Nelle controversie agrarie si applica il rito del processo del lavoro, introdotto con la legge 11 agosto 1973 n°533 che ha sostituito il titolo IV del libro secondo del codice di procedura civile, introducendo gli articoli dal 409 al 441.

L’aspetto processuale delle cause agrarie è disciplinato da tali articoli in forza dell’espresso richiamo formulato dall’art.47 della legge 203 del 3 maggio 1982.

Le due norme vanno coordinate tra di loro atteso che, se è vero che nelle controversie agrarie viene utilizzato il rito del lavoro, è parimenti vero che la competenza spetta alle sezioni specializzate agrarie.

Come è noto, originariamente le cause del lavoro erano trattate dal Pretore, giudice monocratico, e anche attualmente, con l’abolizione della figura pretorile, vengano trattate dal giudice unico.

Le sezioni specializzate agrarie, al contrario, prevedono non soltanto la composizione collegiale, ma anche la presenza di due esperti in materia agraria.

Come si vede vi è una notevole differenza tra la composizione del rito ordinario delle cause di lavoro rispetto alla composizione delle sezioni agrarie.

Le controversie agrarie, pertanto, dopo che sia stato esperito l’obbligatorio tentativo di conciliazione, secondo quanto previsto dall’art.46 della legge 203 del 3 maggio 1982, devono essere introdotte con ricorso e non con citazione, seguendo, appunto, il rito del lavoro e non quello del processo di cognizione ordinario.

Il contenuto del ricorso, secondo quanto prevede l’art.414 del codice di procedura civile con riferimento alla forma della domanda non presenta grandi particolarità: va tenuto presente, però, che vigendo il rito del lavoro, il ricorrente deve indicare specificamente nell’atto introduttivo del giudizio i mezzi di prova di cui intende avvalersi ed i documenti che offre in comunicazione e ciò a pena di decadenza.

Una tale sanzione, infatti, pur essendo prevista letteralmente soltanto dall’art.416 del codice di procedura civile a carico del resistente, non può che riferirsi anche al ricorrente anche se l’art, 414 n°5 del codice di procedura civile non ne fa menzione.

Una volta che il ricorso sia stato depositato nella Cancelleria della Sezione specializzata agraria del Tribunale competente per territorio, il Presidente della sezione fissa l’udienza di discussione della causa, nomina il giudice relatore e incarica il ricorrente di provvedere alla notifica del ricorso e del decreto di fissazione di udienza steso in calce al ricorso medesimo alla controparte.

I termini previsti tra il deposito del ricorso e la discussione della causa, fissati in un massimo di sessanta giorni, non sono perentori, come pure non è perentorio il termine di dieci giorni stabilito dall’art. 415 IV°comma, a carico dell’attore per la notifica al convenuto del ricorso e del decreto.

Ciò significa che il ricorrente, trattandosi di termine ordinatorio, il cui mancato rispetto non è sanzionato, deve limitarsi a rispettare il termine di trenta giorni previsto tra la data della notificazione e quello fissato per la discussione della causa secondo quanto stabilisce l’articolo 415 V° comma del codice di procedura civile.

La parte evocata in giudizio, sempre secondo le norme del rito del lavoro, ha l’onere di costituirsi in giudizio almeno dieci giorni prima dell’udienza come fissata dal decreto del Presidente della sezione specializzata agraria, depositando in Cancelleria una memoria difensiva.

Con questa memoria il convenuto, oltre a prendere posizione in maniera precisa e non limitata ad una generica contestazione circa i fatti affermati dall’attore a fondamento della domanda e ad indicare specificatamente i mezzi di prova di cui intende avvalersi, deve proporre le eventuali domande riconvenzionali; in tal caso deve chiedere al Giudice che, modificando il precedente decreto di fissazione di udienza, fissi avanti alla sezione specializzata agraria una nuova udienza di discussione. L’ufficio provvederà, poi, alla notifica al ricorrente della nuova data di udienza.

Va osservato che, qualora venga formulata una domanda riconvenzionale da parte del resistente, la stessa sarà procedibile soltanto qualora sia stato esperito, con riferimento a tale domanda, l’obbligatorio tentativo di conciliazione ai sensi dell’art.46 della legge 203 del 3 maggio 1982 avanti all’Ispettorato agrario.

Non è quindi possibile utilizzare l’esperimento del tentativo di conciliazione formulato dal ricorrente come condizione di procedibilità della domanda giudiziale del resistente che, in mancanza, dovrà limitarsi a chiedere il rigetto della domanda, ma non potrà svolgere una azione autonoma.

Come è noto il rito del lavoro prevede, ai sensi dell’art.420 del codice di procedura civile, che si svolga la discussione della causa; ciò implica la possibilità che la causa venga immediatamente decisa successivamente alla discussione orale cui le parti vengono invitate dal Presidente della sezione specializzata agraria.

Ciò avviene, naturalmente, qualora non sia necessaria una istruttoria della causa con l’acquisizione di prove testimoniali che nel caso verranno ammesse con una apposita ordinanza con rinvio ad una successiva udienza per il loro espletamento.

L’emandanda sentenza, anche prima della riforma del processo civile ordinario, che ha stabilito la esecutività di tutte le sentenze di primo grado, stabiliva non soltanto l’immediata esecutività della pronuncia, ma anche, secondo quanto dispone l’articolo 431 II° comma del codice di procedura civile, che si possa procedere alla esecuzione della sentenza con la sola copia del dispositivo in pendenza del termine per il deposito della sentenza.

Si tratta di una disposizione importante soprattutto in relazione all’art.47 II° comma della legge 203 del 3 maggio 1982 che stabilisce che il rilascio del fondo a seguito di giudizio può avvenire solo al termine dell’annata agraria durante la quale è stata emessa sentenza esecutiva.

Anche in relazione all’eventuale giudizio di appello contro le sentenze emesse in primo grado devono essere seguite le norme previste dal rito del lavoro; l’appello andrà quindi proposto, anche in questo caso, con ricorso, che andrà depositato nella Cancelleria della sezione specializzata agraria della Corte d’Appello competente per territorio.

Il termine per l’appello, quindi, sarà rispettato non tenendo conto della data di notifica del provvedimento di fissazione d’udienza, ma facendo riferimento al momento del deposito del ricorso d’appello.