Il recentissimo testo delle Sezioni Unite del 25 febbraio 2009 (n. 4464) ha consegnato agli interpreti diversi principi di diritto di notevole rilievo, seppur confermativi della precedente giurisprudenza (sulla natura dell’attività amministrativa svolta dalla Camera di Commercio v. Cass. Civ. n. 14991 del 2006; Cass. Civ. n. 17415 del 2004; Cass. Civ. n. 1168 del 2000; Cass. Civ., Sezioni Unite n. 1970 del 1995; Cass. Civ., Sezioni Unite n. 8983 del 1990 e Cass. Civ., Sezioni Unite n. 1612 del 1989. Sui poteri del g.o. nei giudizi di impugnazione di provvedimenti amministrativi v. Cass. Civ. n. 27140 del 2007; Cass. Civ. n. 5895 del 2007; Cass. Civ. n. 18190 del 2006 e Cass. Civ., Sezioni Unite n. 1612 del 1989).

Questi i principi di diritto enunciati:

È qualificabile come diritto soggettivo pieno la posizione giuridica del debitore che, provvedendo al pagamento della cambiale o del vaglia cambiario protestati nel rispetto dei tempi e degli adempimenti prescritti dalla disciplina prevista nell’art. 4 della legge n. 77 del 1955 (come sostituito dall’art. 2 della legge n. 235 del 2000), proponga istanza, in sede amministrativa, al responsabile dirigente dell’ufficio protesti della competente Camera di commercio per ottenere la cancellazione del proprio nominativo dal registro informatico dei protesti, con la conseguente attribuzione al giudice ordinario della cognizione sulla successiva opposizione avverso il provvedimento di diniego o l’omessa pronuncia da parte del suddetto responsabile amministrativo, senza che rilevi in senso ostativo il generale divieto per il giudice ordinario di sostituirsi nell’esercizio di un’attività amministrativa.

La legge n. 77 del 1955, come modificata dalla legge n. 235 del 2000, disciplina una di quelle ipotesi eccezionali il cui al giudice ordinario è riconosciuta la legittimazione ad attuare la tutela giurisdizionale piena e completa del diritto soggettivo leso dal provvedimento amministrativo, attraverso non soltanto la disapplicazione, ma anche la sua diretta caducazione.

Nel giudizio di impugnazione dell’atto amministrativo di reiezione dell’istanza dell’interessato da parte del dirigente, ovvero del suo rifiuto a provvedere su di essa, deve escludersi che la cognizione del giudice sia limitata al controllo delle dedotte ragioni di illegittimità del provvedimento impugnato. Ma il giudice è tenuto all’accertamento proprio del presupposto cui la norma ha subordinato il diritto alla cancellazione, costituito dall’eseguito pagamento della cambiale o del vaglia cambiario nel termine indicato dalla norma, non potendo ammettere e ritenere sufficiente una prova diversa da quella espressamente prevista dalla legge anche perché la scelta dell’ammissibilità e dei limiti dei singoli mezzi di prova è rimessa esclusivamente alla discrezionalità del legislatore.

Il caso deciso

Con ricorso proposto contro il provvedimento del 23 novembre 2002 del Presidente della Camera di Commercio di Lecce, De Luca Letizia, chiedeva ed otteneva la cancellazione, dal registro informatico dei protesti, del suo nominativo per intervenuto pagamento delle somme portate da effetti protestati. La Camera di Commercio proponeva impugnazione che veniva respinta dal Tribunale di Lecce, sul rilievo che proprio la legge 235/2000 prevedeva il potere del giudice di pace di disporre la cancellazione dal registro protesti del debitore che ha pagato sulla base dell’accertamento della sola regolarità dell’adempimento. Avverso la decisione di secondo grado veniva promosso ricorso per cassazione.

La decisione delle Sezioni unite si struttura in tre punti:

  • qualificazione della situazione giuridica soggettiva azionata in giudizio;
  • definizione dei poteri del g.o. nei confronti della p.a.;
  • definizione dei poteri istruttori del giudice nei giudizi impugnatori di provvedimenti amministrativi.

La qualificazione della situazione giuridica soggettiva azionata in giudizio.

In ordine al primo punto le S.U., conformandosi ai dicta delle note pronunce della Cassazione e della Corte Costituzionale, ribadiscono che al fine di determinare quale sia il giudice competente a conoscere della controversia, fatti salvi i casi tassativi di giurisdizione esclusiva, bisogna far riferimento al criterio del petitum sostanziale, andando ad indagare quale sia la natura della situazione giuridica soggettiva azionata: se essa ha la sostanza del diritto soggettivo la giurisdizione spetterà al giudice ordinario se, invece, ha la sostanza dell’interesse legittimo competerà al giudice amministrativo.

Il principio ermeneutico da utilizzare è quello definito da ultimo nella decisione n. 191/06 della Corte Costituzionale, laddove è stato affermata la configurabilità di un interesse legittimo solo quando l’agire amministrativo sia supportato da poteri autoritativi, ossia quando il diritto positivo attribuisca all’amministrazione una posizione di potere funzionalizzato, il cui esercizio, sostanziantesi nell’emanazione di un provvedimento amministrativo, sia idoneo a conformare, unilateralmente, la sfera giuridica dei destinatari. Per converso, si è in presenza di un diritto soggettivo quando la situazione giuridica soggettiva è perfettamente ed esaustivamente definita dalla legge, sicchè non residua alcun potere in capo alla p.a. sull’an ed il quomodo del suo riconoscimento.

In realtà, la fattispecie normativa all’esame delle Sezioni Unite ha agevolato non poco il compito dell’interprete, atteso che l’art. 4 della legge 2 febbraio 1955 n. 77, come modificato dall’art. 2 della legge 18 agosto 2000 n. 235, espressamente definisce la pretesa alla cancellazione dall’albo informatico dei protesti come un vero e proprio diritto: il debitore che, entro il termine di dodici mesi dalla levata del protesto, esegua il pagamento della cambiale o del vaglia cambiario protestati, unitamente agli interessi maturati come dovuti ed alle spese per il protesto, per il precetto e per il processo esecutivo eventualmente promosso, ha diritto di ottenere la cancellazione del proprio nome dal registro informatico di cui all'articolo 3-bis del decreto-legge 18 settembre 1995, n. 381, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 novembre 1995, n. 480.

Peraltro, si deve segnalare che la prima sezione civile della Corte di Cassazione, nella sentenza n. 14991 del 28 giugno 2006 (conf. a Cass. Civ. n. 17415 del 30 agosto 2004) aveva già affermato il carattere materiale e non tipicamente amministrativo dell'attività che la Camera di commercio svolge in materia di pubblicazione dell'elenco dei protesti di cambiali e di assegni, in osservanza dell'art. 3 della legge 12 febbraio 1955, n. 77.

In verità, cercando nei repertori giurisprudenziali e risalendo a pronunce antecedenti la riforma del 2000, è possibile rinvenire ben due pronunce del giudice della giurisdizione che nel 1990 (sentenza n. 8983) e prima ancora nel 1989 (sentenza n. 1612) aveva dichiarato che che, ai sensi della l. 12 febbraio 1955 n. 77, l'attività delle Camere di commercio in materia di pubblicazione degli elenchi cambiari consiste in una mera operazione materiale che, senza alcun potere discrezionale, ha come risultato la divulgazione di notizie, risolvendosi, quindi, in comportamenti che rientrano nella categoria degli atti materiali posti in essere all'infuori di una potestà amministrativa.

Per completezza, si deve segnalare che il medesimo principio viene affermato anche nella pronuncia n. 1168 della seconda sezione civile del 3 febbraio 2000 (si vedano poi anche le sezioni unite n. 1970 del 22 febbraio 1995).

L'attività delle Camere di commercio, diretta alla pubblicazione dei bollettini dei protesti, rappresenta un'attività di carattere materiale - non già provvedimentale, né autoritativa -, come tale inidonea ad affievolire i diritti soggettivi di coloro che la subiscano o entrino, comunque, in contatto con essa; ne deriva che sussiste la giurisdizione del giudice ordinario in relazione alla controversia con la quale una ditta che gestisce una banca dati informatici lamenti di essere stata danneggiata dalla concorrenza sleale praticata da altra banca dati informatici, la quale, incaricata da una Camera di commercio della redazione dei "tabulati" con l'elenco dei protestati, era l'unica a disporre e a diffondere, presso la propria clientela, detti dati "in tempo reale", mentre solo successivamente l'ente camerale stampava e pubblicava i tradizionali bollettini.

In particolare la sentenza n. 1612 del 3 aprile 1989, nell’affrontare in dettaglio la normativa dettata dalla legge 77/55, rilevava come alla Camera di Commercio fosse stato affidato un mero compito di pubblicazione delle notizie relative ai protesti, che gli pervenivano dai competenti organi amministrativi.

La Camera di Commercio dunque, ben lungi dal manifestare una propria volontà che comunque incida sulla sfera giuridica dei soggetti interessati, procede ad una semplice operazione materiale con modalità specificamente descritte dalla legge, cui non è concesso alcun potere discrezionale, avente come unico risultato la divulgazione di notizie, senza che si attui alcuna partecipazione al protesto, atto pubblico creato da altri allo scopo di far fede legale di determinate dichiarazioni rese a seguito della prestazione di un titolo cambiario, o alla sua cancellazione.

In altri termini, trattasi di comportamenti rientranti nella categoria degli atti materiali posti in esser all'infuori di una potestà amministrativa, in relazione ai quali non è configurabile la lesione di interessi legittimi (v. sent. citata Cass. n. 1612 del 3 aprile 1989).

Le conclusioni cui pervennero le Sezioni Unite nel 1989 meritano di essere pienamente condivise anche oggi, in quanto le modifiche che la legge n. 235/00 ha operato sull’impianto originario della legge 77/55, non hanno inciso sulla natura dell’attività della Camera di Commercio né hanno attribuito alla stessa nuovi o diversi poteri.

Le Sezioni Unite nel 2009 non si addentrano nell’analisi del testo normativo, né richiamano il lontano precedente, ritenendo evidentemente sufficiente il tenore letterale – peraltro chiarissimo – del primo comma dell’art. 4, l. 77/55.

In sede di commento appare tuttavia utile descrivere la struttura fondamentale della legge sulla pubblicazione dei protesti cambiari al fine di riscontare se il diritto positivo abbia effettivamente costruito la posizione del privato come diritto soggettivo perfetto o se invece abbia lasciato spazio all’esercizio di poteri autoritativi alla p.a..

L’art. 1 attribuisce in via esclusiva alle Camere di Commercio il compito di provvedere alla pubblicazione ufficiale dell’elenco dei protesti cambiari; l’art. 3 pone in capo ai pubblici ufficiali competenti l’obbligo di trasmettere gli elenchi alle Camere di Commercio territorialmente competente e, il terzo comma, attribuisce alle Camere di Commercio, previa autorizzazione da formalizzare con decreto ministeriale, il potere di elaborare statistiche relative ai protesti per mancata accettazione; l’art. 4 descrive la situazione giuridica soggettiva dell’interessato e disciplina i relativi compiti della p.a..

Nello specifico, la legge definisce la posizione del debitore, che entro il termine di dodici mesi dalla levata del protesto abbia eseguito il pagamento della cambiale o del vaglia cambiario protestati - unitamente agli interessi maturati come dovuti ed alle spese per il protesto, per il precetto e per il processo esecutivo eventualmente promosso – come un vero e proprio diritto soggettivo: il diritto di ottenere la cancellazione del proprio nome dal registro informatico.

Di fronte a questa posizione di diritto soggettivo perfetto vi è il dovere della p.a. di provvedere, non oltre il termine di venti giorni dalla presentazione dell’istanza, alla verifica della regolarità dell'adempimento o della sussistenza della illegittimità o dell'errore del protesto. Si tratta, all’evidenza di un mero controllo formale scevro di qualsiasi profilo di apprezzamento della situazione giuridica vantata dal privato.

Dall’esame della normativa emerge non solo il dato della formale qualificazione della posizione giuridica del privato come diritto – che non sarebbe di per sé sufficiente per l’attribuzione della natura di diritto soggettivo, come è stato ampiamente dimostrato dalla vicenda ermeneutica che ha interessato e continua ad interessare il c.d. diritto di accesso agli atti amministrativi – ma anche la corrispondente assenza, nel tessuto normativo, di una norma attributiva di un potere autoritativo alla p.a., la quale si vede riconosciuto solo il compito di provvedere alla pubblicazione ufficiale dei protesti cambiari.

Nell’esercizio di tale funzione e, si potrebbe dire, al fine della corretta tenuta degli elenchi, la Camera di Commercio, deve delibare, nei tempi procedimentali prescritti dalla legge, le istanze dei privati volte alla cancellazione del proprio nome. Incombenza cui la p.a. provvede previo controllo formale dei requisiti di legge.

Per completezza, si deve rilevare che il potere di elaborare statistiche relative ai protesti per mancata accettazione, subordinato dall’art. 3 alla previa autorizzazione ministeriale, non si configura come un potere autoritativo, ma come una facoltà di utilizzo dei dati di per sé neutra ed inidonea ad incidere sulla sfera giuridica di alcuno.

A chiusura dell’indagine del testo normativo occorre attribuire il giusto peso alla disposizione del 4° comma dell’art. 4, ove il legislatore, esplicitamente ha statuito che in caso di reiezione dell'istanza o di mancata decisione sulla stessa, da parte del responsabile dirigente dell'ufficio protesti, l'interessato può ricorrere all'autorità giudiziaria ordinaria.

Ed allora se la legge attribuisce alla situazione soggettiva del privato il nomen juris di diritto, se nel testo normativo non è dato rinvenire alcuna norma attributiva di alcun potere autoritativo alla p.a., e se, conclusivamente, lo stesso legislatore affida al giudice ordinario la tutela della situazione giuridica soggettiva vantata dal privato, ne deve necessariamente conseguire l’affermazione della giurisdizione del giudice ordinario.

La definizione dei poteri del g.o. nei confronti della p.a.

Quanto al secondo punto, le Sezioni Unite, nella pronuncia in commento, precisano che la questione delle definizione dei poteri del giudice ordinario nei confronti della p.a. non attiene alla tematica del riparto di giurisdizione, ma al diverso profilo della limitazione interna dei poteri della giurisdizione ordinaria.

In altri termini, l’eccezione di violazione dell’art. 4 l.a.c., presuppone la soluzione della questione di giurisdizione in favore del giudice ordinario, non potendosi discorrere dei limiti al potere del g.o. in materie devolute alla cognizione esclusiva o generale di legittimità del g.a..

Le Sezioni Unite hanno gioco facile nel richiamare il noto principio costituzionale ritraibile dall’art. 113 Cost., a mente del quale la legge determina quali organi di giurisdizione possono annullare gli atti della pubblica amministrazione nei casi e con gli effetti previsti dalla legge stessa.

Risulta chiaro, allora, che non esiste alcuna riserva della tutela demolitoria dell’atto amministrativo in favore del g.a., perché, come affermato dalla Corte Costituzionale sin dagli anni ’70, il legislatore nel legittimo esercizio della propria discrezionalità può conferirlo anche al g.o..

Esempi di attuazione del principio sono non solo gli art. 18, 28 e 37 dello Statuto dei lavoratori e gli artt. 11,16 e 17 d.p.r. 1035/1972 sull’assegnazione e la revoca degli alloggi di edilizia residenziale pubblica, ma anche le norme in materia di iscrizione all’albo dei consulenti del lavoro previste dalla legge n. 12 del 1979, o ancora l’art. 23 della legge 689/1981 e, da ultimo, l’art. 152 del d.lgs. 196/2003.

La pronuncia delle S.U. trova un significativo precedente nella già citata decisione, sempre a sezioni unite, del 1989, quando venne affermato che l'autorità giudiziaria ordinaria, richiesta di ordinare la sospensione della pubblicazione di un protesto già elevato, sul bollettino della Camera di Commercio, ben possa esercitare poi i poteri di cognizione e di condanna, nonché i poteri cautelari previsti dall'art. 700 c.p.c. nelle ipotesi in cui sussista il fondato timore che durante il tempo occorrente per far valere in via ordinaria il diritto vantato, si verifichi un pregiudizio irreparabile.

Alla luce dei richiamati principi costituzionali, le Sezioni Unite dichiarano che la normativa dell’art. 2 della legge 235/2000, la quale ha attribuito al soggetto che ha provveduto al pagamento della cambiale o del vaglia cambiano protestati il diritto soggettivo pieno ed incondizionato ad ottenere il risultato della cancellazione, rientra tra quelle tassative ipotesi normative che attribuiscono al g.o. il potere di annullare atti amministrativi o comunque di sostituirsi all’amministrazione.

L’ipotesi di specie, peraltro non desta particolari perplessità trattandosi di attività amministrativa meramente materiale, priva di qualsiasi discrezionalità.

La definizione dei poteri istruttori del giudice nei giudizi impugnatori di provvedimenti amministrativi

L’ultimo punto affrontato in sentenza riguarda l’individuazione dei poteri istruttori spettanti al giudice nell’ambito dei giudizi di opposizione a provvedimenti amministrativi.

Le Sezioni Unite inserendosi in un solco giurisprudenziale ampiamente tracciato, ribadiscono che i giudizi di opposizione a provvedimenti amministrativi di competenza del g.o. differiscono dal modello del processo impugnatori tipico della giurisdizione generale di legittimità del giudice amministrativo, perché, mentre in quest’ultimo caso il Collegio rimane vincolato ai motivi di doglianza prospettati dal ricorrente, tali limitazioni alla cognizione non operano per il giudice ordinario, il quale può conoscere a tutto tondo il provvedimento impugnato al fine di giudicare della sua legittimità e può pertanto avvalersi dei poteri istruttori concessi dagli art. 420 e 421 c.p.c..

Tuttavia il giudice non può travalicare i confini segnati dal legislatore per l’accertamento del diritto azionato in giudizio.

Pertanto, ferma restando l’ampiezza dei poteri istruttori del giudice ordinario nei giudizi di opposizione a provvedimenti amministrativi, le Sezioni Unite chiariscono che quando il legislatore abbia subordinato il riconoscimento del diritto alla produzione di determinate prove, il giudice potrà sì utilizzare i suoi poteri ma solo per ricercare quelle prove specificatamente richieste dalla legge, mentre non potrà fondare il proprio convincimento su prove diverse da quelle normativamente tipizzate (Cass. Civ. n. 27140/2007; n. 5895/2007; n. 18190/2006 citate in sentenza).

Nel caso di specie, il legislatore ha prestabilito che il debitore debba produrre esclusivamente il titolo quietanzato e l’atto di protesto o la dichiarazione di rifiuto del pagamento.

In assenza di tale prova non sarà possibile per l’Autorità giudiziaria ricercare succedanei o surrogati per giungere al medesimo risultato probatorio, perché l’attività amministrativa è vincolata alla verifica sui descritti documenti ed il giudice non può essere autorizzato a riconoscere un diritto che sulla base della legge la p.a. comunque non potrebbe riconoscere.

Come si vede, quindi, l’oggetto del giudizio di opposizione si presta ad essere configurato come una ripetizione dell’esercizio dell’attività amministrativa non vincolata dai motivi di impugnazione bensì dalla stessa natura dell’azione amministrativa, nel senso che ne ripete i limiti.

In altri termini, il giudice ponendosi nella prospettiva dell’amministrazione dovrà controllarne la legittimità dell’azione alla luce dei limiti legali che essa incontrava e non potrà utilizzare in tale attività di giudizio altri mezzi se non quelli espressamente previsti dalla legge.