Il condominio Alfa chiede  di esperire forme di azione a tutela della tranquillità e del riposo dei condomini,  in  riferimento alle improprie modalità di conduzione di un locale commerciale posto al piano terra dello stabile, da parte di un conduttore che esercita l’attività di pizzeria.
I. L’inquadramento del problema
In generale va detto che il comportamento di ciascun residente di una data unità immobiliare deve essere conforme alle regole del vivere civile.
A riguardo, l'art. 844 cod. civ. vieta espressamente le emissioni di rumori che superano la normale tollerabilità.
Divieti più precisi e rigorosi possono rinvenirsi nelle clausole del regolamento contrattuale di condominio, che ciascun residente dovrà scrupolosamente osservare. Ai sensi dell'art. 1131 cod. civ. l'amministratore - in rappresentanza dei condomini - potrà agire in giudizio per ottenere l'inibizione delle immissioni moleste promuovendo l'azione di manutenzione ex articolo 1170 cod. civ.
I singoli condomini potranno promuovere querela per il reato di cui all'art. 659, cod. pen. (“disturbo delle occupazioni o del riposo delle persone”).
Occorre osservare inoltre che l'amministratore del condominio non è tenuto a difendere il diritto alla salute dei condomini e degli abitanti dello stabile.
Gli unici legittimati a chiedere provvedimenti cautelari a tutela della salute minacciata da inquinamento acustico e ambientale sono le persone come singole.
Si può invece pensare ad una legittimazione attiva dell'amministratore quando le immissioni moleste interessino parti comuni dell'edificio.
Nel caso di unità immobiliari concesse in locazione, il conduttore è personalmente responsabile, per sé o suoi aventi causa, delle immissioni che superano la normale tollerabilità nei confronti dei proprietari e inquilini degli appartamenti vicini. Egli, essendo titolare del contratto di locazione, deve impedire che nell'abitazione locatagli si svolgano delle attività moleste.
La giurisprudenza ha dato anche una definizione del “rumore” capace di produrre immissioni ai fini dell'art. 844, Codice civile, affermando che esso consista in “qualunque stimolo sonoro non gradito all'orecchio umano che per le sue caratteristiche di intensità e durata può divenire patogeno per l'individuo” (Tribunale Napoli, sent. n. 11927/1990).
Da ultimo la giurisprudenza, sia pure con molto cautela, ha stabilito che ai fini della tutela penale della salute, ed in particolare delle forme di tutela contro i rumori ed i comportamenti rumorosi e molesti, non è proprio necessario che la lesione da rumori molesti riguardi una pluralità di persone, cioè in effetti rechi disturbo ad un numero rilevante di persone, bastando che anche una sola di esse sia in grado di percepire come intollerabile e  disagevole fonte di disagio o pregiudizio, l’attività chiassona del vicino.

Vicino rumoroso? anche un solo inquilino può farlo condannare; è per l’appunto il principio stabilito dalla Cass. Sez. I penale, con sentenza n. 41478/2005
L'inquilino rumoroso che se ne infischia dei “richiami bonari” del dirimpettaio la cui quiete viene turbata, può essere condannato penalmente anche se la lamentela è partita da un solo condomino. La rivoluzionaria sentenza riguarda la condanna di un condomino anche in ragione della “indifferenza dell'inquilino rumoroso a qualsivoglia bonario richiamo”, sottolineando “l'irrilevanza della mancata proposizione di doglianza da parte di altri condomini”.
Sicché, “pur quando dell'evento di disturbo si sia lamentata anche solo una persona, ben può ravvisarsi il reato di disturbo allorché i rumori abbiano determinato oggettivamente, in ragione della loro potenzialità diffusiva, una situazione tale da poter recare disturbo ad una pluralità di soggetti”.
 
II. Modalità operative
 
Il condominio di edifici non è un soggetto giuridico dotato di una personalità distinta da quella dei suoi partecipanti (cfr.: Cass. Civ., sent. n. 8257/1997; sent. n. 826/1997; sent. n. 2393/1994), bensì uno strumento di gestione collegiale degli interessi comuni dei condomini diretto all'amministrazione ed al buon uso delle cose comuni, che non è suscettibile, in quanto tale, di essere portatore di propri autonomi interessi direttamente protetti dall'ordinamento penale, la cui violazione, prescindendo dalle diverse formalità eventualmente imposte dalla natura di ordinaria o straordinaria dell'atto, possa consentire una legittimazione all'esercizio del diritto di querela dell'amministratore che lo rappresenta. Un tale esercizio da parte del rappresentante del condominio non è ipotizzabile, inoltre, in relazione alla lesione degli interessi individuali, anche se collettivi, dei partecipanti, dal momento che l'amministratore esplica, come mandatario dei condomini, soltanto le funzioni esecutive, amministrative, di gestione e di tutela dei beni e servizi a lui attribuite dalla legge, dal regolamento di condominio o dall'assemblea, a norma degli artt. 1130 e 1131, 1 co., cod. civ. ed esclusivamente nell'ambito di queste ha la rappresentanza degli stessi e può agire in giudizi.
Non può, infatti, ricomprendersi la querela tra gli atti di gestione dei beni o di conservazione dei diritti inerenti alle parti comuni dell'edificio, anche se avente ad oggetto un fatto lesivo del patrimonio condominiale, costituendo la stessa un presupposto della validità del promovimento dell'azione penale e non un mezzo di cautela processuale o sostanziale, ed il competere il relativo diritto in via strettamente personale alla persona offesa dal reato esclude anche che, in assenza dello speciale mandato, previsto dal codice di procedura penale, lo stesso possa essere esercitato da un soggetto diverso dal suo titolare.
In buona sostanza, mentre le azioni civili, a tutela dei beni comuni sono di immediata esperibilità da parte dell’amministratore del condominio, non altrettanto si può dire per le azioni civili a tutela del diritto alla salute dei condomini, ed a maggior ragione tale principio si impone per la tutela penale.
In tal senso, quindi, occorre che l’assemblea specifichi nella sua deliberazione, di voler conferire all’amministratore mandato, delegandolo quindi a nominare un difensore di fiducia per quanto attiene alla tutela dei beni comuni, ad agire in giudizio, in via civile sia con un’azione cautelare d’urgenza ex art. 700 c.p.c. al fine di far terminare le immissioni moleste, sia con un’azione di tipo ordinario/risarcitorio; mentre,  per quanto attiene il diritto alla salute dei singoli condomini danneggiati e, soprattutto per quanto attiene il promovimento di un’eventuale azione penale, dovrà esser specificato che il mandato, a nominare un difensore di fiducia, per  promuovere tali azioni, civili e penali,  viene conferito dai presenti, singolarmente presi, cioè personalmente  da ciascuno di essi firmatari, nell’ambito dei rispettivi diritti, patrimoniali e personali.

Avv. Dario De Noia