La legge 203 del 3 maggio 1982 “Norme sui contratti agrari” ha previsto un regime derogatorio alle norme vigenti in materia di contratti agrari contenute nella stessa legge.

L’articolo 45 della legge 203/1982 ha sostituito l’ultimo comma dell’art.23 della legge 11 febbraio 1971 n°11 stabilendo che sono validi tra le parti, anche in deroga alle vigenti norme in materia di contratti agrari, gli accordi, anche non aventi natura transattiva, stipulati tra le parti stesse in materia di contratti agrari con l’assistenza delle rispettive organizzazioni agricole maggiormente rappresentative a livello nazionale, tramite le loro organizzazioni provinciali, e le transazioni stipulate davanti al giudice competente. Nelle provincie di Trento e di Bolzano l’assistenza può essere anche prestata dalle organizzazioni professionali provinciali.

Il legislatore, introducendo una norma di tal tipo, ha inteso rendere maggiormente applicabile la legge inserendo una pluralità di soluzioni che vanno al di là del formale dato normativo.

Lo scopo evidente è stato quello di “riaprire” il mercato della terra concessa per utilizzo agricolo.

Al fine di evitare situazioni di arbitrio la legge ha inserito quella che si potrebbe definire come “mediazione sindacale” delle organizzazioni professionali maggiormente rappresentative affidando alle stesse la rappresentanza di precisi interessi.

Almeno su un piano teorico le organizzazioni professionali dovrebbero essere portatrici di interessi di natura collettiva che si dovrebbero affiancare agli interessi dei singoli soggetti dalle stesse organizzazioni assistiti.

A tale proposito la normativa ha stabilito, all’ultimo comma dell’art.45 della legge 203/1982, che le organizzazioni professionali possono stipulare accordi collettivi in materia di contratti agrari.

E’ possibile che l’intendimento del legislatore fosse quello di indirizzare le organizzazioni professionali agricole a stipulare accordi simili a quelli dei contratti di lavoro, anche se, in questo caso, manca il presupposto del rapporto di lavoro subordinato; se questo era l’intendimento non si può dire che sia stato recepito.

Sono stati effettivamente stipulati, verso la fine degli anni 80, alcuni accordi di massima in sede provinciale tra le organizzazioni professionali, ma gli stessi non hanno mai assunto una valenza vincolante in quanto l’assistenza alla stipula ad accordi in deroga, da parte delle organizzazioni professionali agricole, è stata prestata anche in circostanze in cui i contenuti pattizi tra le parti si discostavano significativamente da quanto pattuito in linea generale.

Nella prassi instauratasi successivamente alla entrata in vigore della legge 203/1982, dopo che sono andati progressivamente a scadere i contratti in essere, secondo quanto previsto dall’art.2 delle normativa, la gran parte dei nuovi contratti agrari stipulati sono stati redatti sulla base della facoltà derogatoria alla disciplina legislativa prevista dall’art.45.

Le norme della legge 203, infatti, prevedono spazi assai angusti  per la libertà contrattuale delle parti, in particolare per quanto concerne il soggetto che concedeva in affitto il proprio terreno, sia per quanto riguarda il canone di affitto che doveva essere calcolato secondo le norme previste dagli artt.8-9-13-14, sia per la durata del rapporto di affitto stabilita in quindici anni, sia per il regime dei miglioramenti fondiari.

Il canone calcolato secondo le disposizioni normative risultava quasi sempre significativamente  inferiore al canone di libero mercato per cui la parte proprietaria otteneva una rendita poco remunerativa dalla concessione in affitto ed ovviamente rinunciava ad affittare il proprio fondo, preferendo spesso affidarsi ad una coltivazione “in proprio” poco adeguata economicamente, spesso avvalendosi dell’opera di contoterzisti, ma di maggiore soddisfazione economica.

La durata del rapporto di affitto di 15 anni, inoltre, era vista con notevole sfavore dalla parte proprietaria, atteso il lungo periodo del vincolo, nonché l’esistenza di istituti come il diritto di prelazione in caso di vendita del fondo che riducevano la disponibilità  del bene da parte del proprietario e rendevano economicamente poco interessante un legame contrattuale di quindici anni.

E’ evidente che un uso indiscriminato della possibilità prevista dall’art.45 della legge 203/1982 può consentire al proprietario poteri quasi illimitati in ordine al contenuto dei contratti agrari; da ciò deriva l’importanza dell’intervento di assistenza delle organizzazioni professionali che non possono e non devono limitarsi a controfirmare accordi già predisposti, ma devono fornire una assistenza effettiva ai propri associati.

E’ quindi fondamentale l’intervento delle organizzazioni professionali che devono svolgere una funzione di contemperamento degli interessi economici coinvolti.

La legge, peraltro, ha inteso agevolare la conclusione di accordi che avessero caratteristiche differenti da quelle di base, al fine di favorire l’istituto dell’affitto agrario che la sussistenza di una normativa caratterizzata da eccessivi aspetti vincolistici avrebbe inevitabilmente affossato.
La libertà concessa alle parti in materia di accordi in deroga non si limita ai soli aspetti del canone di affitto, della durata del rapporto ed al regime dei miglioramenti, ma può riguardare tutti gli aspetti del contratto.

L’unica esclusione prevista concerne il divieto di stipulare contratti di mezzadria, colonia parziaria e compartecipazione agraria, tranne quelli stagionali e di soccida.

E’ inoltre vietata la corresponsione di somme a titolo di buona entrata.