Le contestazioni relative alla pratica dell’anatocismo nei mutui e, in particolare, alla illegittimità del sistema di ammortamento definito “alla francese” hanno avuto un primo riconoscimento nella sentenza del Tribunale di Bari-sezione distaccata di Rutigliano che risale al 29.10.2008.
 

Per il momento, la cronaca giudiziaria ha registrato  solo  un’altra sentenza  di merito che pare ribadisca l’illegittimità della forma più diffusa e usata di ammortamento. Si tratta di una pronuncia resa dal Tribunale di Larino – sezione distaccata di Termoli – nel maggio scorso .
 

Come abbiamo avuto modo di osservare nelle precedenti riflessioni sul tema,  con riferimento ai mutui si  ritiene che l’anatocismo, cioè la maturazione di interessi su altri interessi ricorra, in primo luogo, nell’ambito del  calcolo degli interessi moratori che sono posti a carico del mutuante qualora paghi in ritardo le rate. Tali interessi, se calcolati sull’importo complessivo della rata, comprensivo di interessi e capitale, possono configurare una fattispecie di anatocismo. Va considerato che  a tal proposito la delibera CICR del febbraio 2000 ha stabilito che  “1. Nelle operazioni di finanziamento per le quali è previsto che il rimborso del prestito avvenga mediante il pagamento di rate con scadenze temporali predefinite, in caso di inadempimento del debitore l’importo complessivamente dovuto alla scadenza di ciascuna rata può, se contrattualmente stabilito, produrre interessi a decorrere dalla data di scadenza e sino al momento del pagamento. Su questi interessi non è consentita la capitalizzazione periodica”.
 

Pertanto nei mutui contratti a partire dal 1 luglio del 2000, laddove sia contrattualmente prevista la produzione di interessi di mora sull’intera rata scaduta, la forma di anatocismo finora descritta è legittima.
 

Tuttavia, si ritiene che la pratica anatocistica sia insita anche nel sistema di ammortamento alla francese applicato in mutui a tasso fisso con rata costante. L’anatocismo costituirebbe l’effetto dell’ errata applicazione del principio di matematica finanziaria dell’equivalenza dei tassi. Il mutuante, dunque, si troverebbe a pagare un tasso di interessi effettivo più elevato di quello pattuito in contratto. Ciò renderebbe indeterminato l’oggetto della clausola contrattuale che prevede il tasso di interesse che, dunque, come postulato dalla citata sentenza del Tribunale di Rutigliano, dovrebbe essere considerata nulla. In luogo del tasso contrattuale, quindi, si dovrebbe applicare il tasso legale.
 

Ebbene, la sentenza del Tribunale di Benevento n.1936  del 19 novembre 2012 ha esaminato  il caso di un mutuo con ammortamento rateale che prevede la maturazione di interessi corrispettivi a favore del creditore; le rate risultano articolate in una parte di capitale e una di interessi a scalare. Il giudice preliminarmente ha precisato che, come si è detto, di anatocismo in senso stretto si può parlare, eventualmente, solo con riferimento all’applicazione dei tassi moratori. Tuttavia, nel caso di specie,tale questione non era oggetto delle doglianze dell’attore.
 

Il Giudice ha affermato che non può essere condivisa la tesi secondo la quale l’ammortamento alla francese sarebbe da considerarsi illegittimo in quanto produttivo di anatocismo.  In tale sistema di ammortamento la rata costante si compone di una quota di interessi e una quota capitale. L’importo della rata costante dell’ammortamento è calcolato sulla base della somma  dovuta per capitale, del tasso di interesse e del numero delle rate, attraverso l’impiego del principio dell’interesse composto. Tale principio, secondo il Tribunale di Benevento, non determina alcun fenomeno anatocistico  in quanto gli interessi vengono calcolati unicamente sulla quota capitale via via decrescente e per il periodo corrispondente  a quello di ciascuna rata. Ogni rata determina il pagamento, unicamente, degli interessi dovuti per il periodo cui la rata stessa si riferisce, importo che viene, quindi, integralmente pagato con la rata, laddove la rimanente parte della quota serve ad abbattere il capitale. La quota di interessi di cui alla rata successiva è calcolata unicamente sulla residua quota di capitale, cioè sul capitale originario, detratto l’importo già pagato con la rata o le rate precedenti.
 

Ne consegue che, secondo il Tribunale di Benevento, anche laddove dalla perizia disposta dal giudice dovesse emergere una divergenza tra il tasso pattuito e quello applicato, tale fenomeno non costituirebbe una forma di anatocismo. Inoltre, nei mutui in cui siano espressamente indicati  e accettati mediante sottoscrizione l’importo mutuato, i periodi di pagamento, il numero complessivo delle rate costanti,  il tasso e il piano di ammortamento,  l’applicazione dell’interesse composto non può condurre ad una pronuncia di  nullità della clausola relativa agli interessi, per indeterminatezza dell’oggetto, ai sensi dell’art.1284 c.c.. In tal caso, infatti, il contraente non può lamentare la indeterminatezza del tasso in quanto, al  momento della stipula, sono resi disponibili e noti tutti gli elementi che consentono di comprendere i termini dell’operazione. Il Tribunale osserva che il mutuante, al limite, può agire ai sensi dell’art.1430 c.c. in materia di errore di calcolo. Certamente, non  può lamentare la nullità della clausola relativa agli interessi ed esigere l’applicazione del tasso legale.


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Alfonsina Biscardi 

Consulente per le attività degli studi legali