La pronuncia che esamineremo tocca vari punti dolenti della vita condominiale 'in concreto' ed anche delle norme che la regolano 'in astratto'; in particolare,
- fino a dove può spingersi un Regolamento nel vietare determinati usi delle proprietà private (singole unità immobiliari) ai condòmini e loro aventi - causa?
- basta trascrivere il Regolamento, oppure è necessario che la clausola contenente il divieto sia anche redatta in un certo modo, oltreché trascritta singolarmente?


Tizio acquistava per successione da Caia due unità immobiliari site in un Condominio in Milano.
Tizio procedeva poi ad affittare dette unità immobiliari alla Alfa S.p.a.; la Alfa Spa, dopo aver ristrutturato gli immobili, procedeva a concederli in sub - locazione, con due contratti distinti, ad un totale di 15 persone (6 per un appartamento e 9 per l'altro).


Il Condominio cui appartenevano le due unità immobiliari citava in giudizio Tizio ed Alfa Spa, chiedendo che il Tribunale di Milano accertasse e dichiarasse l'illegittimità dell'attività di sublocazione esercitata dalla Alfa Spa, ordinandone la cessazione immediata, per violazione della clausola del Regolamento condominiale che disponeva “è vietata la locazione o la sub-locazione parziali delle unità immobiliari adibite ad abitazione”.

Il Condominio lamentava in particolare il fatto che la sub - locazione da parte di Alfa Spa ai 15 inquilini fosse in realtà una locazione di singole stanze a svariati soggetti e non un unico contratto di locazione (o meglio, due unici contratti di locazione), come dichiarato dalla Alfa Spa; secondo il Condominio, ciò era desumibile dalla qualità dei conduttori (tutti giovani studenti e/o lavoratori) e dal contenuto dei contratti che avrebbe fatto intendere che gli stessi avrebbero aderito ad una sorta di 'turnazione' nelle stanze di cui si componevano i due immobili.


Breve inciso: apprendiamo, leggendo la sentenza, che era stata la medesima Alfa Spa, quale conduttrice di Tizio e sub - locatrice dei 15 inquilini, a rendere noti all'Amministrazione del Condominio i nominativi di costoro ed i dati obbligatori, raro esempio di adempimento spontaneo di quanto previsto dall'art. 1130, n. 6) c.c. (Registro Anagrafe Condominiale).
La posizione di Alfa Spa è invece del tutto differente: sostiene la società convenuta che i contratti erano unici, con durata tipica della locazione uso abitativo (4+4 anni), con unico canone e riferiti all'intero primo e secondo appartamento e non a singole stanze o locali all'interno dello stesso.
Sostiene ancora Alfa Spa che, ove vi sia il consenso del locatore, la sostituzione di un inquilino con altro soggetto, che subentra nel contratto in luogo del primo, non è vietata dalla legge e non muta la natura del contratto, da integrale a parziale.


Altro breve inciso: ai sensi degli art. 1594 c.c. e 2 della Legge 27 luglio 1978, n. 392, il conduttore può cedere a terzi il contratto di locazione, solamente con il consenso del locatore ed a patto che ciò non sia vietato dal contratto di locazione.
Quindi, il conduttore dovrà comunicare al locatore la cessione con raccomandata o modalità analoghe, indicandovi gli elementi essenziali del contratto concluso con il terzo e includendo le notizie circa la persona del terzo cessionario, allo scopo di permettere al locatore di manifestare la sua opposizione, in caso sussistano i gravi motivi previsti per legge (v. art. 2, 2° comma, L. 392/78). Allo stesso modo, il conduttore può sub - locare parzialmente l'immobile, sempre previa comunicazione scritta al locatore (che può sempre opporsi per gravi motivi) e sempre che il contratto di locazione non vieti espressamente la sub - locazione, parziale o totale.
Tuttavia, come si evince, si tratta di questione totalmente interna al rapporto tra locatore e conduttore - nel nostro caso, tra Tizio ed Alfa Spa.
Infine, ma è questione preliminare all'intera vicenda ed oggetto del nostro interesse, Alfa Spa eccepisce l'inopponibilità ai terzi (tra cui la stessa ed anche Tizio, suo dante - causa) della clausola del Regolamento che vietava la locazione e sub - locazione parziali degli appartamenti, in quanto sostiene che mancasse la prova della trascrizione specifica del peso derivante da detta servitù sugli immobili e che mancasse altrettanto la prova di una presa d'atto specifica di detto peso da parte di Tizio o della sua dante - causa, Caia.
Tizio, costituitosi in giudizio, svolge eccezioni pressappoco identiche a quelle già viste sopra ed avanzate da Alfa Spa.
Il Tribunale di Milano, accertata l'opponibilità della clausola del Regolamento a Tizio, accoglie la domanda del Condominio ritenendo che l'attività di sub - locazione svolta dalla Alfa Spa, per come risultante dei contratti prodotti e dal materiale pubblicitario divulgato tramite web dalla stessa, integrasse gli estremi della sub - locazione parziale vietata dal Regolamento.


Infatti, secondo il Tribunale, la clausola era opponibile perché Caia, da cui Tizio ereditò, aveva acquistato le due unità immobiliari dichiarando nel contratto di vendita di accettare il Regolamento del Condominio, il quale, in virtù dei documenti prodotti, risultava regolarmente trascritto e dichiarando altresì di essere edotta della clausola relativa al divieto di locazione e sub - locazione parziale delle unità acquisite.
Non solo: riporta il Tribunale della dimostrazione dell'esistenza di una Nota di Trascrizione della clausola contenuta nel Regolamento con riguardo alla specifica costituzione della servitù invocata.
Di qui, Tizio, avendo acquisito per successione, non poteva non essere edotto, a fronte della trascrizione del Regolamento e della clausola e dell'accettazione eseguita da Caia, del divieto imposto dal Regolamento medesimo.
Tizio, nell'appello, afferma la necessità, da parte del costruttore, di predisporre Note di Trascrizione specifiche volte ad imporre e far conoscere ai terzi le servitù gravanti sull'immobile.
Tizio afferma poi che la qualificazione di sub - locazione parziale data dal primo Giudice ai contratti tra Alfa Spa ed i 15 inquilini sia errata se basata sul contenuto dei contratti, malamente colto dal Giudice nonché e soprattutto sul materiale pubblicitario tratto dal web, non dirimente ai fini dell'interpretazione della volontà delle parti.
La Corte d'Appello di Milano, rigettando il primo motivo d'appello, quindi confermando l'opponibilità della clausola a Tizio, accoglie invece il secondo, non ritenendo di ravvisare, nei contratti tra Alfa Spa ed i 15 inquilini, la condotta che avrebbe infranto il divieto regolamentare.



Secondo la costante giurisprudenza e dottrina in materia, stante l'obbligatorietà del Regolamento condominiale anche per tutti gli aventi - causa del condòmino, tra i quali certamente i conduttori delle unità immobiliari, visto l'onere dell'Amministratore condominiale di far rispettare il Regolamento, senza necessità di preventiva autorizzazione assembleare, costituiscono capisaldi le seguenti affermazioni:
  • laddove la clausola limitativa della proprietà sia operante ed opponibile al condòmino - locatore, il Condominio può agire nei suoi confronti per ottenere la cessazione della violazione del divieto imposto dal Regolamento da parte del conduttore di costui;
  • l'azione del Condominio può essere portata alternativamente verso conduttore e condòmino - locatore, nel senso che il Condominio può citare in giudizio solamente il conduttore o solamente il locatore;
  • laddove però il Condominio citi in giudizio solamente il conduttore, sussiste litisconsorzio necessario nei confronti del condòmino - locatore - quindi, dovrà citare anche costui;
  • il conduttore convenuto dal Condominio non può richiedere che il Giudice verifichi la meritevolezza della limitazione al suo godimento dell'immobile (cioè, non può fare questioni di merito inerenti la clausola limitativa), ma può solamente rilevare l'inopponibilità della stessa;
  • il conduttore convenuto dal Condominio può solamente astenersi dall'attività ed agire in rivalsa verso il condòmino - locatore per il risarcimento del danno laddove la clausola risulti opponibile e laddove il condòmino - locatore, nonostante tale divieto, abbia comunque contratto con il conduttore, pur sapendo che il Condominio avrebbe potuto agire per far cessare l'attività dello stesso.


Si è già discusso della elaborazione della Cassazione circa le clausole limitative delle facoltà del proprietario rispetto alla sua unità immobiliare, il cui ultimo approdo è consistito nell'elaborazione della teoria delle cc.dd. 'servitù atipiche', applicata poi ai divieti inseriti nel Regolamento condominiale, che vanno ad incidere sulla destinazione d'uso (in senso non edilizio - urbanistico, ma concettuale - economico) delle singole unità immobiliari.
Si cita la sentenza del settembre 2021, n. 24188 (Sezione II, Rel. Scarpa), della quale riportiamo qui i passaggi salienti, anche rispetto alla vicenda in esame:
«Le restrizioni alle facoltà inerenti al godimento della proprietà esclusiva contenute nel regolamento di condominio, volte (OMISSIS) a vietare lo svolgimento di determinate attività (OMISSIS) costituiscono servitù reciproche e devono perciò essere approvate mediante espressione di una volontà contrattuale, e quindi con il consenso di tutti i condomini, mentre la loro opponibilità ai terzi, che non vi abbiano espressamente e consapevolmente aderito, rimane subordinata all'adempimento dell'onere di trascrizione (arg. da Cass. Sez. 2, 07/01/2004, n. 23; Cass. Sez. 2, 18/04/2002, n. 5626; Cass. Sez. 2, 04/04/2001, n. 4963; Cass. Sez. 2, 07/01/1992, n. 49; Cass. Sez. 2, 15/07/1986, n. 4554; anche Cass. Sez. 2, 19/03/2018, n. 6769)»
Pertanto:
  • o il terzo acquirente (inteso come tutti coloro che, dal secondo acquirente in avanti, acquistano l'immobile, mentre il primo acquirente acquista direttamente dal costruttore e non può non conoscere del Regolamento, salvi i casi di Regolamento successivo, per cui vale anche per lui quanto sopra) ha dichiarato espressamente nell'atto di acquisto di conoscere l'esistenza, nel Regolamento di Condominio, delle clausole x, y e z, con indicazione del contenuto delle dette clausole e si è impegnato al loro rispetto - questa la 'traduzione' in parole povere dell'espressione «i terzi … che vi abbiano espressamente e consapevolmente aderito»
  • oppure, anche in assenza totale di richiamo del Regolamento o inserimento delle clausole nell'atto di compravendita, le stesse siano state trascritte come accade regolarmente per le servitù - e, in tale caso, il terzo acquirente (sempre, dal secondo acquirente in giù) doveva conoscerle o avrebbe potuto conoscerle esercitando l'ordinaria diligenza e verificando le trascrizioni sull'immobile che andava ad acquistare, tra le quali avrebbe trovato, appunto, le clausole regolamentari limitative degli usi che poteva fare con l'unità acquistata.
Ed ancora:
«In particolare, l'esigenza dell'unanimità dell'approvazione delle clausole del regolamento che costituiscano servitù sulle parti comuni è imposta dall'art. 1108 c.c., comma 3, mentre la costituzione contrattuale di servitù che restringono i poteri e le facoltà sulle singole proprietà esclusive suppone che il documento sia sottoscritto dai rispettivi titolari al fine di adempiere al requisito della forza [o forma, N.d.A.] scritta ad substantiam.
In assenza di trascrizione, peraltro, queste disposizioni del regolamento, che stabiliscono limiti alla destinazione delle proprietà esclusive, valgono soltanto nei confronti del terzo acquirente che prenda atto in maniera specifica nel medesimo contratto d'acquisto del vincolo reale gravante sull'immobile.
D'altro canto, ciò che si deduce è l'esistenza di una generica, e perciò irrilevante, accettazione del regolamento da parte dell'acquirente, e non di una dichiarazione di quest'ultimo di conoscere l'esistenza delle reciproche servitù e di impegnarsi a rispettarle (il che poi imporrebbe di affrontare l'ulteriore complesso tema delle cosiddette servitù occulte e della natura di una siffatta dichiarazione dell'avente causa, che si vorrebbe in grado di sopperire al difetto di trascrizione).»


Si riportano anche gli arresti più recenti della Cassazione e del medesimo Giudice meneghino sull'onere di trascrizione, secondo i quali:
  • non è sufficiente redigere le clausole scrivendo semplicemente, ad esempio, «Sono vietate le attività alberghiere», ma è necessario, a pena di nullità delle stesse, per indeterminatezza dell'oggetto del peso imposto alla proprietà privata, indicare in modo chiaro e preciso le singole attività vietate e i pregiudizi che si intendono evitare (si veda, tra tutte, Cassazione, sent. n. 19229/2014 e 21307/2016) - ad esempio, «Sono vietate le attività ricettive quali bed&breakfast e affittacamere, allo scopo di …», sempre ammesso, poi, che il Giudice ritenga meritevole di tutela il pregiudizio che si intende evitare e non lo qualifichi, invece, come eccessivamente limitativo della proprietà solitaria e del diritto del titolare di sfruttare al massimo la stessa;
  • non basta trascrivere il Regolamento come documento unico (anzi, di per sé, si tratta di attività non necessaria né richiesta); è invece necessario che le clausole limitative del diritto di proprietà (che contengano cioè divieti o pesi a carico delle unità immobiliari) siano indicate espressamente in apposita Nota di Trascrizione, distinta da quella dell'atto di acquisto, come espresso dalla Cassazione: «Va innanzitutto confermato l'orientamento interpretativo cui è pervenuta questa Corte, nel senso che vada ricondotta alla categoria delle servitù atipiche la previsione, contenuta in un regolamento condominiale convenzionale, comportante limiti alla destinazione delle proprietà esclusive, in modo da incidere non sull'estensione ma sull'esercizio del diritto di ciascun condomino.
    Ne consegue che l'opponibilità di tali limiti ai terzi acquirenti deve essere regolata secondo le norme proprie delle servitù e, dunque, avendo riguardo alla trascrizione del relativo peso, mediante l'indicazione, in apposita nota distinta da quella dell'atto di acquisto, delle specifiche clausole limitative, ex art. 2659 c.c., comma 1, n. 2, e art. 2665 c.c., non essendo, invece, sufficiente il generico rinvio al regolamento condominiale (Cass. Sez. 2, 18/10/2016, n. 21024; Cass. Sez. 2, 31/07/2014 ,n. 17493). Non è, quindi, atto soggetto alla trascrizione nei registri immobiliari, ai sensi dell'art. 2645 c.c., il regolamento di condominio in sè, quanto le eventuali convenzioni costitutive di servitù che siano documentalmente inserite nel testo di esso». (così Cassaz., 19 marzo 2018, n. 6769 ed anche Cassazione, Sent. n. 21024/2016 e lo stesso Trib. Milano, 22 novembre 2018, n. 11784).


Nel caso esaminato dalla Corte d'Appello di Milano e sopra riportato, stando alle parole che è dato leggere in sentenza rispetto alla documentazione prodotta dalle parti, l'evidenza fattuale restituiva una situazione in cui il Regolamento era stato trascritto per intero, esisteva una Nota di Trascrizione della singola clausola contenente il divieto di locazione e sub - locazione parziali ed inoltre la clausola era stata integralmente trascritta nel corpo dell'atto di acquisto originario tra il costruttore e Caia, de cuius di Tizio, per cui difficilmente era sostenibile che Tizio, in quanto terzo acquirente iure hereditario, poteva non conoscere della clausola o che la stessa non fosse a lui opponibile.
In realtà, la questione di maggiore interesse, nella vicenda in esame, sarebbe stato l'esame delle espressioni utilizzate dalla clausola in oggetto, che qui riportiamo per comodità di lettura:
«è vietata la locazione o la sub - locazione parziali delle unità immobiliari adibite ad abitazione».
Come abbiamo letto sopra, la Cassazione richiede che le clausole limitative del diritto di proprietà rispetto alle unità immobiliari in Condominio siano specifiche, cioè che indichino espressamente le singole attività che sono vietate ed il pregiudizio che si intende evitare.
A sommesso avviso di chi scrive, sebbene sia comprensibile la motivazione che indusse gli autori della clausola in commento a vietare locazione e sub - locazione parziali, in virtù di quanto espresso dalla Cassazione, detta clausola avrebbe potuto essere dichiarata nulla per indeterminatezza dell'oggetto, in quanto non viene esternato il pregiudizio che si intende evitare.
È evidente che gli autori della clausola in commento volevano evitare che nel Condominio si creasse un via vai di persone sconosciute, con aggravio nell'uso - e nell'usura - dei beni e dei servizi condominiali, tuttavia, nulla di tutto questo si evince dal testo della clausola.
Il Giudice d'appello milanese non ne ha fatto questione, anche perché, nel caso di specie, pur tralasciando la formulazione della clausola, non sussisteva né locazione né sub - locazione parziali; tuttavia, lo stesso ha ammesso, in un passaggio della sentenza, che «il divieto contenuto nell'art. 6 lett. O) del regolamento condominiale si limita a stabilire che "è vietata la locazione o la sub-locazione parziali delle unità immobiliari adibite ad abitazione", senza chiarire come debba intendersi la 'parzialità' oggetto di divieto. Tale generica formulazione, in ogni caso, non può certamente ritenersi estesa fino a ricomprendervi il divieto di intestazione a più soggetti di un contratto di sub-locazione che sia unico nell'oggetto, nella causa e nella regolamentazione dei rispettivi obblighi e responsabilità», tuttavia così supplendo, con la propria interpretazione costituzionalmente orientata, alle deficienze della clausola privata, ovvero affermando che possiamo ammettere il divieto di locazione e sub - locazione parziali, ma non possiamo arrivare ad interpretarli nel senso di vietare un contratto di sub - locazione o locazione che preveda più conduttori o sub - conduttori, in quanto questo costituirebbe un'eccezione alla regola generale che prevede sia la possibilità di avere più conduttori, sia la possibilità di cedere la locazione o di sub - locare, anche parzialmente, a fronte della mancanza di un motivo valido per tale eccezione (interpretazione secondo l'Art. 3 della Costituzione ed il principio di uguaglianza).