Il condomino viene ad esistenza ex se, allorché si verifichi il trasferimento di singole porzioni ad una pluralità di soggetti, i quali abbiano altresì la comproprietà di alcuni locali, servizi, impianti, .

Ne consegue che la nozione di condominio in senso proprio è configurabile non solo nell’ipotesi di fabbricati che si estendono in senso verticale ma anche nel caso di costruzioni adiacenti orizzontalmente.

Ai sensi degli artt. artt. 61 disp. Att. c.c., "qualora un edificio o un gruppo di edifici appartenenti per piani o porzioni di piano a proprietari diversi si possa dividere in parti che abbiano le caratteristiche di edifici autonomi, il condominio puo` essere sciolto e i comproprietari di ciascuna parte possono costituirsi in condominio  separato".

In forza della predetta norma, dunque, presupposto dello scioglimento del condominio è l'autonomia strutturale delle entità condominiali che intendono divenire separati condomini, sicché devono venire in rilievo porzioni di costruzione o edifici distinti.
Tuttavia, le stesse disposizioni di attuazione al codice civile, all’art. 62, derogano in parte a questo principio, ammettendo la separazione anche quando restino in comune con gli originari partecipanti alcune delle cose comuni indicate dall'articolo 1117 del Codice civile.

Ne consegue, pertanto, che per il combinato disposto degli artt. 61 e 62 delle disp. att. al codice civile lo scioglimento del condominio è ammesso:
1 nell’ipotesi in cui per le sue caratteristiche strutturali (in quanto costruito da corpi di fabbrica separati) il condominio possa essere diviso in edifici autonomi (art. 61 disp att. c.c.);
2)   nell’ipotesi in cui restino in comune con gli originari partecipanti alcune parti (spazi comuni, servizi, impianti, etc.) (art. 62 disp att. c.c.);


L’applicazione dell’una o dell'altra norma assume rilevanza ai fini delle modalità di scioglimento in quanto, ai sensi degli artt. 61 disp. Att. c.c., lo scioglimento deve essere deliberato:
dall’assemblea con la maggioranza prescritta dal comma 2 dell'articolo 1136 del  Codice civile;
disposto dall'autorità giudiziaria su domanda di almeno un terzo dei comproprietari di quella parte dell'edificio della quale si chiede la separazione
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Tuttavia, nel caso regolato dall’art. 62 disp. att. c.c., ossia quando per la conformazione strutturale dell’edificio restino in comune ai partecipanti alcune parti ed occorrano opere per la sistemazione diversa dei locali o delle dipendenze tra i condomini, lo scioglimento del condominio deve essere deliberato dall'assemblea con la maggioranza prescritta dal comma 5 dell'articolo 1136 del Codice stesso.

La richiesta di scioglimento può essere presentata all'assemblea dai condomini interessati, tramite l'amministratore (obbligato a convocare l'assemblea straordinaria, a norma dell'art. 66, comma 1, disp. att. cod. civ., quando ne è fatta richiesta da almeno due condomini che rappresentino un sesto del valore dell'edificio), o direttamente dopo l'inutile decorso di 10 giorni dalla richiesta avanzata all'amministratore.

E’ chiaro che nell’ipotesi in cui a seguito del deliberato scioglimento dovessero rimanere in comune alcune parti (impianti, servizi, etc), la delibera dovrà disciplinare, oltre a ciò che rimane comune, anche la destinazione delle cose comuni, la ripartizione di quelle delle quali è possibile effettuare il distacco, la regolamentazione dello statuto giuridico di quelle rimaste in comunione, la determinazione delle opere indispensabili per la modificazione dello stato delle cose, eccetera.

La delibera che adotta lo scioglimento dovrà poi essere trascritta al fine di rendere lo scioglimento medesimo opponibile  a terzi.

Tuttavia, nella denegata ipotesi in cui l’assemblea non dovesse approvare lo scioglimento, questo può essere pronunciato su domanda di almeno un terzo dei comproprietari di quella parte dell'edificio della quale si chiede la separazione.


La disciplina applicabile alle parti rimaste in comune

Nell’ipotesi in cui a seguito dello scioglimento del condominio, restino in comune con gli originari partecipanti alcune parti (portinerie, reti viarie interne, impianti, etc.), la loro disciplina è demandata alle norme in tema di condominio e non già di comunione ordinaria (Corte di Cassazione Sezione 2 Civile, Sentenza del 18 aprile 2005, n. 8066).