Espropri: occupazione illegittima e legittimazione passiva del concessionario.
T.A.R. Genova, sentenza del 14 dicembre 2012, n. 1653.
Avv. Giuseppe Spanò
di Parma, PR
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Il T.A.R. Genova con sentenza del 14 dicembre 2012 n. 1653 ha ricordato alcuni principi fondamentali in materia di occupazione illegittima e legittimazione passiva del concessionario, richiamando gli orientamenti giurisprudenziali più significativi. In particolare il T.A.R., nella fattispecie sottoposta alla sua attenzione, constatato che il concessionario era stato specificamente delegato anche per le operazioni di esproprio, doveva ritenersi sicuramente legittimato passivo nell'azione di risarcimento del danno proposta dal proprietario illecitamente spogliato del godimento del bene.
Più in particolare, nell'ipotesi della cosiddetta “occupazione appropriativa”, dell'illecito risponde sempre e comunque l'ente che ha posto in essere le attività materiali di apprensione del bene e di esecuzione dell'opera pubblica, cui consegue il mutamento del regime di appartenenza del bene, potendo solo residuare, qualora lo stesso (come delegato, concessionario od appaltatore) curi la realizzazione di un'opera di pertinenza di altra amministrazione, la responsabilità concorrente di quest'ultima, da valutare sulla base della rilevanza causale delle singole condotte, a seconda che si tratti di concessione c.d. "traslativa", ovvero di delega ex art. 60 l. n. 865 del 1971 (così Cass., SS.UU., 23.11.2007, n. 24397, id., I, 26.6.2007, n. 14783).
Secondo il T.A.R. nel caso in questione, con riferimento all'elemento soggettivo dell'illecito aquiliano, sussiste certamente una colpa grave del concessionario il quale, benché specificamente delegato anche per le operazioni di esproprio, abbia agito in palese violazione dell'obbligo di concludere il procedimento amministrativo mediante l'adozione del decreto finale di esproprio (art. 2, comma 1, L. n. 241/1990).
Invece, secondo il Tribunale Amministrativo, deve essere rigettata la domanda risarcitoria proposta nei confronti del convenuto Comune, che è del tutto estraneo al procedimento espropriativo fonte del pregiudizio lamentato e, non essendo neppure il beneficiario dell'espropriazione, non può in nessun caso essere ritenuto proprietario e/o utilizzatore dell'opera realizzata. Il T.A.R. ricorda, poi, che il comportamento di una pubblica amministrazione (nel caso di specie, il Ministero della Giustizia e, per esso, il concessionario consorzio C.S.E.I.), la quale abbia occupato e trasformato un bene immobile per scopi di interesse pubblico in presenza di una valida dichiarazione di pubblica utilità, ma senza tuttavia adottare il provvedimento definitivo di esproprio, non può giammai determinare un effetto traslativo della proprietà, ma deve essere qualificato come un'occupazione senza titolo, ossia come un illecito di carattere permanente (Cons. di St., IV, 29.8.2012, n. 4650; T.A.R. Sicilia, III, 2.12.2010, n. 14232).
Ne consegue che il privato rimane in ogni caso proprietario del bene (non potendosi attribuire efficacia abdicativa della proprietà neppure all'eventuale domanda risarcitoria per equivalente - cfr. Cons. di St., IV, 2.9.2011, n. 4970), sicché non può essere risarcito il danno da perdita della stessa (Cons. di St., IV, 29.8.2011, n. 4833; T.A.R. Liguria, I, 5.11.2012, n. 1373; id., 23.11.2011, n. 1635).
Il danno derivante dall'illecita apprensione del bene privato consiste dunque nelle perdite e nei mancati guadagni derivanti dall'indisponibilità dei terreni dal momento della cessazione dell'occupazione d'urgenza fino alla restituzione degli stessi.
Il risarcimento del danno deve allora coprire il solo valore d'uso del bene, dal momento della sua illegittima occupazione (corrispondente alla scadenza del termine massimo di occupazione legittima) fino alla giuridica regolarizzazione della fattispecie (così Cons. di St. n. 4833/2011 cit.), cioè fino al momento in cui la pubblica amministrazione acquisterà legittimamente la proprietà dell'area, vuoi con il consenso della controparte mediante contratto, vuoi mediante l'adozione del provvedimento autoritativo di acquisizione sanante ex art. 42-bis D.P.R. n. 327/2001.
E tale valore d'uso, corrispondente al danno sofferto dalla società ricorrente per l'illecita e prolungata occupazione dei terreni di sua proprietà, può ragionevolmente quantificarsi, con valutazione equitativa ex artt. 2056 e 1226 c.c., nell'interesse del cinque per cento annuo sul valore venale del bene, in linea con il parametro fatto proprio dal legislatore con l'art. 42-bis comma 3 D.P.R. 8.6.2001, n. 327, con decorrenza dal giorno successivo al termine finale dell'occupazione legittima.
Ovviamente tale somma, costituendo la sorte capitale di un debito di valore (Cass., I, 4.2.2010, n. 2602), dovrà essere rivalutata all'attualità secondo l'indice ISTAT dei prezzi al consumo, ed inoltre sulle somme anno per anno rivalutate dovranno altresì corrispondersi gli interessi legali fino alla data di deposito della sentenza.
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