PARERE

IN FATTO: con riferimento alla determinazione n. …, (proposta n. … del … novembre 2010 determina n. …), con la quale, previa relazione negativa del settore U.O. Risorse Umane a firma della dott.ssa … (prot. n. …, del … novembre 2010), si è escluso dalla partecipazione alla selezione per la copertura del posto di istruttore direttivo tecnico – catg. D/1, da assegnare al settore Sviluppo ed Investimento, l’. ... ..., esclusione, motivata dal mancato possesso del requisito di cui all’art. 1, let. A, del bando di mobilità, perché dipendente dell’Agroinvest S.p.A., società di capitali che non rientra tra i soggetti individuati quali soggetti appartenenti alla P.A. nei confronti dei quali, secondo il regolamento di mobilità comunale approvato con delibera di G.M. n. … del 7 … 2010, si applica l’istituto della mobilità volontaria.

Il quesito proposto allo scrivente concerne la validità o meno di una istanza di riesame, diretta alla revoca in autotutela del provvedimento negativo di esclusione, relativamente ad una rinnovata istruttoria sulla scorta di ulteriori documenti, al fine di evidenziare l’assunto erroneo determinato dal difetto di istruttoria.

Ricostruzione FATTUALE E normativa

a) Documentazione esaminata

- Regolamento di organizzazione esperimento delle procedure di mobilità (delibera di G.C. del 7 … 2010, n. …);

- Avviso di mobilità volontaria del Comune di ... (determina n. … del 20 … 2010), di emanazione del bando;

- Determinazione di esclusione n. …, del 18 … 2010, (prot. denominato proposta n. … del 18 … 2010, n. …);

- Relazione del settore U.O. Risorse Umane a firma della dott.ssa ... … (prot. n. …, del 18 … 2010);

- Accordo di programma, inerente la realizzazione del P.I.P. comprensoriale denominato “Taurana” del 31 maggio 2004;

- Domanda di ammissione di essere ammesso a partecipare all’avviso di mobilità per le categorie giuridiche D/1, relativa all’area tecnica settore Sviluppo ed Investimenti;

- Normativa di riferimento;

§§§§§§§§§§§§§§§

b)     Considerazioni fattuali.

Il Comune di … con determina n. … del 20….2010, provvedeva all’emanazione del bando di mobilità, approvando l’allegato avviso di domanda, il tutto secondo l’art. 30, co. 2 bis del d. lgs. 165/01. Pubblicava altresì l’avviso di mobilità volontaria, in cui erano precisati i requisiti per tale mobilità. L’. ... ... presentava, richiesta per la copertura del posto di istruttore direttivo tecnico, categ. D/1, da assegnare al settore Sviluppo ed Investimento, possedendo la qualifica di funzionario – quadro di direzione di Agro Invest S.p.A.

L’amministrazione, previo parere negativo del responsabile del procedimento, settore U.O. Risorse Umane, esclude il volontario con la seguente motivazione: “… escludere … perché dipendente dell’Agro Invest S.p.A., società di capitali che non rientra tra i soggetti individuati quali soggetti appartenenti alla P.A. nei confronti dei quali, secondo il regolamento di mobilità di cui alla delibera di G.C. n. … del 7….2010, si applica l’istituto della mobilità volontaria”.

La motivazione è affetta da una motivazione illogica e contraddittoria anche sotto il profilo dell’eccesso di potere per difetto d’istruttoria.

Sia il bando che l’avviso di mobilità pubblicati recitano che sono ammessi a partecipare i lavoratori che sono in servizio con rapporto a tempo indeterminato presso le Pubbliche Amministrazioni del comparto unico del pubblico impiego regionale e locale e loro consorzi e associazioni.

L’. ... ... possiede tutti i requisiti del bando e poiché proviene da una società a partecipazione pubblica del comparto pubblico locale può essere considerato idoneo a partecipare alla selezione per la copertura del posto di istruttore direttivo tecnico, categ. D/1, da assegnare al settore Sviluppo ed Investimento.

IN DIRITTO.

c)             Ricostruzione teorico normativa applicabile.

Dalla documentazione richiamata si desume che il provvedimento di esclusione è affetto da una carenza di istruttoria in ordine ai requisiti sia oggettivi (mobilità esterna) che soggettivi (di funzioni).

Per meglio comprendere la fattispecie sottoposta all’esame, è utile un exursus normativo di riferimento, prendendo le mosse dalla novellata riforma del d.lgs. 165/2001, e collegarsi al fil rouge della complicata materia.

Per comodità di esposizione, possiamo definire come mobilità esterna, quella che comprende gli istituti in forza del quale l’impiegato pubblico finisce per rendere la propria prestazione a favore di una Pubblica Amministrazione diversa da quella di origine (vicenda che non necessariamente è la conseguenza della sostituzione di una Amministrazione ad un’altra come parte del rapporto) e per mobilità interna, quella in cui ciò che muta è solamente il luogo di esecuzione della prestazione lavorativa, non anche il soggetto che riceve la prestazione.

Nel d .Lgs. 30 marzo 2001, n. 165 si rinviene unicamente la normativa in materia di mobilità esterna, nonostante che la mobilità sia una delle materie sulle quali il d. lgs. n. 80 del 1998 ha maggiormente inciso. Nella precedente versione della riforma, la mobilità era caratterizzata dal sovrapporsi di testi normativi anche di diverso livello non coordinati tra loro e che, soprattutto, avevano finito per delineare procedure estremamente macchinose e, proprio per tale motivo, probabilmente inattuabili. Si trattava degli originari artt. 30, 32, 33, 34 e 35 d. lgs. n. 29, dell’art. 3, commi 47-52, l. 24 dicembre 1993, n. 537, dell’art. 22, l. 23 dicembre 1994, n. 724, dal d.p.c.m. 16 settembre 1994, n. 716, dal d.m. 27 febbraio 1995, n. 112, espressamente abrogati dall’art. 43, del d. lgs. n. 80 (in ordine ai quali ci si permette di rinviare a SORDI, Piante organiche e mobilità, in Quad. dir. lav. rel. ind., n. 16, 1995, 79, nonché a MAINARDI-MISCIONE, La mobilità, in CARINCI, a cura di, Il lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni. Commentario, I, Milano, 1995, 572).

Volendo fornire un quadro generale e di sintesi dei vari istituti si può dire che il legislatore ha contemplato una prima ipotesi di passaggio, per così dire, “volontario”, cioè su domanda del dipendente interessato, tanto all’interno dello stesso comparto quanto tra comparti diversi (art. 30 d. lgs. 30 marzo 2001, n. 165, precedente art. 33, d. lgs. n. 29, così come sostituito dall’art. 18 d. lgs. n. 80 e poi ulteriormente modificato dall’art. 20, co. 2, l. 23 dicembre 1999, n. 488), tralasciando la seconda, la terza e una quarta ipotesi, perché inconferenti al caso di specie.

Doveroso precisare che, l’applicazione di tale normativa generale soffre di due sole eccezioni.

Una è contemplata dallo stesso d. lgs. n. 165 che, all’art. 70 comma XI, stabilisce che le disposizioni in materia di mobilità di cui agli artt. 30 e seguenti non si applicano al Corpo Nazionale dei Vigili del fuoco.

L’altra eccezione è prevista, invece, dall’art. 39, co. 7. l. 27 dicembre 1997, n. 449, che stabilisce la possibilità di regolare il passaggio, in ambito regionale, del personale dalle Amministrazioni dello Stato al servizio ispettivo delle Direzioni regionali e provinciali del Ministero del lavoro e della previdenza sociale “anche in deroga alla normativa vigente in materia di mobilità volontaria o concordata”.

Dal tenore letterale delle norme emerge ictu oculi l’applicabilità della stessa ai funzionari di altri enti.

Fatta tale premessa, appare chiaro che per l’attuazione del passaggio previsto dalla normativa da un’amministrazione all’altra è dunque necessario il consenso di tutte le parti interessate: il lavoratore che formula l’istanza, l’amministrazione di destinazione che decide di coprire il posto con un lavoratore esterno, e quella di provenienza che presta il proprio consenso, tale consenso al passaggio, come si vedrà in seguito, è necessario anche per le società partecipate che non svolgono funzioni in regime di concorrenza nel mercato.

Se si aggiunge che, almeno quando la vicenda si attua tra amministrazioni appartenenti allo stesso comparto, analoga rimarrà la disciplina del rapporto che continuerà a rimanere soggetto allo stesso contratto collettivo (anche se non possono escludersi variazioni dovute alla normativa particolare propria di ciascuno dei due soggetti pubblici coinvolti), risulta evidente che la fattispecie presenta notevoli affinità con quella della cessione del contratto (Conforme Tribunale di Parma, 11 agosto 1999, Pres. Est. Ferraù, M. c. Comune di Roccabianca; PICONE, pag., 44).

La menzionata dottrina, pur riconoscendo che l’art. 30 co. I, affida formalmente l’iniziativa del passaggio alla domanda di trasferimento del dipendente interessato diretta all’amministrazione ad quem, mostra di superare la difficoltà evidenziando come l’iniziativa sostanziale possa essere assunta anche da una delle due amministrazioni.

Possiamo trarre alcuni principi relativi alla predetta mobilità da un Ente a partecipazione pubblica quale la STU a quella di un Ente Pubblico dal coordinamento di alcuni degli artt. dello stesso d. lgs 165/01. 

Già l’originario art. 62 del d. lgs. n. 29 del 1993 stabiliva l’applicazione dell’art. 2112 c.c. in materia di trasferimento d’azienda al caso del passaggio di dipendenti di enti pubblici e delle aziende municipalizzate o consortili, a società private per effetto di norme di legge, di regolamento o convenzione che attribuissero alle stesse società le funzioni esercitate dai citati enti pubblici ed aziende. La norma è stata abrogata dall’art. 43 del d. lgs. n. 80 del 1998, che a sua volta, con l’art. 19, ha sostituito il precedente art. 34, d. lgs. n. 29, (ora divenuto art. 31, d. lgs. n. 165 del 2001) ed ha disposto che, nel caso di trasferimento o conferimento di attività, svolte da pubbliche amministrazioni, enti pubblici o loro aziende o strutture, ad altri soggetti, pubblici o privati, al personale che passa alle dipendenze di tali soggetti si applicano l’art. 2112 c.c. e si osservano le procedure di cui all’art. 47, commi da 1 a 4, della l. 29 dicembre 1990, n. 428.

Dal trasferimento di attività si evince, come accennato, un primo passo verso il passaggio di un attività da un soggetto pubblico ad uno privato, fattispecie contemplata dall’art. 31, ove si deve riconoscere che le espressioni utilizzate dal legislatore sono estremamente generiche, manifestandosi così in maniera evidente l’intento di comprendere, in generale, qualsiasi modalità attraverso la quale si realizza il passaggio di un’attività da un soggetto pubblico ad un altro, sia pubblico che privato. E’, questo, un rilevante tratto di diversità rispetto alla disciplina precedentemente contenuta nell’art. 62 d. lgs. n. 29 il quale precisava che esso si applicava alle attribuzioni di funzioni (a) da enti pubblici o aziende municipalizzate o consortili (b) a società private (c) per effetto di norme di legge, regolamento o convenzione.

Ora divengono significative le differenze in ordine alle categorie di soggetti interessati dalla vicenda traslativa, anche dal punto di vista della stessa mobilità di personale c.d. esterna, proveniente da una società quale quella di Trasformazione Urbana come Agroinvest S.P.A., società a partecipazione pubblica per oltre il 90%.

Non v’è più ragione di dubitare dell’inclusione del riferimento “pubbliche amministrazioni “ e poi quello a “loro aziende o strutture” rendendo chiaro che la disciplina si applica al trasferimento o conferimento di attività svolte da qualsiasi soggetto pubblico, e per di più è stata tratta l’ulteriore conseguenza secondo cui la sfera di operatività del d.lgs. 165/01, comprenderebbe non solo l’area del pubblico impiego, ma anche quella dei rapporti di lavoro alle dipendenze di enti pubblici economici e di aziende di enti pubblici (PICONE, Commento all’art. 19, in VITELLO, a cura di, La riforma della pubblica amministrazione, in Gazz. giur. Giuffrè Italia Oggi, suppl. al n. 29, 1998, 48).

La sostituzione del riferimento alle aziende municipalizzate e consortili con quello alle “aziende e strutture” degli enti pubblici ha la conseguenza di includere nell’ambito di applicazione della norma tutte le aziende che, a mente dell’art. 23 della l. n. 142 del 1990 e dell’art. 4 l. n. 95 del 1995 hanno rapporto di strumentalità con l’ente locale per l’esercizio di servizi di rilevanza economica (art. 22, lett. c), l. n. 142 del 1990), pur godendo di personalità giuridica, autonomia imprenditoriale e statutaria (MAINARDI, op. cit., 985).

Ancora più vasto risulta l’ampliamento del novero dei soggetti investiti delle attività oggetto del trasferimento perché si passa dalle “società private” ad “altri soggetti pubblici o privati”, senza alcuna limitazione.

In conclusione, la norma si applica a qualsiasi trasferimento di attività, indipendentemente dallo strumento prescelto per la sua attuazione, dal tipo del soggetto pubblico cedente e, dalla natura del soggetto (pubblico o privato) cessionario.

La motivazione posta alla base dell’esclusione dell’ing. ... trae origine da una errata qualificazione giuridica dell’Agro Invest S.P.A., considerandolo cioè, un soggetto privato e basta.

La domanda di mobilità posta dal soggetto escluso è fuor di dubbio legittima.

Infatti le STU, sono state introdotte nel nostro ordinamento dall'art. 17, 59° co., legge n. 127/1997, il quale testualmente prevedeva che “Le città metropolitane e i comuni, anche con la partecipazione della provincia e della regione, possono costituire società per azioni per progettare e realizzare interventi di trasformazione urbana, in attuazione degli strumenti urbanistici vigenti. A tal fine le deliberazioni dovranno in ogni caso prevedere che gli azionisti privati delle società per azione siano scelti tramite procedura di evidenza pubblica”.

“Le società di trasformazione urbana provvedono alla preventiva acquisizione delle aree interessate dall'intervento, alla trasformazione e alla commercializzazione delle stesse. Le acquisizioni possono avvenire consensualmente o tramite ricorso alle procedure di esproprio da parte del comune.

Le aree interessate dall'intervento di trasformazione sono individuate con delibera del consiglio comunale. L'individuazione delle aree di intervento equivale a dichiarazione di pubblica utilità, anche per le aree non interessate da opere pubbliche. Le aree di proprietà degli enti locali interessate dagli interventi possono essere attribuite alla società a titolo di concessione.

I rapporti tra gli enti locali azionisti e la società per azioni di trasformazione urbana sono disciplinati da una convenzione contenente, a pena di nullità, gli obblighi e i diritti delle parti”.

Al riguardo, non va taciuto che la prassi di alcuni Comuni italiani aveva già sperimentato forme di tali società, evidentemente nascenti dal modello societario tipizzato e delineato dall'art. 23, 3° co., lett. e), legge n. 142/1990.

Il testo della norma suindicata è rimasto immutato anche a seguito della formulazione dell'art. 120 d.lg. 18-8-2000, n. 267, recante il testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari sugli enti locali, ed avente specificatamente ad oggetto le STU.

Da ultimo, l'art. 44 della recente l. 1-8-2002, n. 166, ha innovato in modo rilevante il quadro normativo, introducendo, in luogo del termine «aree», previsto dal richiamato d.lg. n. 267/2000, quello di «immobili».

Il quadro delle disposizioni normative si completa con le diverse leggi regionali, che, direttamente o indirettamente, si sono occupate delle STU. In proposito, il loro esame seguirà quello delle richiamate norme statali, le quali, in quanto tali, costituiscono il punto di riferimento e di partenza al tempo stesso, nonché i principi fondamentali ai quali i legislatori regionali sono tenuti ad uniformarsi nell'esercizio della funzione legislativa concorrente a loro attribuita.

Tale panorama è arricchito da alcune norme che, pur non introducendo alcuna disciplina cogente in relazione alle STU, contribuiscono a promuovere e a dare attuazione a tale figura.
I caratteri della STU tra servizio pubblico e interventi di pubblica utilità, sono desunti da una parte della dottrina, la quale muove dalla constatazione dell'inclusione della disciplina delle STU, di cui all'art. 120 cit., all'interno del titolo V (servizi e interventi pubblici locali) del d.lg. n. 267/2000, e, dunque, dall'accostamento delle STU alle altre ipotesi di società a partecipazione pubblica.

In esse convivono la funzione pubblica del governo delle trasformazioni urbane ed urbanistiche (deliberate dal Consiglio comunale) — in quanto tale non delegabile alla società — la promozione di interventi di pubblica utilità, comprensiva della realizzazione di opere pubbliche.

Gli assi portanti della società sono chiari: la funzione di indirizzo politico-programmatico, che conduce alla individuazione degli obiettivi generali, spetta comunque sempre agli enti locali promotori della STU; parimenti all'ente locale spetta l'esercizio della funzione della pianificazione (o, il che è lo stesso, della risistemazione) urbanistica del tessuto urbano individuato; la società, una volta costituita, governa la realizzazione degli interventi, i quali possono prevedere trasformazioni urbanistiche, costruzione di opere pubbliche e di pubblica utilità, commercializzazione e gestione di quanto realizzato.

È sulla base di queste coordinate che può sostenersi la possibile compresenza, all'interno della vita della STU, di attività e di interventi pubblici per «la produzione di beni ed attività rivolte a realizzare fini sociali e a promuovere lo sviluppo economico e civile delle comunità locali.

Sostenere, invece, che le STU siano servizio pubblico, porta ad una conclusione inaccettabile: nel senso riduttivo della parola; mentre se si parte dal significato che la STU rappresenta uno dei diversi strumenti per l'esercizio della funzione pubblica e dell'urbanistica (rectius del governo del territorio), come specificato anche nell'art. 112 d.lg. n. 267/2000, che definisce i caratteri del servizio pubblico locale, l'intera funzione della pianificazione urbanistica, comprende dunque, anche il servizio pubblico svolto dalla STU, il che appare aderente al proprium della disciplina e del contenuto del delle norme richiamate.

In tal caso ci si può riferire all’art 113, del d. lgs. n. 267/2000, intitolato: “Gestione delle reti ed erogazione dei servizi pubblici locali di rilevanza economica.

1. Le disposizioni del presente articolo che disciplinano le modalità di gestione ed affidamento dei servizi pubblici locali concernono la tutela della concorrenza e sono inderogabili ed integrative delle discipline di settore. Restano ferme le altre disposizioni di settore e quelle di attuazione di specifiche normative comunitarie….

1-bis. Le disposizioni del presente articolo non si applicano al settore del trasporto pubblico locale che resta disciplinato dal decreto legislativo 19 novembre 1997, n. 422, e successive modificazioni.

2. Gli enti locali non possono cedere la proprietà degli impianti, delle reti e delle altre dotazioni destinati all'esercizio dei servizi pubblici di cui al comma 1, salvo quanto stabilito dal comma 13.

2-bis. ...

3. Le discipline di settore stabiliscono i casi nei quali l'attività di gestione delle reti e degli impianti destinati alla produzione dei servizi pubblici locali di cui al comma 1 può essere separata da quella di erogazione degli stessi. È, in ogni caso, garantito l'accesso alle reti a tutti i soggetti legittimati all'erogazione dei relativi servizi.

4. Qualora sia separata dall'attività di erogazione dei servizi, per la gestione delle reti, degli impianti e delle altre dotazioni patrimoniali gli enti locali, anche in forma associata, si avvalgono:

a) di soggetti allo scopo costituiti, nella forma di società di capitali con la partecipazione totalitaria di capitale pubblico cui può essere affidata direttamente tale attività, a condizione che gli enti pubblici titolari del capitale sociale esercitino sulla società un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi e che la società realizzi la parte più importante della propria attività con l'ente o gli enti pubblici che la controllano”.

Orbene, nel caso ad esempio dell’attuazione del PIP denominato Taurana, Agro Invest S.p.A. attraverso la convenzione datata 21 febbraio 2006, rep. n° 861 i Comuni di Angri, Sant’Egidio del Monte Albino, San Marzano sul Sarno hanno disciplinato gli obblighi ed i diritti tra Agro Invest S.p.A., ed hanno stabilito un effetto, ovvero, i Comuni hanno affidato alla Agro Invest S.p.A. il compito di attuare il Piano di insediamenti Produttivi Comprensoriale Taurana, compreso la realizzazione delle opere pubbliche necessarie, nonché delegato Agro Invest a procedere all’esproprio, ovvero se possibile, alla acquisizione bonaria dei suoli individuati, alla realizzazione delle opere di urbanizzazione del PIP ed incaricato la medesima Agro Invest spa all’assegnazione dei lotti industriali alle imprese interessate, “BOLLETTINO UFFICIALE della REGIONE CAMPANIA n. 63 del 19 ottobre 2009 PARTE II Atti dello Stato e di altri Enti”, inoltre, ai sensi dell’art. 3.6 e dell’art. 3.7 della innanzi richiamata convenzione rep. n. 861 del 21.02.2006 i Comuni indicati in oggetto hanno espressamente delegato Agro Invest spa a svolgere tutte le attività amministrative e tecniche connesse all’espropriazione per pubblica utilità dei terreni costituenti il P.I.P., riservandosi comunque l’attività di controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi.

Trattasi quindi, di trasferimento di funzioni amministrative per evidente compimento di attività, qualificabili come interventi pubblici e come servizio pubblico, il controllo che gli enti esercitano su di esso, arricchisce il quadro della disciplina concretamente applicabile alle STU, non da ultimo, l'insieme delle normative in materia di appalto di lavori pubblici e di servizi, di attuazione delle relative direttive comunitarie.

Quanto finora detto trova del resto conferma nell'esame della disciplina contenuta nell'art. 120 t.u.e.l. Infatti, lo statuto e l’atto costitutivo di Agro Invest, stabiliscono il tipo di affidamento conferito dai comuni consorziati:

“ART. 1, DENOMINAZIONE.

È costituita una società per azioni denominata Agro Invest società mista di trasformazione urbana, a prevalente capitale pubblico, promossa ai sensi dell’art. 17 comma 59, della legge 25 maggio 1997 n. 127, nonché art. 22, co. 3, lett. e), della legge 142/90.

…omissis

Non si può quindi dubitare della natura di detta società come società del comparto pubblico locale o azienda di un Ente pubblico, come definito dall'art. 1, d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165, e non come definizione sic et simpliciter di società “ente di diritto privato”, con la conseguente giuridica possibilità di considerarla per converso parte di un rapporto di pubblico impiego proprio perché costituita da pubbliche amministrazioni nel senso sopra definito di comparto pubblico locale.

Ulteriore differenziazione la si ricava soprattutto dalla disciplina della concorrenza di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, ovvero, per stare ad un es. la società Ferrovie dello Stato S.p.A. è un soggetto giuridico che non rientra nella nozione dell’art. 30, co. 2, d. lgs. 165/01, poiché anche essendo a partecipazione pubblica per la maggior parte del capitale, può essere considerato soggetto che può produrre concorrenza, per la produzione di beni e servizi strumentali all'attività di tale ente in funzione delle sue attività relative a lavoro, servizio o fornitura, con altre società o associarsi a società collegate in regime di concorrenza con ulteriori aziende, con possibilità di alterare il mercato.

Così non può essere per una società di trasformazione urbana il cui scopo è quello di dare attuazione a funzioni amministrative, un piano di espropri, agli interventi ricostruttivi, i quali possono prevedere trasformazioni urbanistiche, costruzione di opere pubbliche e di pubblica utilità senza possibilità di alterare il mercato della concorrenza.

Così l’art. 13. Norme per la riduzione dei costi degli apparati pubblici regionali e locali e a tutela della concorrenza.

1.              Al fine di evitare alterazioni o distorsioni della concorrenza e del mercato e di assicurare la parità degli operatori nel territorio nazionale, le società, a capitale interamente pubblico o misto, costituite o partecipate dalle amministrazioni pubbliche regionali e locali per la produzione di beni e servizi strumentali all'attività di tali enti in funzione della loro attività, omissis …

devono operare con gli enti costituenti o partecipanti o affidanti, omissis …

 e non possono partecipare ad altre società o enti aventi sede nel territorio nazionale.

Precipuo è il divieto legislativo di operare per altri soggetti pubblici o privati. L’Agro Invest oltre ad attuare ed esercitare funzioni amministrative opera esclusivamente per gli enti pubblici costituenti e per le società partecipanti e non altro.

LA GIURISPRUDENZA

Il riferimento alle "amministrazione pubbliche locali", contenuto nell'art. 13 del D.L. 4 luglio 2006, n. 223, deve ritenersi volto a ricomprendere le attività poste in essere dalla generalità delle amministrazioni pubbliche che perseguono il soddisfacimento di interessi pubblici locali. La predetta disposizione opera pertanto nei confronti di tutti i soggetti contemplati dall'art. 1, comma 2, del D.Lgs. n. 165/2001 (già D.Lgs. n. 29/1993), ivi comprese le società costitute o partecipate (Cons. Stato, Sez. III, 25/09/2007, n. 322).

La mobilità volontaria prevista dall'art. 30 d.lg. 3 febbraio 1993 n. 29, come modificato da ultimo dall'art. 16 l. 28 novembre 2005 n. 246, integra una modificazione soggettiva del rapporto di lavoro, con il consenso di tutte le parti, e quindi una cessione del contratto, per cui è illegittima la pretesa di un nuovo patto di prova nell'Amministrazione di destinazione, ove il patto di prova sia stato già superato nell'Amministrazione di provenienza (Cassazione civile, sez. un., 12 dicembre 2006, n. 26420).

La disciplina normativa di principio, racchiusa nel decreto legislativo n. 165 del 2001, impone la necessità del titolo di studio della laurea per l’accesso alla dirigenza, ma non stabilisce affatto che il titolo debba essere omogeneo ed unitario, per ciascuno dei posti di dirigente messi a concorso (Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, 19 febbraio 2008, n. 2096).

Così regolamentata, la Giurisprudenza ha ricondotto la procedura di mobilità nell’ambito dello schema della cessione del contratto. Pacifica è, comunque, la necessità del concorso della volontà (oltre che del lavoratore che avanza la richiesta) di entrambe le pubbliche amministrazioni coinvolte.  

L'art. 30, comma 2-bis, d. lgs. n. 165 del 2001 introduce un duplice obbligo a carico delle pubbliche amministrazioni: necessità del preventivo esperimento della procedura di mobilità rispetto ad ogni altra procedura concorsuale ai fini della copertura di posti vacanti in pianta organica; immissione in ruolo, in via prioritaria, di dipendenti provenienti da altre amministrazioni, con inquadramento nell'area funzionale e nella posizione economica corrispondente a quella posseduta presso le amministrazioni di provenienza (Tribunale Bari, 24 maggio 2007).  

Ai sensi dell'articolo 68, comma 1, del D.Lgs. n. 29/1993 nel testo sostituito dall'articolo 29 del D.Lgs. n. 80/1998, come integrato dal successivo articolo 18 del D.Lgs. n. 387/1998, ora articolo 63 del D.Lgs. n. 165/2001, spettano al giudice ordinario, in funzione di giudice del lavoro, tutte le controversie relative ai rapporti di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2. Assumendo, il conferimento di incarico dirigenziale, natura negoziale di diritto privato, lo stesso ricade nella disciplina appena riferita (Cassazione civile, sez. lav., 03 novembre 2006 n. 23549; T.A.R. Lazio Roma, Sez. III quater, 17/05/2007, n. 4580).

Ai sensi del comma 2 bis dell'art. 30 d.lg. n. 165 del 2001, introdotto dal comma 1 quater dell'art. 5 d.l. 31 gennaio 2005 n. 7, conv. in l. n. 43 del 2005, le amministrazioni pubbliche, per la copertura dei posti vacanti nella pianta organica, devono preventivamente attivare le procedure di mobilità, e solo successivamente, nel caso di infruttuosità delle stesse, possono procedere all'espletamento delle procedure concorsuali (T.A.R. Campania Napoli, sez. V, 18 ottobre 2006, n. 8616).

I rapporti per i dipendenti della comunità montana le cui funzioni sono svolte dai comuni in forma associata, devono subire l'applicazione della disciplina relativa all'articolo 30 del d.lgs. 165/2001 (Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Quinta Sezione nella sentenza 10 febbraio 2009, n. 3774).

Essendo le Comunità Montane espressamente ricomprese all'interno delle amministrazioni pubbliche elencate dall'art. 1, comma 2, del D.Lgs. n. 165/2001, la controversia relativa all'assunzione al lavoro di operai forestali da parte di una Comunità Montana, non rientra tra le eccezioni previste dal comma 4° dell'art. 63 ed esula, quindi, dalla giurisdizione del Giudice amministrativo, appartenendo alla cognizione dell'Autorità giudiziaria ordinaria (Cons. Stato, Sez. V, 05/09/2006, n. 5143).

La regola per cui il passaggio da un datore di lavoro all'altro comporta l'inserimento del dipendente in una diversa realtà organizzativa e in un mutato contesto di regole normative e retributive, con l'applicazione del trattamento in atto presso il nuovo datore di lavoro (art. 2112 c.c.), è confermata, per i dipendenti pubblici, dall'art. 30 del d.lg. n. 165 del 2001 il quale, nel testo attuale (come modificato dall'art. 16, comma 1 della legge n. 246 del 2005, con efficacia interpretativa del testo precedente), riconduce il passaggio diretto di personale da amministrazioni diverse alla fattispecie della "cessione del contratto" (art. 1406 c.c.) e stabilisce, altresì, la regola generale dell'applicazione del trattamento giuridico ed economico, compreso quello accessorio, previsto nei contratti collettivi nel comparto dell'amministrazione cessionaria (principio affermato dalla S.C. in controversia, promossa da dipendenti postali transitati all'Agenzia delle dogane, concernente la ricomprensione, nel trattamento economico dovuto dall'amministrazione di destinazione, della retribuzione individuale di anzianità, Ria, nell'ammontare raggiunto presso l'ente di provenienza, nonché il pagamento dell'intero importo dell'indennità di amministrazione, senza tenere conto dell'analoga indennità prevista per i dipendenti delle finanze (Cassazione civile, sez. lav., 13 settembre 2006, n. 19564).

d) Provvedimenti di secondo grado e funzione amministrativa. L’autotutela.

La P.A. ben può modificare in autotutela il provvedimento di esclusione.

La validità del provvedimento di secondo grado, come di ogni altro provvedimento amministrativo, dipende dal corretto perseguimento dell’interesse pubblico per il quale e` attribuito il potere. E` ciò che la giurisprudenza ha sempre indicato, affermando che l’illegittimità e l’inopportunità di un provvedimento non bastano a giustificarne il ritiro, essendo necessario che sussista anche un distinto interesse alla eliminazione dei suoi effetti. E` per questo che viene spesso affermata la natura discrezionale di questi atti: la loro emanazione richiede, da un lato, la ponderazione dei vari interessi coinvolti, compreso quello all’eliminazione dell’eventuale vizio e quello che l’amministrazione o altri soggetti abbiano alla conservazione degli effetti prodotti; dall’altro, la scelta tra il mantenimento, l’eliminazione e la modifica degli effetti del provvedimento.

In un caso (Cons. St., sez. V, 3 giugno 1996, n. 621, in Foro amm., 1996, p. 1869), la giurisprudenza, facendo riferimento alla discrezionalità che e` alla base dei provvedimenti di autotutela, ha ammesso la possibilità che, in luogo della loro adozione, vengano presi in considerazione gli accordi sostitutivi di provvedimento, ai sensi dell’art. 11, l. 241/90. In tal senso incide la volontà delle parti o consenso alla mobilità degli enti e del lavoratore.

Infine, per rimuovere gli effetti di un provvedimento, annullandolo o revocandolo, occorre lo stesso procedimento necessario per l’adozione del provvedimento sui cui effetti si vuole intervenire  (Cons. St., sez. V, 10 maggio 1929, n. 270, in Foro amm., 1929, I, c. 209; Cons. St., sez. VI, 14 dicembre 1959, n. 577, ivi, 1959, I, c. 1307; Cons. St., sez. IV, 15 febbraio 1961, n. 103, ivi, 1961, I, p).

A questo riguardo, la giurisprudenza enuncia che per il ritiro di un provvedimento emanato in assenza di un presupposto non occorre la ripetizione dell’intero procedimento (Cons. reg. sic., 9 maggio 1984 n. 56, in Cons. St., 1984, I, p. 627). In realtà, il procedimento necessario per l’adozione dell’atto di autotutela non dipende dal provvedimento precedente, ma dal potere che si vuole esercitare (In giurisprudenza si v. per es. Cons. St., sez. V, 19 gennaio 1935, n. 21, in Foro amm., 1935, I, c. 85).

Nelle suesposte considerazioni è il parere.

                                                                                                     Avv. Luigi Ferrara