Espropri P.I.P.: legittimi i pagamenti richiesti agli acquirenti
T.A.R. Salerno Campania, sez. I, 24 ottobre 2012, n. 1933.
Avv. Giuseppe Spanò
di Parma, PR
Letto 704 volte dal 23/11/2012
La controversia esaminata dal T.A.R. Campania e decisa con sentenza del 24 ottobre 2012 n. 1933 verte sulla sussistenza o meno dell'obbligo, da parte dei ricorrenti, assegnatari di suoli rientranti in un'area P.I.P., del pagamento della maggiore indennità di esproprio liquidata dalla Corte d'Appello di Salerno, in favore degli ex proprietari dell'area espropriata. In particolare i ricorrenti contestano al Comune la mancanza di comportamento corretto nel procedimento di esproprio e di conseguenza "il tentativo di far ricadere sugli acquirenti dei vari lotti dell'area P.I.P. le proprie omissioni ed errori". Al riguardo il T.A.R. con la sentenza in commento analizza i diversi punti critici della questione sottoposta alla sua attenzione. Innanzitutto la controversia appartiene alla giurisdizione esclusiva del G.A.
Nel merito, la pretesa dei ricorrenti, a sottrarsi al pagamento delle maggiori somme dovute per l'esproprio delle aree comprese nel P.I.P., a seguito della sentenza della Corte d'Appello di Salerno, non può essere accolta. La giurisprudenza è unanimemente orientata, infatti, in senso contrario.
"È legittima la deliberazione della giunta comunale con la quale è stato disposto di procedere, nei confronti di assegnatari di aree P.E.E.P., al recupero di somme conseguenti ad una nuova determinazione dell'indennità di esproprio operata con sentenza dalla Corte di Appello all'esito del giudizio di opposizione alla stima in precedenza effettuata della commissione provinciale, sentenza (motivata con riguardo alla sopravvenuta normativa, di cui all'art. 2, commi 89 e 90, della l. n. 244 del 2007, i quali nel frattempo avevano modificato i criteri per il calcolo dell'indennità di esproprio) resa dopo l'avvio del procedimento per l'assegnazione dei lotti espropriati e la loro cessione in proprietà, in conseguenza della quale il Comune ha dovuto corrispondere al proprietario l'ulteriore importo oltre ad interessi legali e ha così stabilito di recuperare la maggior somma nei confronti degli assegnatari, compresi gli acquirenti finali degli alloggi, in misura proporzionale alla superficie dagli stessi acquisita, secondo quanto disposto dall'art. 35 della l. n. 865 del 1971: tale norma, infatti, dispone che i prezzi delle aree cedute per la realizzazioni dei P.E.E.P. devono, nel loro insieme, assicurare la copertura delle spese sostenute dal comune o dal consorzio per l'acquisizione delle aree, così enunciando la regola per cui i costi inerenti la procedura espropriativa devono gravare totalmente sugli assegnatari, e non sull'Amministrazione espropriante" (T.A.R. Veneto - Sez. II - 13 ottobre 2011, n. 1561). Ed inoltre: "Allorché la giunta comunale abbia disposto di procedere, nei confronti di assegnatari di aree P.E.E.P., al recupero di somme conseguenti ad una nuova determinazione dell'indennità di esproprio operata con sentenza dalla Corte di Appello all'esito del giudizio di opposizione alla stima in precedenza effettuata della commissione provinciale, se pure nelle convenzioni erano stati puntualmente quantificati sia il costo per l'acquisizione delle aree sia le spese per l'urbanizzazione, ciò non esclude il diritto del Comune di pretendere il rimborso anche degli ulteriori importi: infatti, tale adeguamento dei costi deve comunque ritenersi operante ex art. 35, l. n. 865 del 1971 ed art. 1339 c.c. (inserzione automatica di clausole e di prezzi imposti per legge)".
Lo stesso principio è stato affermato anche per le aree comprese in zona P.I.P.: "In materia di piani per le aree da destinare ad insediamenti produttivi previsti e disciplinati dall'art. 27, l. 22 ottobre 1971 n. 865, deve ritenersi che, nonostante l'espressa quantificazione del costo delle aree e delle spese di urbanizzazione, come contenuta nella convenzione - contratto stipulata tra le parti, il comune abbia diritto a ripetere dai singoli acquirenti l'importo pro quota di quanto effettivamente speso per l'acquisizione delle aree e per le spese di urbanizzazione. Ciò anche nell'ipotesi in cui nessuna riserva in tal senso fosse contenuta nel contratto stesso, dovendosi ritenere operante il meccanismo di inserzione automatica di clausole per l'integrazione del contenuto del contratto prevista dall'art. 1339 del codice civile, in relazione alla natura inderogabile della disposizione legislativa sopra richiamata in tema di copertura delle spese sostenute dall'Ente pubblico per gli scopi in questione" (T.A.R. Toscana - Sez. I - 28 giugno 2006, n. 2956).
Inaccettabile, in particolare, la tesi secondo cui "la richiesta del Comune, qualora fosse legittima, è comunque improponibile in quanto il suo comportamento fin dall'approvazione del Piano P.I.P., è stato improntato in odio alla regola posta dall'art. 1337 c.c. tanto da rendersi colpevole di responsabilità precontrattuale per aver indotto i ricorrenti e le altre ditte ad accettare in buona fede le condizioni poste dall'Ente.
È pacifico, infatti, che la responsabilità precontrattuale della P.A. è configurabile in tutti i casi in cui l'Ente pubblico, nelle trattative con i terzi, abbia compiuto azioni o sia incorso in omissioni contrastanti con i principi della correttezza e della buona fede, alla cui puntuale osservanza anch'esso è tenuto nell'ambito del rispetto dei doveri primari, garantiti dall'art. 2043 c.c.".
Quel che non convince di tale tesi è che la stessa pretende di fondare la responsabilità precontrattuale del Comune - e quindi il dedotto contrasto del suo comportamento rispetto ai canoni della correttezza e della buona fede - su una circostanza (quella della diversa determinazione dell'indennità di esproprio, da parte della Corte d'Appello di Salerno, nel giudizio proposto dai proprietari dei suoli espropriati) successiva alla fase della conclusione della convenzione di cessione dei suoli medesimi, quindi su una inammissibile valutazione ex post.
Ma è l'argomento, secondo cui il principio dell'integrale copertura dei costi di acquisizione delle aree è fissato inderogabilmente dalla legge, a sconfessare definitivamente la tesi della responsabilità precontrattuale del Comune.
Espressiva dello stesso principio - sia pur in un ambito fattuale differente - si pone la decisione, secondo la quale: "La determinazione del prezzo di cessione di un alloggio popolare ed economico, erroneamente effettuata dall'amministrazione ad un prezzo inferiore a quello stabilito per legge, ed alla quale il cessionario aderisce senza contestazione con la stipulazione del contratto, non dà luogo a responsabilità precontrattuale della stessa amministrazione, in quanto la conseguente invalidità del contratto deriva da una norma di legge che nessun consociato può giuridicamente ignorare" (Cassazione civile - Sez. un. - 11 febbraio 1982, n. 835).
Del resto, se in giurisprudenza si ritrova l'affermazione secondo cui "La responsabilità precontrattuale della P.A. è configurabile in tutti i casi in cui l'ente pubblico, nelle trattative con i terzi, abbia compiuto azioni o sia incorso in omissioni contrastanti con i principi della correttezza e della buonafede, alla cui puntuale osservanza anch'esso è tenuto, nell'ambito del rispetto dei doveri primari garantiti dall'art. 2043 c.c."; s'è anche precisato: "In particolare, se non è configurabile una responsabilità precontrattuale, per violazione del dovere di correttezza di cui all'art. 1337 c.c. rispetto al procedimento amministrativo strumentale alla scelta del contraente, essa è configurabile con riguardo alla fase successiva alla scelta, in cui il recesso dalle trattative dell'ente è sindacabile sotto il profilo della violazione del dovere del "neminem laedere", ove sia venuto meno ai doveri di buona fede, correttezza, lealtà e diligenza, in rapporto anche all'affidamento ingenerato nel privato circa il perfezionamento del contratto" (Cassazione civile - Sez. III - 10 giugno 2005, n. 12313).
Quindi l'ambito applicativo della responsabilità precontrattuale della P.A. è stato individuato - in conformità agli schemi civilistici, tipici di tale forma di responsabilità aquiliana - allorquando la P.A. si sia sottratta ingiustificatamente alla conclusione del contratto, nella fase delle trattative conseguenti all'individuazione del contraente, in base alle regole dell'evidenza pubblica.
In definitiva, i provvedimenti impugnati si sottraggono alle censure svolte, non apparendo pertinente il richiamo a forme di responsabilità precontrattuale dell'Amministrazione, per sostenere che i ricorrenti possano sottrarsi all'imperatività della regola del pareggio economico per la realizzazione degli interventi del P.I.P.
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