio a ridosso del muro perimetrale, e l'abbassamento del piano di calpestio, eseguito nel seminterrato poi venduto sono, tenendo conto delle conseguenze immediate e dirette ricollegabili all'uno e all'altro fatto secondo i principi generali ex artt. 2056 e 1223 c.c., nel senso di escludere la responsabilità condominiale a causa dei limiti del drenaggio, in considerazione soprattutto del modesto costo dei lavori di ripristino necessari per rimediare ai danni che si sarebbero potuti probabilmente verificare in caso di precipitazioni nelle condizioni ex ante del seminterrato, ricadendo invece la causalità dei danni lamentati dalla acquirente, e della entità dei lavori di ripristino in capo alla precedente condomina e sul progettista direttore dei lavori, per una condotta edilizia e tecnica posteriore, che per la sua gravità si pone come antecedente causale unico e autonomo della situazione venutasi a creare.
In altri termini, se l'ex magazzino avesse mantenuto il piano di calpestio alla profondità ex ante è improbabile che sarebbero stati necessari i lavori di ripristino indicati dal c.t.u. come opere di sottofondazione, ora inevitabili per impedire fenomeni di risalita e allagamenti, con tutto ciò che ne consegue quanto alla necessità di smantellare lavorazioni come pavimento, impianto termo-sanitario ecc… già eseguiti, e non direttamente danneggiati dalle infiltrazioni, purtroppo da rifare nell'insieme dei lavori da eseguire ai fini dell'integrale ripristino.


Vi è un precedente in termini della Corte di Cassazione: nel caso di specie il Collegio ha ritenuto in un caso che, data l'epoca di costruzione di un edificio condominiale, le infiltrazioni provenienti da parti comuni dell'edificio da cui scaturiva l'umidità del locale di proprietà esclusiva erano riconducibili alle tecniche in uso al tempo della costruzione dell'edificio, tecniche idonee rispetto alla destinazione dello stesso a magazzino.
Successivamente il mutamento della destinazione d'uso da magazzino a locale commerciale aveva comportato un aggravamento delle infiltrazioni, sicché il fatto del danneggiato costituito dal mutamento di destinazione d'uso del locale seminterrato (indipendentemente dalla mancanza di un sistema di aerazione) aveva avuto efficacia causale tale da interrompere il nesso tra la cosa e l'evento dannoso, integrando il caso fortuito richiesto perché il proprietario custode andasse esente da responsabilità (Cass 25239/2011).


Alla stregua di tali risultanze, tanto più in considerazione del fatto che la costruzione dell'immobile risale al 1954, allorché non era prevista l'obbligatorietà di predisporre solaio aerato, deve intendersi interrotto il nesso di causalità ex artt. 2056 e 1223 c.c. tra la condotta del condominio e i danni così come ora rilevati e quantificati.
Non era prevedibile per il condominio che la proprietaria dell'ex magazzino procedesse - come ha proceduto a sua insaputa - all'abbassamento del piano di calpestio producendo scalzamento della fondazione, e senza ovviare con gli accorgimenti edilizi del caso all'opera eseguita. Il condominio va pertanto assolto dalla responsabilità ex art. 1669 c.c.