Se il matrimonio è celebrato per "riparare" al concepimento non voluto del figlio, e la riserva mentale del coniuge è conosciuta anche dall'altro, è legittima la nullità del vincolo. Nel caso di specie, la breve durata, di appena dieci mesi, della convivenza matrimoniale tra le parti, culminata nell’abbandono del tetto coniugale da parte della donna, caratterizzata da incomprensioni e contrasti continui, verosimilmente dovuti a differenze caratteriali e di educazione ed a carenza di affetto sponsale, tali da renderne intollerabile la prosecuzione, conferma il fatto che la scelta matrimoniale fosse stata determinata dall’intento di riparare all’errore commesso (il concepimento del figlio), anche da parte della medesima e non, invece, dall’intento di questa di vivere con il marito per tutta la vita, il che costituisce un ulteriore dato, che fa presumere la consapevolezza, da parte sua, della riserva mentale di quest’ultimo.