A norma dell’art. 1127, primo comma, c.c., il proprietario dell’ultimo piano o del lastrico solare dell’edificio condominiale può   realizzare al di sopra di esso nuove costruzioni.
Si deve precisare che la sopraelevazione è sussistente non per il fatto di una “pura e semplice costruzione oltre l’altezza precedente del fabbricato”, ma solo in caso di costruzione di uno o più nuovi piani o di una o più nuove fabbriche, sopra l’ultimo piano dell’edificio, quale che sia il rapporto con l’altezza precedente.
Sul punto risulta però ormai delineato l’orientamento giurisprudenziale in base al quale, ai sensi dell’art. 1127 c.c., devono essere considerati nuovi piani o nuove fabbriche le opere consistenti nella trasformazione in appartamento di una soffitta mediante l’aumento da 1 a 3 metri della sua altezza media.
In ogni caso, la sopraelevazione è consentita quando sia eseguita dal proprietario dell’ultimo piano o dal proprietario esclusivo del lastrico solare o terrazza di copertura dell’edificio, a condizione che sussista l’idoneità statica dell’edificio (art. 1127, secondo comma, c.c.), che non sia pregiudicato l’aspetto architettonico dell’edificio e non sia diminuita notevolmente l’aria e la luce dei piani sottostanti (art. 1127, terzo comma, c.c.).
Il problema che si pone è, dunque, quello di stabilire sia quando si può riconoscere tale diritto sia la previsione di uno specifico indennizzo da destinare agli altri condomini titolari di unità immobiliari sottostanti.
Stando sempre al disposto ex art. 1127 c.c., i condomini hanno, altresì, diritto, per il IV° comma di detta norma, ad una indennità determinata con riferimento al valore dell’area su cui insiste la nuova costruzione, diviso per il numero dei piani, ivi compreso quello da edificare, dalla quale si sottrae la quota spettante al condomino dell’ultimo piano.


La ratio della prescritta indennità si sostanzia, in particolare, nel fatto che, per effetto della sopraelevazione, il soggetto che l’ha realizzata aumenta il proprio diritto sulle parti comuni dell’edificio, a scapito degli altri proprietari di immobili.
E’ per questo che il sopralzo – comportando un mutamento nel rapporto di valore tra le proprietà esclusive – rende necessaria la revisione della tabella millesimale di proprietà (art. 69, n. 2, disp. att., c.c.), con un aumento della quota di comproprietà del condomino che ha effettuato il sopralzo e la corrispondente diminuzione di quelle di tutti gli altri condomini.
 
Come si calcola quindi l’entità dell’indennità da sopraelevazione?
Ai sensi dell’art. 1118 c.c., comma I°, questo risarcimento è proporzionato al valore di piano o porzione di piano che gli appartiene. Assunto come elemento base per il calcolo dell’indennità di cui all’art. 1127 c.c., il valore del suolo su cui insiste l’edificio o la parte di esso che viene sopraelevato, questo importo va poi diviso per il numero dei piani compreso quello di nuova costruzione, deducendo infine dal quoziente così ottenuto, la quota che spetterebbe al condomino che esegue la sopraelevazione, in relazione al piano o parte di piano o più piani di sua proprietà: la somma residua costituisce l’ammontare dell’indennità, da ripartirsi tra gli altri condomini (Cassazione, 20/6/1960, n. 1635; 26/3/1976, n. 1084; 21/8/2003, n. 12292 Cassazione civile sez. II, 07/04/2014, n.8096).

L’aumento dell’altezza del fabbricato pare, pertanto, costituire elemento essenziale perché trovi applicazione l’art. 1127 c.c. e, un’interpretazione strictu sensu di tale disposizione, fa intendere che il proprietario dell’ultimo piano deve aver posto in essere nuove opere che abbiano superato l’altezza originaria dell’edificio.
In tal modo, si è utilizzato lo spazio che lo sovrasta andando ad occupare la colonna d’aria su cui esso insiste.

Del resto, tale interpretazione è conforme ad un primo, e risalente, orientamento giurisprudenziale che giustifica la corresponsione della citata indennità nella utilizzazione della colonna d’aria, corrispondente alla proiezione in altezza del suolo su cui è costruito l’edificio, con conseguente innalzamento dello stesso (Cass., 7 dicembre 1974, n. 4093; Cass. 20 luglio 1999, n. 7764).
Peraltro, l’indennità deve essere valutata in relazione non alla pura e semplice superficie del suolo condominiale, ma alla volumetria costruibile o al numero di locali costruibili secondo gli strumenti urbanistici comunali, sicché il valore del suolo si determina in base alla volumetria totale edificata, che si ottiene con il sopralzo o in base al totale dei locali che risulteranno costruiti.
E’ bene evidenziare che qualora la sopraelevazione sia eseguita senza concessione edilizia, il sopraelevante è tenuto a corrispondere comunque l’indennità a ciascuno degli altri condomini e non al condominio.

A questo punto, occorre domandarsi se l’indennità è prevista anche nel diverso caso in cui i lavori producano un mero incremento delle superfici e delle volumetrie, senza   uno sviluppo degli stessi in senso verticale.

In tali circostanze, infatti, si avrebbe comunque una modificazione della struttura dell’edificio e, dunque, anche un aumento del diritto di godere delle sue parti comuni.

Pertanto, se tale ragionamento porta ad escludere l’applicabilità dell’art. 1127 c.c. in tutti quei casi in cui le modificazioni dell’immobile si effettuino meramente al suo interno, per mezzo di ristrutturazioni che non modifichino gli spazi interessati, le Sezioni Unite della Suprema Corte di Cassazione si sono pronunciate in merito ritenendo che la suddetta indennità è dovuta non solo in caso di realizzazione di nuovi piani e nuove fabbriche, ma anche per la trasformazione dei locali preesistenti che abbiano comportato un aumento delle volumetrie e delle superfici indipendentemente da quello dell’altezza (Cass., S.U., 30 luglio 2007, n. 16794).
In ogni caso, l’indennità è suscettibile di produzione di interessi, i quali devono intendersi decorrenti dal giorno di ultimazione della sopraelevazione poiché l'indennità prevista dall'art. 1127 c.c. è oggetto di un debito di valore, da determinarsi con riferimento al tempo della sopraelevazione, sicché non trova applicazione la regola dettata dall'art. 1224 c.c. per i debiti di valuta, secondo cui gli interessi legali sono dovuti dalla costituzione in mora (si cfr. sul punto Cassazione civile sez. II, 12/03/2019, n.7028).
Infatti, in caso di ritardato pagamento dell’indennità, i condomini creditori – se vogliano conseguire il pagamento degli interessi - devono mettere in mora il debitore a norma dell’art. 1282 c.c. (Cassazione, 16/10/1990, n. 10098). L’obbligo del pagamento sorge infatti all’atto dell’ultimazione dei lavori, ma gli interessi per ritardato pagamento, da parte di chi ha sopraelevato e a favore degli altri condomini, decorrono solo dalla data di messa in mora a norma dell’art. 1282 c.c..