Con il D.M.  del luglio 2009 avrebbero dovuto essere messi in sicurezza tutti gli ascensori installati prima del 1999. L’adeguamento non sarebbe dovuto avvenire immediatamente ma gradualmente, o in un lasso di tempo dai cinque ai quindici anni. Se, diversamente, l’impianto era antecedente al 1964, si sarebbero avuti due anni di tempo per la verifica straordinaria e altri cinque per gli eventuali adeguamenti.
Quel che è certo è che il D.M. succitato in tema di “Miglioramento della sicurezza degli impianti ascensoristici anteriori alla direttiva 95/16/CE”avrebbe costituito un passo avanti per garantire gli stessi livelli di qualità e sicurezza a tutti gli utilizzatori di ascensori, ma, di contro, avrebbe rappresentato una spesa consistente in un periodo già di difficoltà economica per le famiglie italiane. Questo, infatti, sembra essere il motivo della mancanza di popolarità di tale normativa, da parte delle associazioni dei proprietari.
Ma prima di valutare le motivazioni che hanno portato il TAR del Lazio ad annullare il D.M. in questione, devono evidenziarsi tre diverse interrogazioni presentate da parlamentari appartenenti a gruppi diversi, mosse al fine di comprendere il motivo in base al quale il Ministero aveva deciso di emanare un decreto proprio in un momento di crisi economica come quello in cui stiamo vivendo, senza che vi fosse uno specifico obbligo da parte dell’Unione europea.
Il sottosegretario allo sviluppo economico, Stefano Saglia, ha recentemente risposto per conto del Governo alle tre interrogazioni, separatamente ma fornendo come risposta il testo di seguito trascritto:
“Il dibattito sulla sicurezza degli ascensori è una problematica che risale all’epoca dell’emanazione della direttiva 95/16/CE del 29 giugno 1995, per il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative agli  ascensori.
Conseguentemente, venne emanato il decreto del Presidente della Repubblica n. 162 del 30 aprile 1999, recante norme attuative, dal quale restavano, però, esclusi tutti gli impianti preesistenti (circa 700.000, su un totale di 870.000), con anzianità media di qualche decennio.
Va evidenziato che la Commissione europea, con raccomandazione 95/216/CE dell’8 giugno 1995, sul miglioramento della sicurezza degli ascensori esistenti, aveva sottolineato, tuttavia, la necessità che anche gli impianti preesistenti venissero posti in regola, nel sostanziale e fondamentale rispetto del principio della sicurezza dei cittadini, da parte degli Stati membri.
Detta raccomandazione, pur non essendo formalmente vincolante, non risultava però priva di effetti giuridici, come da pronunce della Corte europea di giustizia in ordine al carattere rivestito da tali atti.
Sostanzialmente, i due atti comunitari citati (direttiva 95/16/CE del 29 giugno 1995 e Raccomandazione 95/216/CE dell’8 giugno 1995), pressocché coevi e complementari, si occupavano l’uno di dettare regole per le nuove immissioni sul mercato delle macchine in questione, l’altro di migliorare la sicurezza di quelle preesistenti, nel comune intento di garantire il bene primario della sicurezza dei cittadini, intento che poteva risultare vanificato dalla mancata adozione, da parte degli Stati membri, di interventi in ottemperanza alla raccomandazione medesima.
Nello specifico, la Commissione europea, nel richiamare il compito di garantire sul territorio la sicurezza delle persone e considerando che non esistono in tutti gli Stati membri dispositivi adeguati a garantire la sicurezza degli ascensori, raccomandò agli stessi di effettuare una ricognizione della situazione del parco ascensori esistente sui rispettivi territori, per decidere quali misure adottare al fine di promuovere il miglioramento in ordine alla sicurezza degli stessi, nell’ottica di una tendenziale convergenza dei livelli di affidabilità degli impianti già in servizio con quelli di futura immissione nel mercato, conformi alla direttiva emanata.
[…] Coerentemente con l’obiettivo a suo tempo posto, il Ministero dello sviluppo economico ha ritenuto, tuttavia, imprescindibile riaffermare la necessità del rispetto di tale principio della sicurezza dei cittadini, sottoscrivendo il nuovo decreto 23 luglio 2009 che delinea, di fatto, uno specifico «piano» per il settore.
[…] Per quanto riguarda, infine, la stima dei presunti costi, conseguenti all’attuazione del decreto, questa sarà possibile ed attendibile solo dopo che l’avvio delle verifiche avrà consentito di constatare il reale stato di sicurezza di un numero significativo degli impianti più vecchi, nonché l’entità degli interventi, effettivamente necessari, da realizzare sugli stessi.
Occorre, ancora, considerare che, il costo delle ipotetiche opere per la messa in sicurezza degli ascensori, ove, a rischio, nel caso di impianti condominiali, verrà ripartito fra una pluralità di utenze, attestandosi, quindi, su quote unitarie sicuramente accettabili.
L’assunto relativo ad una presunta pesante onerosità degli effetti indotti dal decreto adottato appare, quindi, destituito di fondamento.
In ogni caso, tale decreto intende costituire un «atto dovuto» in relazione sia alla raccomandazione della Commissioni europea, sia alla responsabilità sulla sicurezza che compete al Governo.
Peraltro, il decreto é stato adottato non solo in conformità alle numerose decisioni della Magistratura, ma anche al fine di assicurare la continuità del servizio, indispensabile per l’utenza (soprattutto per anziani e disabili) considerato che, nel caso di verifiche di impianti a rischio, gli Organismi preposti sarebbero tenuti a disporre il blocco degli stessi.
Il Ministero dello sviluppo economico, quindi, nella sua funzione di vigilanza, al fine di evitare eventuali comportamenti distorsivi o speculativi verificherà la corretta attuazione del decreto stesso”.
Il Tar del Lazio come già anticipato, con sentenza n. 5413 del 1° aprile 2010, ha annullato il “decreto ascensori”. Contro il provvedimento, il ministero dello Sviluppo Economico ha annunciato ricorso al Consiglio di Stato. Si torna, per così dire, al passato vale a dire alla verifica ordinaria biennale e a quella straordinaria, da effettuarsi soltanto in caso di modifiche e riparazioni all’impianto.
Le motivazioni che hanno portato il Tribunale amministrativo ad annullare la normativa in questione, sono rappresentate, prevalentemente, dagli oneri a carico dei proprietari di casa che sarebbero stati valutati come eccessivi. Inoltre il decreto lascia ampio spazio ai criteri di sicurezza dettati non da un organismo istituzionale, ma da una associazione privata, l’UNI, alle cui norme il vecchio ascensore dovrebbe adeguarsi.
In attesa che il Consiglio di Stato si pronunci, le regole da seguire sono quelle del Decreto 162 del ‘99.
ASCENSORI, RITORNO AL PASSATO
Il Tribunale amministrativo del Lazio ha annullato il Decreto che impone verifiche straordinarie sugli apparecchi messi in esercizio prima del 30 giugno 1999. In attesa del Consiglio di Stato si ripristinano le regole precedenti.
Nessuna verifica straordinaria per gli ascensori. Anzi, si torna all’antico. Il Tar del Lazio, con la sentenza n. 5413 del 1 aprile scorso, ha annullato il “decreto ascensori”, entrato in vigore agli inizi di settembre. Contro il provvedimento, il ministero dello Sviluppo Economico ha annunciato ricorso al Consiglio di Stato. In altre parole tutto resta come prima. Si ripristinano così le verifiche ordinarie biennali e a quelle straordinarie, da effettuarsi soltanto in caso di modifiche e riparazioni all’impianto. La responsabilità delle verifiche è comunque demandata al proprietario dell’immobile o, laddove ci sia, all’amministratore di condominio.
Con il decreto ministeriale 108 del 2009, invece, veniva imposto l’adeguamento alle norme tecniche UNI EN 81/80 per tutti gli ascensori messi in esercizio prima del 30 giugno 1999. In pratica, alla prima verifica programmata o in una disposta ad hoc, nel caso in cui la prima verifica fosse stabilita fuori il termine massimo previsto nel provvedimento, si sarebbe dovuta effettuare una valutazione dei rischi ed, eventualmente, prescrivere l’adeguamento dell’impianto. 
L’entrata in vigore del decreto, così come la sua precedente adozione, ha però provocato forti dissensi tra le associazioni di categoria interessate. Su ricorso dei proprietari d’immobili, il TAR del Lazio ha così annullato il Dm 108. Per il Tribunale amministrativo, gli oneri a carico dei proprietari di casa sarebbero eccessivi. Inoltre il decreto lascia ampio spazio ai criteri di sicurezza dettati non da un organismo istituzionale, ma da una associazione privata, l’UNI, alle cui norme il vecchio ascensore dovrebbe adeguarsi. E’ dalle libere determinazioni di questa associazione internazionale privata, ha affermato il Tar “che dipende la loro progressiva quantificazione e i vantaggi economici che l’associazione ne ricava”. Per giunta, il nuovo decreto si sovrapponeva all’altro. E in effetti, l’ordinamento precedente già imponeva ai proprietari di immobili dotati di ascensori due verifiche annuali e una straordinaria ad opera di tecnici specializzati ed autorizzati,  con  i relativi costi di non limitato livello.
Inoltre, alla base del decreto, secondo il TAR, c’è l’esclusiva volontà istituzionale di dare un contributo al rilancio dell’edilizia. Il vero obiettivo del Governo era «salvare posti di lavoro». In pratica, secondo il Tar, gli ascensori, anche se vecchi di decine di anni, non hanno bisogno di un’altra manutenzione straordinaria che si aggiunga ai controlli già obbligatori. Il Ministero dello Sviluppo Economico ha subito preannunciato ricorso al Consiglio di Stato. Per il dicastero, il decreto recepisce una specifica raccomandazione europea (95/216/CE), a tutela della sicurezza delle persone. Inoltre, si contesta la validità delle stime circolate sui costi effettivi per le verifiche: circa miliardi. Il ministero afferma che “esse sono basate su parametri non rispondenti alle effettive esigenze tecniche di messa in sicurezza del parco nazionale di ascensori in questione. In ogni caso non è possibile stimare a priori il costo medio di messa in sicurezza degli impianti di più vecchia installazione. Non c'è infatti un vero e proprio censimento di quanti, tra i circa 700 mila ascensori installati prima del 1999, abbiano effettivamente bisogno di questa manutenzione straordinaria e di quanti, invece, siano stati già sottoposti a revisione da parte dei proprietari degli immobili”.
Le vecchie norme ripristinate
Una disputa accesa, quindi, che coinvolge da un lato i proprietari di casa, dall’altro l’ambito istituzionale. Allo stato, è difficile prevedere i tempi del ricorso ministeriale e, soprattutto, della sentenza da parte del Consiglio di Stato. Quindi, nell’attesa che il massimo tribunale amministrativo si pronunci, le regole da seguire sono quelle del Decreto 162 del ’99. Nel caso si sia già iniziato l’iter per l’adeguamento dell’ascensore condominiale è opportuno avvertire tempestivamente i condomini della novità.
Il Tar del Lazio conferma infatti, il ritorno alle norme in vigore prima del decreto ministeriale. Sulla base del precedente provvedimento, il decreto 162 del ’99, preposti a vigilare che i controlli a norma di legge siano effettuati, sono il proprietario dell’immobile e l’amministratore di condominio. La verifica ordinaria si fa ogni due anni: vi provvedono enti pubblici o certificati, per mezzo di tecnici abilitati (laurea in ingegneria). Il tecnico incaricato della verifica fa eseguire dal manutentore dell’impianto il controllo delle parti meccaniche ed elettriche, per poi rilasciare al proprietario, nonché alla ditta incaricata della manutenzione, il verbale relativo alla verifica. Il costo si aggira intorno ai 150 euro.
Se durante tale controllo ci si avvede che qualcosa non è conforme, il tecnico lo indicherà nel verbale e, dopo l’eventuale intervento di riparazione o adeguamento, scatterà la visita straordinaria. La verifica straordinaria è inoltre necessaria in caso di  incidenti di notevole entità (anche se non sono seguiti da infortunio): il proprietario ne deve dare immediata notizia al competente ufficio comunale che dispone immediatamente il fermo dell’impianto fino alla data della verifica straordinaria con esito positivo. Il costo di quest’ultima è lo stesso della verifica ordinaria.
Discorso diverso, invece, quello riguardante i costi dell’adeguamento. Tutto, dipende, infatti, da cosa si deve cambiare: ad esempio, la sostituzione dell’argano costa circa 6mila euro. In genere, per tutti gli interventi elettrici la spesa è di un certo rilievo. La targhetta con l’indicazione dell’ente e della ditta che cura la manutenzione, invece, costa soltanto qualche decina di euro.