Questione da sempre spinosa e' rappresentata dai dubbi circa l'applicazione delle indennità spettanti all' agente/rappresentante all'atto della cessazione del rapporto di agenzia .Il più importante intervento in materia e' avvenuto ad opera della Corte di Giustizia Europea con Sentenza 23/03/2006, n. causa C-465/04 ove viene affermato che l'indennità di cessazione del rapporto che risulta dall'applicazione dell'art. 17, n. 2, della Direttiva del Consiglio della Comunità Europea del 18 dicembre 1986 num 653 non può essere sostituita, in applicazione dell'accordo economico collettivo, da un'indennità determinata secondo parametri diversi da quelli fissati da tale direttiva a meno che non venga provato che l'applicazione dell'accordo garantisca comunque all'agente un trattamento che preveda la corresponsione di un'indennità pari o superiore a quella che risulterebbe dall'applicazione del dettame comunitario.
La Corte di Cassazione, al fine di adeguarsi a tale disposizione ha affermato con sentenza 3 ottobre 2006 n. 21309, , che l'art. 1751 cod. civ. possa essere derogato dalla contrattazione collettiva ma solo nel senso più favorevole all'agente e che la comparazione tra le disposizioni legali e quelle contrattuali deve essere effettuata con riferimento al singolo caso concreto e quindi ex post, quindi una volta cessato il rapporto.L'art. 1751 cod. civ. deve essere interpretato nel senso che il giudice deve sempre applicare la normativa che assicuri all'agente, alla luce delle vicende del rapporto concluso, il trattamento economico più favorevole ,ergo il risultato migliore. I presupposti per la corresponsione dell'indennità per la cessazione dei rapporti di agenzia sono contenuti nell'art. 1751 cod. civ., al cui interno e' stabilito che Casa Mandante sia tenuta a corrispondere all'agente l'indennità a condizione che ricorrano tali presupposti:
l'agente abbia procurato nuovi clienti, o abbia sensibilmente sviluppato gli affari con i clienti esistenti, e il preponente riceva ancora vantaggi dagli affari con tali clienti;
l'indennità sia stabilita in misura equa, tenuto conto delle provvigioni che l'agente perde a seguito dell'interruzione del rapporto.
L'indennità per la cessazione del rapporto non è, però, dovuta per l'art. 1751 comma 2 cod. civ.nel caso in cui:
la risoluzione del rapporto ad opera del preponente sia avvenuta per fatto imputabile all'agente che non consenta la prosecuzione,seppur provvisoria ,del rapporto;
l'agente receda dal contratto, tranne le ipotesi casi di recesso dipeso da circostanze attribuibili al prepotente .
Per la quantificazione dell'indennità, in base al 3° comma dell'art. 1751 cod. civ., l'importo totale dell'indennità non potrà superare quello di un'indennità annua calcolata in base alla media delle retribuzioni riscosse dall'agente negli ultimi cinque anni o, se il contratto risale a meno di cinque anni, nel periodo di vigenza dello stesso.
Altra fonte per la disciplina dell'indennità è costituita dagli accordi economici collettivi: Accordi Economico Collettivo 30.7.2014 per il settore Industria e l'Accordo Economico Collettivo del febbraio 2009 per il settore Commercio).
Gli accordi prevedono la suddivisione dell'indennità in tre categorie :
l'indennità di risoluzione del rapporto, corrisposta dall'ENASARCO in base alle quote accantonate dal preponente presso il c.d. "FIRR" (Fondo Indennità Risoluzione Rapporto), dovuta all'agente anche se non ci sia stato da parte sua alcun incremento dalla clientela e/o dal fatturato;
l'indennità suppletiva di clientela, corrisposta dal preponente in caso di cessazione del rapporto per causa non imputabile all'agente;
l'indennità "meritocratica", aggiuntiva rispetto alle precedenti, corrisposta dal preponente nel caso in cui l'agente abbia incrementato gli affari con i clienti esistenti(i presupposti sin li medesimo dell'art 1751c.c.


                                                                            avv. Maria Rosaria Pace

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