Il diritto di prelazione  anche al coltivatore diretto proprietario di terreni confinanti con fondi offerti in vendita, purchè sugli stessi non siano insediati mezzadri, coloni, affittuari, compartecipanti od enfiteuti coltivatori diretti.
Come è noto la legge 590 del 1965 ha introdotto l’istituto della prelazione agraria del coltivatore diretto nel caso di vendita del fondo condotto in affitto.

Lo scopo della norma era quello di consolidare la proprietà del fondo con l’imprenditore agricolo.

Il legislatore è intervenuto successivamente con la legge 14 agosto 1971 n°817 recante disposizioni per il rifinanziamento delle provvidenze per lo sviluppo della proprietà coltivatrice, inserendo, all’art.7, una disposizione che concede il diritto di prelazione anche al coltivatore diretto proprietario di terreni confinanti con fondi offerti in vendita, purchè sugli stessi non siano insediati mezzadri, coloni, affittuari, compartecipanti od enfiteuti coltivatori diretti.

La ratio di questa disposizione è parzialmente differente da quella che aveva ispirato l’introduzione del diritto di prelazione per il coltivatore diretto affittuale.

Infatti, nell’ipotesi del diritto di prelazione del confinante, l’obiettivo è quello di evitare la eccessiva frammentazione fondiaria, favorendo l’accorpamento dei fondi in modo che vengano a costituire unità produttive economicamente più efficienti.

La politica agricola del primo dopoguerra, favorendo il piccolo coltivatore diretto, aveva inevitabilmente portato ad una realtà di fondi di piccole dimensioni; ci si è accorti, successivamente, anche in relazione alla integrazione economica europea, della necessità, per poter competere sul mercato, di favorire l’accorpamento di unità produttive di piccole dimensioni in modo da aumentare la superficie media dei fondi coltivati che, tuttora, specialmente nel nord Italia, risulta significativamente inferiore alla media europea.

La disposizione dell’art.7. della legge 817/1971, che introduce il diritto di prelazione a favore del coltivatore diretto confinante con il fondo offerto in vendita, deve essere coordinata con il disposto dell’art.8 della legge 26 maggio 1965 n°590 cui espressamente rimanda.
Alla luce di ciò il diritto di prelazione, ovvero il succedaneo diritto di riscatto, spettano al confinante qualora ricorrano tutte le condizioni previste dalla legge 590/1965 e, pertanto, la qualifica di coltivatore diretto, la coltivazione biennale dei terreni agricoli confinanti di sua proprietà, il possesso della forza lavorativa adeguata e il non avere effettuato vendite di fondi rustici nel biennio precedente l’azione di riscatto.

La sussistenza di tali requisiti, che costituiscono condizioni dell’azione, deve essere accertata dal Giudice d’ufficio.

L’espressione terreno confinante ha impegnato sia gli interpreti sia la giurisprudenza che si è più volte pronunciata sul punto e l’interpretazione più condivisibile è quella maggiormente restrittiva.

Il diritto di prelazione che, non va dimenticato, integra una limitazione della circolazione della proprietà agricola e dell’autonomia negoziale delle parti, spetta, perciò, al coltivatore diretto proprietario del terreno confinante solo nel caso di fondi confinanti in senso giuridicamente proprio, ovvero caratterizzati da contiguità fisica e materiale, per contatto reciproco lungo la comune linea di demarcazione, sia essa meramente ideale, ovvero materializzata con muri, siepi, recinzioni o altri segnali; pertanto non può trovare accoglimento la diversa interpretazione della cosiddetta contiguità funzionale tra fondi materialmente separati, ma idonei ad essere accorpati in una unica azienda agraria.

I sostenitori di questa tesi  ritenevano doversi tenere conto dello scopo pratico che la normativa sul diritto di prelazione si prefigge, e cioè l’accorpamento di terreni agricoli in una prospettiva di ricomposizione fondiaria, per cui la contiguità materiale non andrebbe intesa in senso letterale, ma con una portata più ampia.

Si tratta, ad esempio, dell’ipotesi in cui i due fondi siano separati da una strada, ancorché si tratti di strada vicinale.

In quest’ultimo caso, nonostante le opposte opinioni dei sostenitori della tesi della contiguità funzionale, dovrà negarsi l’esercizio del diritto di prelazione proprio per la mancanza del requisito oggettivo richiesto dalla legge e cioè la contiguità tra i fondi.

La valutazione relativamente alla contiguità tra due fondi dovrà essere fatta sulla base delle risultanze catastali.

Il diritto di prelazione del confinante, inoltre, giusto il disposto dell’art.7 della legge 817/1971, è condizionato dalla circostanza che il fondo offerto in vendita sia libero da insediamenti.

La legge ha usato l’espressione “insediati” ed è toccato all’interprete ed alla giurisprudenza affrontare il problema concernente la durata dell’insediamento al fine di verificare la sussistenza della condizione ostativa al sorgere del diritto di prelazione.

Secondo le pronunce giudiziali non è necessario che l’insediamento abbia una durata minima, da rapportarsi al biennio previsto per il riconoscimento del diritto di prelazione in favore di mezzadri, coloni, affittuari, compartecipanti coltivatori diretti, essendo sufficiente che abbia una natura non precaria, bensì stabile e sia contrassegnata dalla coltivazione diretta del fondo in base ad un titolo giustificativo, senza altri requisiti particolari.

L’insediamento di affittuario coltivatore diretto sul fondo oggetto di vendita costituisce una situazione ostativa al diritto di prelazione del proprietario confinante in quanto diretta a tutelare la conservazione dell’impresa agricola dell’affittuario, tutela che prevale rispetto al conglobamento di fondi limitrofi.

Un notevole problema, in materia di diritto di prelazione del proprietario confinante, era quello costituito dal caso, frequente praticamente, di una pluralità di confinanti.

La giurisprudenza aveva esplicitato il principio secondo cui, verificandosi la circostanza di una pluralità di soggetti confinanti coltivatori diretti, il diritto veniva attribuito, dall’autorità giudiziaria, al soggetto che, indipendentemente dalla superficie posseduta dimostrasse la maggiore attitudine a concretare le finalità perseguite dalla legge attraverso la realizzazione di una unità produttiva più efficiente delle altre da un punto di vista tecnico ed economico.

Il decreto legislativo 18 maggio 2001 n°228 “Orientamento e modernizzazione del settore agricolo, a norma dell’art.7 della legge 5 marzo 2001 n°57”, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n°137 de 15 giugno 2001, ha espressamente risolto la vexata quaestio stabilendo, all’art.7., che ai fini dell’esercizio del diritto di prelazione o di riscatto di cui rispettivamente all’articolo 8 della legge 26 maggio 1965 n°590 e successive modificazioni, e dell’articolo 7 della legge 14 agosto 1971 n°817, in caso di più soggetti confinanti, si intendono, quali criteri preferenziali, nell’ordine, la presenza come partecipi nelle rispettive imprese di coltivatori diretti ed imprenditori agricoli a titolo principale di età compresa tra i 18 e i 40 anni o in cooperative di conduzione associata dei terreni, il numero di essi nonché il possesso da parte degli stessi di conoscenze e competenze adeguate ai sensi del regolamento CE n°1257/99 del Consiglio del 19 maggio 1999.