La legge 203 del 3 maggio 1982 contiene alcune disposizioni di tipo processuale che riguardano il cosiddetto processo agrario.

Il legislatore ha ritenuto opportuno inserire una norma, l’articolo 46 della legge, che stabilisce la necessità di un preventivo tentativo di conciliazione da esperirsi prima di intraprendere una causa civile in materia agraria.

Infatti, colui che intende proporre in giudizio una domanda relativa ad una controversia in materia di contratti agrari, è tenuto a darne preventiva comunicazione, mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento, all’altra parte e all’Ispettorato agrario competente per territorio.

A tale proposito si deve precisare che non essendovi alcun riferimento nel testo della legge 203 alla competenza del Giudice, la competenza per territorio è quella propria dell’Ispettorato agrario per cui il tentativo di conciliazione deve essere proposto davanti all’Ispettorato agrario nella cui provincia è posto il fondo oggetto della controversia.

La circostanza non è irrilevante solo che si osservi come non sempre il territorio della provincia coincide con il circondario del Tribunale e che quindi non sempre il Tribunale da adire per l’azione giudiziaria è lo stesso che ha competenza sul luogo in cui ha sede l’Ispettorato provinciale dell’Agricoltura.

Il capo dell’Ispettorato, entro venti giorni dalla comunicazione, convoca le parti ed i rappresentanti delle associazioni professionali di categoria per esperire il tentativo di conciliazione della vertenza.

Se la conciliazione riesce, viene redatto processo verbale sottoscritto da entrambe le parti, dai rappresentanti delle associazioni di categoria e dal funzionario dell’Ispettorato.

Se la conciliazione non riesce, si forma egualmente processo verbale, nel quale vengono precisate le posizioni delle parti.

Nel caso in cui il tentativo di conciliazione non si esaurisca nel termine di sessanta giorni decorrenti dalla comunicazione con cui una parte ha iniziato la procedura, ciascuna delle parti è libera di adire l’autorità giudiziaria competente.

Lo scopo del legislatore, con l’introduzione di un obbligatorio tentativo di conciliazione, è stato quello di ridurre il contenzioso in materia agraria.

L’esperienza dell’istituto della conciliazione ha dimostrato come la procedura non contenziosa possa, perlomeno in alcuni casi, evitare il ricorso all’autorità giudiziaria.

Ilmancato esperimento di tale incombente è stato sanzionato dalla costante giurisprudenza formatasi sul punto configurandolo quale presupposto dell’ammissibilità della domanda giudiziale, con la conseguenza che l’azione promossa senza averlo esperito deve essere dichiarata improponibile o comunque improcedibile da parte della competente sezione specializzata agraria del Tribunale.

A sostegno di tale interpretazione deve sottolinearsi come l’articolo 58 della legge 203 stabilisce che tutte le norme della legge hanno carattere inderogabile e quindi non sia possibile, neppure in presenza di una concorde volontà di tutte le parti coinvolte, evitare tale incombente pre- processuale.

Il Giudice ha un potere di rilevare ex officio il mancato esperimento del tentativo di conciliazione, senza che sia necessaria una apposita eccezione in tal senso da parte del soggetto resistente. Neppure è possibile esperire il tentativo di conciliazione nel corso del processo previa una eventuale sua sospensione perché il Tribunale non potrebbe, d’ufficio, sanare il difetto di un presupposto del processo.

La funzione del tentativo di conciliazione è, quindi, quella di fungere da filtro con rigore,  pur senza impedire alla parte l’accesso alla giurisdizione.

Il tentativo di conciliazione richiede, affinchè possa essere esperito efficacemente, la presenza non soltanto della parte interessata, ma anche del rappresentante dell’organizzazione professionale della categoria economica cui appartiene la stessa parte.

E’ perciò necessario che nella comunicazione che viene inviata all’Ispettorato agrario sia indicata l’organizzazione professionale da cui la parte intende essere assistita.

La necessità della presenza dei rappresentanti di categoria va giustificata con la particolare importanza che il legislatore ha inteso conferire alla procedura e all’intervento delle organizzazioni professionali il cui ruolo estremamente rilevante è sottolineato non soltanto da questa disposizione, ma anche dall’intervento nella stipulazione delle convenzioni in deroga, ai sensi dell’articolo 45 della legge sui contratti agrari, che conferiscono loro un potere ed una funzione determinanti e ciò non soltanto in relazione agli interessi rappresentati dai rispettivi associati, ma in una diversa ottica in cui le organizzazioni professionali assolvono una funzione sociale al fine di moderare il ricorso alle liti.

Una volta ricevuta la richiesta di convocazione l’Ispettorato Agrario ha l’onere di convocare avanti a sé le parti entro il termine di venti giorni; questo termine, per costante giurisprudenza, non è perentorio, ma soltanto ordinatorio e pertanto il suo mancato rispetto non provoca alcuna conseguenza.

Qualora l’esito del tentativo di conciliazione sia positivo e le parti raggiungano un accordo verrà redatto un apposito processo verbale. Come si è detto è necessaria la sottoscrizione dello stesso non soltanto dalle parti interessate, ma anche dei rispettivi rappresentanti delle organizzazioni professionali agricole di appartenenza oltre che del funzionario dell’Ispettorato che ha esperito il procedimento.

Si è discusso se il verbale di conciliazione possa avere valore di titolo esecutivo, ma la risposta non può che essere negativa in quanto si tratta sostanzialmente di un atto privato redatto alla presenza di un pubblico funzionario, ma non di un atto pubblico redatto dalla pubblica amministrazione.

Se una delle parti che avessero sottoscritto un verbale di conciliazione violasse gli accordi convenuti, l’altra parte che volesse ottenerne l’attuazione, sarà costretta ad adire la sezione specializzata agraria attraverso un processo ordinario che conferirà il valore di titolo esecutivo al verbale.

Qualora, al contrario, la conciliazione non riesca, viene ugualmente formato un processo verbale che riporta le posizioni precisate dalle parti nel corso del tentativo di conciliazione.

Non è oziosa questa notazione atteso che per la procedibilità della domanda giudiziaria non è sufficiente la mera identità soggettiva delle parti, ma occorre anche che vi sia coincidenza tra l’oggetto del tentativo di conciliazione e la successiva domanda giudiziale.

In difetto di tale corrispondenza la domanda potrebbe essere oggetto di una pronuncia di improcedibilità in quanto non vi sarebbe corrispondenza tra petitum e causa petendi oggetto del tentativo di conciliazione e quelle oggetto dell’azione giurisdizionale.

Un ulteriore tipo di problema riguarda la necessità di esperimento obbligatorio del tentativo di conciliazione per qualsiasi tipo di azione giurisdizionale.

La risposta è sostanzialmente positiva con eccezione dei provvedimenti cautelari e dei ricorsi in tema di istruzione preventiva per i quali non pare possa richiedersi, a pena di improponibilità della domanda, lo svolgimento della procedura prevista dall’art.46 della legge 203/1982, attesa la natura di tali azioni giudiziali.