Come disciplinato dal riformato art. 1129, comma XI, c.c. l’assemblea condominiale, in qualsiasi momento, può revocare l’incarico all’amministratore: la delibera non necessita di una motivazione che giustifichi la volontà assembleare, ma deve essere semplicemente adottata nel rispetto della maggioranza di cui all’art. 1136, comma II, c.c. in quanto rappresentativa della volontà dell’intero condominio.
L’amministratore deve adeguarsi alla decisione presa dalla maggioranza dell’assemblea non potendo avanzare rivendicazioni in merito alla stabilità del proprio incarico, indipendentemente da quelle che siano le ragioni della revoca assembleare.
Qualora all'atto dell'accettazione della nomina o del suo rinnovo sia stato previsto analiticamente un importo dovuto all'amministratore a titolo di compenso per l'attività svolta, la revoca deliberata dall’assemblea, prima della scadenza annuale dell'incarico ed in assenza di giusta causa, legittima l'amministratore a pretendere il proprio compenso professionale. In assenza di pagamento l’amministratore avrà diritto, in sede di cognizione ordinaria, alla tutela risarcitoria.
E’ tuttavia discusso se l’amministratore anticipatamente revocato in assenza di giusta causa abbia diritto all’integrale compenso pattuito per la durata annuale dell'incarico oppure solamente alla minor somma da liquidare in proporzione al tempo di effettiva esecuzione del mandato.
Sulla questione, con sentenza del 22.09.2005, è intervenuto il Giudice di Pace di Avellino il quale, conformandosi alla seconda soluzione, ha statuito che “l'amministratore anticipatamente revocato dall'assemblea non ha diritto al pagamento dell'intero compenso stabilito per la normale durata dell'incarico, ma alla minor somma liquidata in proporzione al tempo di effettiva esecuzione del mandato”. Un provvedimento di identico contenuto è stato adottato dal Tribunale di Monza con sent. n.  27 giugno 1985 il quale si è pronunciato in merito alla revoca dell'amministratore disposta dall'assemblea, ma il principio è da ritenersi valido anche per il caso di revoca giudiziale.
Appare evidente che due sole sentenze, peraltro pronunciate da giudici di primo grado, non appaiono sufficienti per sostenere l’esistenza di un orientamento giurisprudenziale consolidato.
Dette pronunce, evidentemente in contrasto con gli interessi dell’amministratore di condominio, appaiono eccessivamente gravose e non è da escludersi la nascita di un diverso orientamento con l’entrata in vigore della l. n. 220/2012. Invero il conferimento dell’incarico ha durata annuale ed ha vincolo contrattuale. Pur essendo vero che l’assemblea in qualsiasi momento può sollevare l’amministratore dall’incarico conferitogli non bisogna dimenticare l’attuale applicabilità dell’art. 1725 c.c. ai rapporti fra il condomino ed il suo rappresentante. In forza di detta, a cui ora, a differenza della disciplina ante riforma, rimanda espressamente l’art. 1129, comma XV, c.c. “la revoca del mandato oneroso, conferito per un tempo determinato o per un determinato affare, obbliga il mandante a risarcire i danni, se è fatta prima della scadenza del termine o del compimento dell'affare, salvo che ricorra una giusta causa”,
Una trattazione diversa merita invece la richiesta di revoca giudiziale. In detta ipotesi  l’amministratore gode ancora della fiducia della maggioranza del condominio in quanto solo uno o più condomini, insoddisfatti dell’operato dell’amministratore ed evidentemente in difficoltà nell’ottenere una revoca assembleare, decidono di rivolgersi al Tribunale competente affinché venga instaurato ed istruito un giudizio nelle modalità già ampiamente spiegate nel precedente capitolo.
Il procedimento giudiziale così introdotto rappresenta un momento di tutela per l’amministratore che abbia correttamente agito poiché, a differenza di quanto avviene all’interno dell’assemblea, il suo operato non viene arbitrariamente giudicato, ma sottoposto alla valutazione di fatto e di diritto da parte di un giudice, un soggetto terzo ed imparziale chiamato a verificare se l’amministratore si sia reso responsabile di uno o più episodi di mala gestio.
L’esito favorevole del giudizio comporterà il diritto dell’amministratore a proseguire l’espletamento del proprio mandato, sino a che conservi il consenso della maggioranza condominiale nel rispetto del contenuto dell’art. 1136, comma II, c.c. Al contrario una pronuncia sfavorevole comporterà la risoluzione del contratto di mandato, con il conseguente diritto dei soggetti lesi ad avviare un autonomo giudizio di cognizione affinché vengano accertati e quantificati i danni arrecati dall’irregolare svolgimento dell’incarico. Anche in questo caso il diritto al compenso viene disciplinato dall’art. 1725 c.c. il quale autorizza il condominio a non corrispondere il compenso in caso di revoca per giusta causa, la quale dovrà essere giudizialmente accertata.
E bene ricordare che le pretese risarcitorie nei confronti dell’amministratore non potranno essere avanzate nel giudizio di revoca giudiziale, introdotto con l’art. 64 disp. att. c.c., in quanto detto strumento apre un procedimento in camera di consiglio soggetto alle disposizioni generali previste dagli art. 737 e ss. c.p.c., al quale va riconosciuto carattere di volontaria giurisdizione.
Avv. Alberto Giupponi

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