La crisi finanziaria in atto presenta in sé alcuni aspetti di novità.

Uno dei più rilevanti è forse la capacità di essere nata nel settore del credito e di aver prosciugato ogni risorsa ivi presente.

L'ulteriore importante connotato di novità del fenomeno indagato è stato anche la sua capacità di trasferirsi dal mercato americano a quello di altre nazioni.

Il settore del credito a cui si fa riferimento è quello ormai noto con il termine subprime, cioè quello concesso ad una categoria di debitori non perfettamente solvibili, non Prime  appunto.

A seguito del default di questo comparto del  mercato americano, si è generato un ampio fenomeno in grado di contagiare rapidamente anche i mercati del vecchio continente.

La c.d. crisi dei mutui subprime ha rivelato inoltre una  “innovativa” metodica non solo di operare nel settore creditizio, ma anche nel trasferimento dei rischi che da esso si generano.

Sono queste le premesse di una reazione a catena che forse per larga parte non era stata prevista.

I motivi di tale sottovalutazione del fenomeno sono da ricondurre alla assoluta fiducia nella capacità del mercato di riassorbire i propri “errori” .

L'impostazione che ha fatto da base al processo in esame è stata descritta come il passaggio da un regime di origine e detenzione del prestito ad un regime di origine e distribuzione del prestito.[1]

L'operatività di tale sistema è stata resa possibile attraverso un processo di cartolarizzazione che non solo ha avuto ripercussioni negative sul mercato creditizio ma anche su quello della intermediazione.

E' questa la causa da cui ha tratto origine una crisi dal volto nuovo e dagli effetti assolutamente imprevedibili.

Senza alcuno scopo o pretesa di completezza tentiamo di seguito di ripercorrere gli eventi che hanno generato la crisi dei mutui subprime americani.

La Federal Reserve intimorita dallo spettro di una recessione, inizia un progressivo taglio del costo del denaro, portando nel dicembre del 2001 il tasso di sconto all'1,13%.

La liquidità sul mercato americano aumenta e sono proprio gli istituti di credito ad essere il vettore della ripresa.

Il comparto immobiliare appare essere il settore su cui si concentrano i maggiori investimenti.[2]

Le famiglie americane vengono all'acquisto della casa, da sempre riconosciuto bene con valore intrinseco.

La via per realizzare questo nuovo sogno americano è il ricorso al credito divenuto ormai assolutamente  conveniente ed accessibile.

Tutto questo crea un notevole apprezzamento del mercato immobiliare che ha come conseguenza l'innalzamento dei prezzi degli immobili, distaccandoli spesso dal reale valore.[3]

E' l'inizio di quella che viene definita una bolla speculativa.

La novità, però, sta nel parallelo evento che si affianca a questo fenomeno.

Il mercato immobiliare, per sua natura, convince gli operatori del fatto che non subirà veri deprezzamenti.

Si percepisce, quindi, la possibilità di creare nuova liquidità proprio dal rialzo del valore delle case.

Ecco che si fa ricorso allo strumento della  cartolarizzazione, con il quale la finanza crea liquidità aggiuntiva.

La ricchezza aggiuntiva, creata dalla finanza, a sua volta incrementa ulteriormente la liquidità e di conseguenza l'accesso al credito.

Il processo di cartolarizzazione può essere  brevemente sintetizzato come un processo di parcellizzazione dei rischi che provengono dai mutui concessi, i quali vengono frammentati e più volte riuniti insieme ad altri prodotti finanziari più solidi e sicuri.

L'operazione di ingegneria finanziaria descritta sembrerebbe elidere ogni rischiosità, poiché non solo i mutui subprime sono garantiti dal valore dell'immobile, in continuo rialzo, ma i titoli emessi su tali prestiti vengono “miscelati” con altri titoli di maggiore solidità.

Occorre comprendere quale sia l'aspetto di tale processo che ha generato gli effetti oggi noti.

In primo luogo l'enorme apprezzamento che si è generato attorno al settore immobiliare ha permesso l'acquisto di case attraverso la sottoscrizione di muti anche a categorie di persone che non hanno mai avuto le risorse per poter accedere al credito.

Sono i Subprimer, quella clientela che presenta alcuni problemi legati alla solvibilità, cioè alla capacità di far fronte agli impegni debitori assunti.

In secondo luogo si era generata negli operatori una assoluta fiducia nell'incrollabile valore degli immobili.

Infine si è ritenuto che il mercato avesse la capacità di autoregolarsi ed essere cosi in grado di superare ogni tipologia di crisi.

Com è stato opportunamente evidenziato, il credito subprime ha avuto una duplice chiara funzione: per gli operatori quella di aprire un nuovo fronte di investimenti per la grande liquidità presente negli istituti permettendo di trarre profitto da un settore di clientela non ancora mai “utilizzato”.

Per la  clientela subprime, invece, è stato possibile accedere alla possibilità di acquistare un immobile, possibilità questa da sempre a loro  preclusa.[4]

Se tali premesse possono apparire semplici l'evoluzione che ha fatto seguito certamente presenta aspetti di maggiore complessità.

Si è infatti assistito allo stravolgimento dell'ordinario concetto di mutuo ipotecario.

Infatti in un mutuo per così dire tradizionale, la banca eroga il prestito accordandosi con il mutuatario per un pagamento a scadenze fissate di una rata di tipo complesso, contenente al suo interno una quota capitale e una quota interessi.

Il rapporto descritto muta radicalmente in un sistema di mutuo soggetto a cartolarizzazione, nel quale sono molti di  più i soggetti che vi prendono parte ed i passaggi che lo caratterizzano.

Questo sistema di credito presenta, inoltre, metodiche di selezione della clientela più permissive e meno efficienti.

Iniziamo col dire che il debitore prende contatto, spesso, con un broker, riducendo così al minimo il ruolo dell'istituto di credito erogante.

Conseguenza ovvia di questa peculiarità è la ulteriore riduzione della parametrazione del rischio legata al sottoscrittore mutuatario.

Ecco che si evidenzia da subito un primo errore .  L'attenuazione del calcolo del rischio unitamente alla indagine minima sulla capacità di solvibilità del sottoscrittore minima crea di per se un rischio per il sistema del credito.

Dopo la descritta fase preliminare e contratto quindi il mutuo con minime garanzie e minime analisi di rischio, la banca provvede a vendere tale credito ad altro operatore, il quale è un emittente che provvederà a sua volta a  trasformare  detto mutuo in una obbligazione, cartolarizzandolo.[5]

Ecco come viene trasferito un credito, attraverso successive parcellizzazioni, scomposizioni e riassemblamenti  con altri prodotti, che permettono poi al nuovo titolo generato di ricevere un rating alto, in virtù anche del valore dei titoli con cui viene fuso.

Ma colui che acquista il nuovo titolo così generato, composto in larga parte da mutui subprime, quanto conosce di tale operazione?

E' qui che nuovamente torna in primo piano il tema della fiducia.

L'investitore non può che affidarsi alle valutazioni che sono state operate dagli istituiti che valutano gli strumenti finanziari.

Elemento di valido aiuto per il sottoscrittore è la trasparenza che il titolo che gli viene proposto presenta.

In estrema sintesi per trasparenza si può intendere la possibilità per l'investitore di comprendere con chiarezza le rischiosità legate al titolo che andrà a sottoscrivere.

Così facendo esso si assumerà solo quei rischi  qche sono fisiologici all'investimento evitando ulteriori rischi occulti.

Titoli come le ABS (Asset Backed Securities) o i CDO (Collaterized Debt Obligation) certo non permettono alti livelli di trasparenza.

Sono questi i titoli con cui la nuova finanza ha diviso e riunito più volte il rischio insito nel comparto del credito subprime.

Questi veri e propri “contenitori” sono stati il mezzo con cui si creava nuove “scatole” in cui venivano riuniti vari rischi con lo scopo di diluirli unendo ad essi altri prodotti più sicuri.

Ciò, però, non rendeva possibile una armonizzazione efficace del pericolo.

Il resto è storia ormai nota.

La bolla immobiliare esplode, il valore delle case crolla e con esso la convenienza a continuare a pagare rate di mutuo, divenute nel frattempo sempre più onerose per via della mutata politica monetaria  ora orientata verso  un forte rialzo dei tassi.

E' in questa fase che si genera quell'aspetto psicologico e comportamentale che interesserà il settore immobiliare, dei titoli, della finanza e del credito: la paura.

Il rapido susseguirsi degli eventi descritti determina l'insorgenza di timori  legati alla possibilità di insolvenza dei mutui, con la possibilità di un contagio anche del settore finanziario, legato ad essi attraverso i titoli descritti.

E' il settore bancario quello che cede per primo, mostrando come le previsioni alla base delle scelte assunte non erano esatte.

Del resto è stato da sempre considerato utopico prevedere fattori che per loro natura sfuggono ad ogni prevedibilità.[6]

Da qui il timore che presto si stende su ogni settore del mercato, da quello degli immobili, dei titoli, sino alla finanza ed al credito.

Viene meno, quindi, la fiducia nel fatto che i crediti  concessi ai subprimer saranno onorati.

A ciò farà seguito una drastica contrazione del credito con gravi conseguenze sulla liquidità.

A tale stato di cose seguiranno fallimenti che a posteriori sono stati giudicati inevitabili e che interesseranno non solo il settore dell'impresa ma anche quello bancario, che come detto ha ceduto per primo ( ricordiamo il caso Lehman Brothers, una delle più importanti e storiche banche d'affari d'America).

Proprio l'interessamento del sistema bancario, avrà come conseguenza non solo l'interruzione del credito interbancario ma anche la diminuzione di prestiti alle famiglie.

Il fallimento della banca Lehman Brothers unitamente alla congiuntura degli effetti descritti determina quella che può essere definita una crisi perfetta.[7]

Quanto descritto riconduce nuovamente al tema della fiducia.

E' proprio la certezza che il sistema avrebbe da solo generato le condizioni per superare ogni possibile difficoltà, l'elemento che più di ogni altro ha impedito l'attuazione dei correttivi necessari.

Questa sicurezza, come ha osservato opportunamente Daron Acemoglu, si è basata sul fatto che “ potevamo essere certi che le grandi aziende con una storia  alle spalle si sarebbero auto controllate perchè avevano sufficiente  capitale reputazionale”[8]

Ma così non è stato.

I grandi istituti e le banche di affari si sono affidate al mercato e soprattutto ai nuovi strumenti finanziari su esso presenti.

Questi ultimi hanno permesso un ulteriore spostamento di rischio grazie a titoli come i C.D.S., che ben presto hanno dato vita ad una spinta speculativa.

E' forse l'espressione Too Big To Fail , l'espressione che sintetizza al meglio quanto sin qui detto.

Titolo di un fortunato film, che racconta i giorni ed i momenti precedenti al crollo della banca di affari Lehman Brothers, riassume perfettamente quell'affidamento risposto nelle grandi istituzioni americani, da sempre presenti e … “troppo grandi per fallire”.

La realtà, invece, ha mostrato altro.

La storica banca di affari nel 2008 viene raffigurata nell'immagine dei suoi operatori che ancora increduli escono con scatole in mano dalla sede.

Sono i licenziamenti, gli sguardi stupiti, l'incredulità per il fallimento la migliore rappresentazione della nuova crisi.

Le difficoltà si estenderanno presto ad altri istituti come Goldman Sachs, il colosso assicurativo A.I.G., che aveva garantito gli istituti contro il default dei subprime.

I risultati a cui si è giunti non erano certo inattesi.

Il settore dei mutui evidenziava già con chiarezza l'abuso di una rischiosità incontrollata.

Anche se di ciò erano tutti ormai consapevoli la macchina del trasferimento rischi era in piena corsa ed proprio il rischio si era già trasferito a soggetti completamente inconsapevoli.

La crisi nata sostanzialmente da comparto bancario del credito è riuscita, in breve tempo, a trasferirsi agilmente al settore finanziario e da questo a quello economico , divenendo così crisi di sistema.

Si parla di previsioni sbagliate e molti sferrano critiche aspre contro gli economisti.

Si parla sulla stampa di economisti “fuori  mercato[9], incapaci cioè di prevenire un crack  dovuto principalmente all'impotenza degli strumenti di analisi economica nonché ad un modello di finanza basato sul continuo aumento della leva finanziaria unitamente all'impiego di prodotti derivati.

Ciò non può che imporre una radicale rivalutazione del modello di sviluppo basato su iperconsumi e credito, poiché il default del sistema è oggi  chiaramente visibile.

Si tratta di errate previsioni,(che come detto operano comunque nel “settore dell'”imprevedibile”) quindi, oppure del tentativo di lasciare al mercato la definizione di regole?

Nessuno prende in considerazione l'enorme distacco che viene a crearsi dinanzi ad una economia che chiaramente è più orientata alla finanza anziché alla produzione.

Conseguenza logica di una simile impostazione non è eliminare le regole ma anzi porre in essere regole più efficaci .

E' stata evidenziata, infatti, la necessità che regole non efficaci siano sostituite con altre più incisive e capaci di dare disciplina al mercato, per sua natura instabile.[10]

La nuova necessità che oggi si percepisce è il bisogno  di ridurre la sproporzione che si è venuta a creare proprio tra economia produttiva e finanziaria.

Ciò al solo scopo di evitare che quest'ultima diventi “un gigantesco parassita speculativo la cui mira è soltanto fare i soldi”.[11]

Sono, allora, le regole il viatico per veder ricreato un corretto rapporto tra mercati e operatori e tra clienti e banche.

Attraverso queste sarà possibile tornare ad un rapporto  tra credito e impresa improntato alla cooperazione, permettendo anche ai mercati di tornare ad operare non in antagonismo ma nell'interesse degli investitori.

Attraverso queste considerazioni si apre una visione  secondo cui “ il capitalismo finanziario dal volto  umano richiede regole scritte pensando agli interessi  degli utenti finali, non a quelli  della finanza in se stessa”[12]

Da qui la possibile ricostruzione del rapporto di fiducia verso l'intero sistema.

Ma questa prima soluzione non risolve alla radice il problema.

Lo shock che gli eventi descritti hanno prodotto nel settore finanziario non può essere riassorbito dalle sole regole.

E' forse necessario un ripensamento dell'intero approccio al rischio, sia  di natura creditizia che finanziaria, affinché questo si fondi non più su generalizzate presunzioni, ma abbia invece quale suo precipuo obiettivo quello di porre rimedio o scongiurare prevedibili insolvenze.


 


[1]                R. Cornetta, Crisi dei mutui subprime e copertura assicurativa  per le azioni di danni contro gli intermediari, in Danno e Responsabilità n.7, 2008, 821.

[2]              F. Colombini, A. Calabrò, Crisi globale e finanza innovativa, Utet, 2009 Milano, pag 14 e ss .

[3]              V. D'Apice, G. Ferri, L'instabilità  finanziaria: dalla Crisi asiatica ai Mutui subprime, Carocci, 2009, Roma pag. 68 e ss .

[4]              R. Cornetta, op.cit.

[5]              Sul punto vedi : N.V. Palmieri Finanza strutturata e fiducia tradita. I gatti e le volpi, Cedam, 2008, e R. Cornetta, op. cita. Nota 11 p. 823 .

[6]              Sul tema si rinvia all'opera di J.K. Galbraith “ L'economia della truffa” , Bur 2004 Milano.

[7]              G. Ruffolo, S. Sylos Labini, “ Il capitalismo tra le onde del debito” in Affari e finanza del 05.12.2011.

[8]              Daron acemoglu, “quando gli economisti sbagliano” in www.lavoce.info , 30.01.2009.

[9]              Il sole 24 ore , pag. 16 del 26 novembre 2008 “ quegli economisti fuori mercato “  di R. Viale.

[10]            G. Sartori, Le previsioni fallite, in Il Corriere della Sera, 16,10,2008 n. 246.

[11]            G. Sartori, Quei soldi maledetti, in Il Corriere della sera , 25.10.2010.

[12]            M. Onado, Le Regole? Sono il pettine  per sciogliere i nodi, in Il sole 24 ore del 20.05.2009, nel quale articolo si espone un abstract del libro I nodi al pettine. La crisi finanziaria e le regole non scritte, di M. Onado , Laterza ediz. .