La Corte costituzionale con la sentenza 181 del 2011 aveva statuito "il valore tabellare Vam prescinde dall’area oggetto del procedimento espropriativo, ignorando ogni dato valutativo inerente ai requisiti specifici del bene. Restano così trascurate le caratteristiche di posizione del suolo, il valore intrinseco del terreno (che non si limita alle colture in esso praticate, ma consegue anche alla presenza di elementi come l’acqua, l’energia elettrica, l’esposizione), la maggiore o minore perizia nella conduzione del fondo e quant’altro può incidere sul valore venale di esso. Il criterio, dunque, ha un carattere inevitabilmente astratto che elude il «ragionevole legame» con il valore di mercato, «prescritto dalla giurisprudenza della Corte di Strasburgo e coerente, del resto, con il “serio ristoro” richiesto dalla giurisprudenza consolidata di questa Corte". Come era successo per l'incostituzionalità dell'art. 37 commi 1 e 2 testo unico espropri, che inizialmente aveva recepito acriticamente l'art. 5 bis, d.l. 11 luglio 1992 n. 333, ossia criteri di determinazione dell'indennità di esproprio per aree edificabili, completamente disancorati dal valore venale del bene (con conseguente indennità di esproprio irrisoria), anche in questo caso, sostanzialmente per gli stessi motivi, era stato bocciato dalla Corte costituzionale il criterio tabellare per la determinazione del valore delle aree agricole. La Cassazione con la sentenza in commento, dopo aver preliminarmente confermato che l'opposizione alla stima dell'indennità di esproprio non è un giudizio impugnatorio, evidenzia i nuovi criteri che devono essere seguiti per la determinazione dell'indennità delle aree agricole.