Una vittoria del nostro Studio. La Corte di Cassazione, Sezione I Civile, con sentenza del 14 Luglio 2011 n. 15558, ha stabilito che la delibazione della sentenza ecclesiastica non impedisce l'adozione da parte del Giudice del divorzio dei provvedimenti su affido e mantenimento del figlio minore, valutandone gli interessi morali e materiali. La vicenda in esame. Il Tribunale di Roma, dichiarata la cessazione degli effetti civili del matrimonio, celebrato secondo il rito concordatario, disponeva a carico del padre un contributo mensile di 3.500,00 euro per il mantenimento del figlio, oltre al concorso per il 50% delle spese mediche, scolastiche sportive. Avverso detta decisione il padre si rivolgeva alla Corte d'appello Capitolina Quest'ultima dichiarava la cessazione della materia del contendere, revocando tutti i provvedimenti contenuti nella sentenza impugnata, in considerazione del fatto che, nelle more, era stata dichiarata efficace nello Stato italiano la pronuncia dichiarativa della nullità del matrimonio concordatario, passata in giudicato prima della pubblicazione della sentenza di cessazione degli effetti civili del matrimonio. La madre ricorreva per cassazione, deducendo la violazione di legge e la carenza di motivazione in ordine alla ritenuta cessazione della materia del contendere relativamente alle disposizioni del giudice di primo grado riguardanti l'affidamento ed il mantenimento del figlio. Secondo la prima sezione Civile della Corte di Cassazione, sentenza n. 15558, del 14 luglio 2011: - la delibazione di una sentenza ecclesiastica di nullità del matrimonio fa sì venir meno la materia del contendere in ordine ad una causa di separazione o di divorzio, sul presupposto che la sentenza ecclesiastica aveva deciso su di una questione, quale la validità del vincolo, riservata alla giurisdizione ecclesiastica e sulla quale il giudice dello Stato non potesse pronunziare neanche incidenter tantum; ma con l'unico limite del contenzioso relativo all'affido e al mantenimento per i figli (che non viene meno a seguito della sentenza ecclesiastica); e ciò in applicazione della disciplina dell'art. 129 comma 2, c.c., secondo cui, in caso di nullità del matrimonio, si applica, per i provvedimenti nei confronti dei figli, l'art. 155 c.c. (la legge di riforma del diritto di famiglia, n. 151 del 1975, ha infatti attribuito al giudice il potere di rivedere in ogni tempo la misura e le modalità del contributo degli ex coniugi per il mantenimento, l'istruzione e l'educazione dei figli, anche dopo la sentenza che dichiara la nullità del matrimonio). - Ne consegue che, resa esecutiva la sentenza della giurisdizione ecclesiastica dichiarativa della nullità del matrimonio, in pendenza della causa di cessazione degli effetti civili del matrimonio (o di separazione dei coniugi), per un verso non viene meno il potere-dovere del giudice del divorzio di adottare i provvedimenti riguardo ai figli; per altro verso, rimane ferma la possibilità per i coniugi di chiedere in ogni tempo la revisione delle disposizioni concernenti la misura e le modalità del contributo. La causa torna quindi alla Corte di Appello, giudice del rinvio.