Attribuzioni dell’assemblea dei condomini   L’assemblea dei condomini è l’organo deliberativo del condominio, e, come tale provvede:   1.     alla nomina, alla conferma e alla revoca dell'amministratore e alla sua eventuale retribuzione (art. 1135 e 1129 c.c.); 2.     all'approvazione del preventivo delle spese occorrenti durante l'anno e alla relativa ripartizione tra i condomini (art. 1135 c.c.); 3.     all'approvazione del rendiconto annuale dell'amministratore e all'impiego del residuo attivo della gestione (art. 1135 c.c.); 4.     alle opere di manutenzione straordinaria, costituendo, se occorre, un fondo speciale (art. 1135 c.c.); 5.     a promuovere una lite o a decidere di resistere ad una domanda (art. 1132 c.c.); 6.     all'autorizzazione delle spese fatte urgentemente per le cose comuni dal singolo condomino (art. 1134 c.c.); 7.     a giudicare sui ricorsi avverso i provvedimenti presi dall'amministratore nell'ambito dei suoi poteri (art. 1133 c.c.); 8.     all'approvazione del regolamento di condominio (art. 1138 c.c.) ed eventualmente delle tabelle millesimali (art. 1123 c.c.); 9.     al conferimento all'amministratore di maggiori poteri rispetto a quelli stabiliti dalla legge (art. 1131 c.c.); 10. alla delibera di ricostruzione delle parti comuni dell'edificio in caso di perimento parziale dell'edificio (art. 1128 c.c.); 11. a disporre l'esecuzione di innovazioni dirette al miglioramento o all'uso più comodo o al maggior rendimento delle cose comuni (art. 1120 c.c.); Detta elencazione, tuttavia, non ne esaurisce i poteri. L’assemblea, infatti, - quale organo destinato ad esprimere la volontà collettiva dei partecipanti – può deliberare qualunque provvedimento, anche non previsto dalla legge o dal regolamento di condominio, fatta eccezione per i provvedimenti volti a perseguire una finalità extracondominiale (Cass. 13-8-85, n. 4437).     Assemblea ordinaria e straordinaria(Art. 66 Disp. Att. c.c.)   L’assemblea dei condomini deve essere convocata, ai sensi dell’art. 66 Disp. Att. c.c., annualmente per le deliberazioni indicate dall’art. 1135 c.c.. In questo caso prende il nome di assemblea ordinaria Sempre a norma dell’art. 66 Disp. Att. c.c., l’assemblea può essere convocata, in via straordinaria, dall’amministratore, quando lo ritenga necessario, o quando ne facciano richiesta almeno due condomini che rappresentino 1/6 del valore dell'edificio. Ove la richiesta venga disattesa dall’amministratore, decorsi 10 giorni, gli stessi condomini possono provvedere direttamente alla convocazione. Negli edifici con meno di 4 condomini, per i quali non è necessaria la nomina dell’amministratore, in assenza di quest’ultimo, sia l’assemblea ordinaria che quella straordinaria possono essere convocate a iniziativa di ciascun condomino.   Costituzione dell’assemblea (Art. 1136) Ai sensi dell’art. 1136 c.c. l’assemblea è regolarmente costituita con l'intervento di tanti condomini che rappresentino i due terzi del valore dell'intero edificio e i due terzi dei partecipanti al condominio. L’invito alla riunione dei condomini non richiede l’atto scritto od altre particolari formalità, ma può essere effettuato con qualsiasi forma o modalità idonea a portarlo a conoscenza del destinatario (Cass. 25-5-84, n. 3231). Ai fini della valida costituzione dell’assemblea condominiale, l’avviso deve essere, non solo inviato, ma soprattutto ricevuto almeno cinque prima della data di fissazione della adunanza, cosi come statuito dall’art. 66 disp. att. c.c. Detto termine,  trattandosi di disposizione dichiarata espressamente inderogabile (art. 72 disp. att. cod. civ.), può essere dilatato convenzionalmente, ma non ristretto, così come può accompagnarsi a particolari modalità e forme stabilite dal regolamento condominiale (Cass. 12 febbraio 1988, n. 1515) o da specifica deliberazione assembleare. Come già anticipato, ai sensi dell’art. 66 disp. att. c.c., l’avviso di convocazione non solo deve essere inviato ma deve essere ricevuto nel termine perentorio di cinque giorni prima della data fissata per l’adunanza. All’uopo, occorre precisare che la giurisprudenza è ormai costante nell’affermare che grava sull’amministratore ovvero su chi altro prenda l'iniziativa della convocazione (art. 66 disp. att. cod. civ.) l’onere di provare la tempestività della "comunicazione" e, quindi, della ricezione dell'avviso di convocazione entro e non oltre il termine finale di "almeno cinque giorni (non liberi) prima della data fissata per l'adunanza", ovviamente, di prima convocazione (anche se andata deserta) (Cass. 29 aprile 1999, n. 4352; Cass. 12 giugno 1999, n. 5267; Cass. 19 agosto 1998, n. 8199 e Cass. 12 novembre 1992, n. 12379) Ne consegue che al di là della forma libera consentita per l’invito alla costituzione, è opportuno che l’avviso venga trasmesso con modalità tali da garantire la prova, idonea ed adeguata, della avvenuta ricezione entro il termine prescritto dalla legge. ****     *****     ***** Ai sensi dell’art. 1136 c.c., tutti i condomini hanno il diritto di partecipare all’assemblea. Ne deriva, pertanto, che nell’ipotesi in cui un immobile sia in comproprietà pro indiviso, grava sull’amministratore l’onere di convocare tutti i partecipanti alla comunione. Sul punto, infatti, la giurisprudenza è univocamente orientata nel ritenere che “la convocazione dell'assemblea di un condominio, a pena di invalidità della medesima (art. 1136 c.c.) deve essere comunicata a tutti i comproprietari pro indiviso di un piano o di una porzione di piano” (Cass. 9-1-98, n. 138; conf. Cass. 18-2-2000, n. 1830; Cass. 16-2-96, n. 1206; Cass. 25-5-84, 3231) Tuttavia, è bene precisare che, in assenza di precise formalità o modalità attraverso le quali l'invito alla riunione deve essere notificato a tutti i condomini, la conoscenza di esso da parte di tutti i comproprietari “può evincersi anche dall'avviso dato all'altro comproprietario, qualora ricorrano circostanze presuntive tali da far ritenere che un comproprietario abbia reso edotto l'altro della convocazione stessa” (Cass. 16-2-96, n. 1206; conf. Cass. 27-7-99, n. 8116). E' stato, ad esempio, ritenuto presumibile che l'invito notificato ad un coniuge comproprietario di un appartamento fosse stato portato a conoscenza anche dell'altro coniuge, convivente in pieno accordo e senza contrasto di interessi (Cass. n. 7630 del 28 luglio 1990). Al contrario, invece, la giurisprudenza di merito(Trib. Milano, 18 ottobre 1993) ha statuito che “in caso di separazione legale dei coniugi, quando il coniuge legalmente separato non abiti più nell'edificio condominiale, non sussistono ragioni che - per la natura dei rapporti familiari e di convivenza - possano far presumere che egli sia stato informato dell'avviso di convocazione comunicato solo all'altro coniuge”. La mancata comunicazione, anche ad uno solo dei condomini, dell’avviso di condomini comporta non la nullità ma la semplice annullabilità della delibera che, se non viene impugnata nel termine di trenta giorni dalla comunicazione per i condomini assenti o dalla approvazione per i condomini dissenzienti, è valida ed efficace nei confronti di tutti i partecipanti all’assemblea. Il condomino apparente e la partecipazione del conduttore all’assemblea dei condomini Come ampiamente esposto, ai fini della valida costituzione dell’assemblea, debbono essere convocati i proprietari delle unità immobiliari costituenti il condomino. Può, tuttavia, verificarsi il caso in cui colui che non sia proprietario della porzione immobiliare assuma tale veste nei confronti dei terzi. E’ la fattispecie del c.d. condomino apparente. Sul punto le Sezioni unite della Corte di Cassazione con sentenza n. 503/2005 hanno chiaramente statuito che in materia condominiale non può trovare applicazione il principio dell'apparenza. Ne consegue che l’unico soggetto legittimato a partecipare alle delibere assembleari è il reale proprietario dell’immobile. Vi è solo un caso in cui un soggetto diverso dal proprietario della porzione immobiliare è ammesso a formare la volontà condominiale: quello previsto dall’art. 10, legge n. 392/78. La predetta norma, infatti, stabilisce che il conduttore ha diritto di voto, in luogo del proprietario dell'appartamento locatogli, nelle delibere dell'assemblea condominiale relative alle spese e alle modalità di gestione dei servizi di riscaldamento e di condizionamento dell'aria (Cass. Sez. III, 3 aprile 1990, n. 2762); può, altresì, intervenire, senza diritto di voto, sulle delibere relative alla modificazione degli altri servizi comuni. Deliberazioni (Art. 1136 c.c.)   Ai sensi dell’art. 1136, 2° c.c. “sono valide le deliberazioni approvate con un numero di voti che rappresenti almeno la maggioranza degli intervenuti e almeno la metà del valore dell’edificio”. Può verificarsi il caso in cui l’assemblea riunita in prima convocazione non possa regolarmente e validamente costituirsi per mancanza del quorum. In questa ipotesi, ai sensi dell’art. 1136 c.c. comma 3, trascorse almeno 24 ore, e non oltre 10 giorni, l’assemblea può riunirsi in seconda convocazione.  L’assemblea riunitasi in seconda convocazione delibera ai sensi dell’art. 1136, 3° comma, con un numero di voti favorevoli che rappresenti almeno un terzo dei partecipanti al condominio e un terzo del valore dell'edificio. La predetta maggioranza, c.d. semplice, non è tuttavia sufficiente nel caso in cui si debba 
decidere in merito a: Ø la nomina, la revoca o la riconferma dell'amministratore, le liti giudiziarie che esorbitino dalle attribuzioni dell'amministratore, la ricostruzione dell'edificio e le riparazioni straordinarie di notevole entità, che devono essere approvate in ogni caso con la maggioranza degli intervenuti che rappresentino almeno la metà del valore dell'edificio; Ø innovazioni dirette ad ottenere il più comodo o il miglior rendimento delle cose e/o impianti comuni e la costruzione di nuovi impianti e/o servizi comuni, che devono essere approvate con la maggioranza dei condomini che rappresentino almeno i due terzi del valore dell'edificio, salvo il disposto di leggi speciali; Ø argomenti per i quali leggi speciali dispongono maggioranze diverse da quelle elencate dall’art. 1136 c.c.; Ø modifiche e/o integrazioni del regolamento di condominio, l’alienazione di parti comuni del condominio, la modifica delle tabelle millesimali ed in generale ala disponibilità all'uso delle parti esclusive dei singoli condomini, che devono essere approvate in ogni caso con l'unanimità dei condomini che rappresentino la totalità del valore millesimale dell'edificio. Ovviamente, poiché la validità delle deliberazioni assembleari è direttamente collegata all’oggetto specifico, ogni singolo capo della delibera deve essere approvato con la maggioranza richiesta dalla legge. Una stessa delibera può, dunque, essere valida per alcuni capi, ed annullabile per altri per mancanza del quorum deliberativo.    Ai fini del calcolo delle maggioranze sopra prescritte per l’approvazione delle delibere assembleari, si può tenere conto solo del voto espresso dai condomini presenti al momento della votazione, poiché solo il momento della votazione determina la fusione della volontà dei singoli condomini creativa dell’atto collegiale (Cass. 13-2-99, n. 1208, Cass. 23-2-99, n. 1510). Ne deriva, pertanto, che non si può computare, ai fini del quorum deliberativo, il voto favorevole espresso dal condomino che si sia allontanato prima della votazione dichiarando di accettare la decisione della maggioranza. Le deliberazioni regolarmente assunte di regola non sono mai irrevocabili e sono, quindi, suscettibili di essere modificate o revocate da  una valida deliberazione successiva. Le nuove deliberazioni, infatti, purché approvate nei modi e con le formalità di legge o di regolamento, sono perfettamente valide e sono obbligatorie per tutti i condomini, anche se, eventualmente quelle anteriori, revocate e modificate, siano state prese all’unanimità e le seconde con la maggioranza minima prevista in ordine all’oggetto di ciascuna deliberazione e al tipo di assemblea (Cass. 12-4-76, n. 1281).