L'obbligazione delle parti per il corrispettivo del consulente ha natura solidale
Cassazione Civile, sez. III, 19-09-2006, n. 20314 - Pres. VITTORIA Paolo - Est. SEGRETO Antonio
Avv. Paolo Tannoia
di Bari, BA
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La seguente sentenza della Suprema Crorte conferma il principio generale dell'ordinamento in forza del quale l'obbligazione delle parti del processo, finalizzata al pagamento del corrispettivo per l'opera prestata dal CTU, ha natura solidale, anche laddove tale solidarietà non risulti espressamente dal decreto di liquidazione adottato nel caso concreto. L'interpretazione del titolo, pertanto, che si trovi a dover operare il Giudice chiamato a dargli esecuzione, deve uniformarsi a tale principio, non potendo tuttavia stravolgere il contenuto del titolo stesso. Pertanto, tale solidarietà non potrà desumersi dal contenuto di un decreto di liquidazione che ponga le somme dovute a titolo di compenso del CTU espressamente a carico di una sola parte processuale. D'altra parte, può agevolmente dedursi che, allorché tale interpretazione non sia possibile nel caso concreto, al fine di veder adempiuto l'obbligo stabilito in favore del Consulente che s'imbatta in una parte inadempiente, ben si potrebbe ricorrere all'Autorità Giudiziaria per ottenere un ulteriore titolo esecutivo nei confronti di una delle altre parti processuali. Residua, in altri termini, la possibilità di richiedere l'emissione di un decreto ingiuntivo finalizzato al recupero delle somme dovute al Consulente, da utilizzare nei confronti di quella parte che appare poter concretamente adempiere l'obbligazione di pagamento, il tutto nel pieno rispetto del principio generale dell'ordinamento che riconosce all'opera prestata dal CTU un valore di ausilio alla Giustizia perseguita, latu senso, da tutte le parti processuali.
Cassazione Civile, sez. III, 19-09-2006, n. 20314 - Pres. VITTORIA Paolo - Est. SEGRETO
Antonio - T.G. c. R.A. (SENTENZA INTEGRALE) SVOLGIMENTO DEL PROCESSO Il giudice di pace di Avellino, con sentenza depositata il 25.10.2004, accoglieva l'opposizione
proposta da R.A. nei confronti del precetto notificatogli dall'ing. T.G., per la somma di Euro 985,97,
quale residuo del compenso di c.t.u., liquidatogli dal g.u. del Tribunale di Avellino. Riteneva il
giudice di pace che correttamente l'opponente aveva pagato solo la sua quota e non anche quella
degli altri convenuti, in quanto il g.u. aveva nell'ordinanza disposto che la somma dovuta al c.t.u.
fosse "anticipata provvisoriamente da tutte le parti in causa, con quote di egual misura per ciascuna
di esse".
Avverso questa sentenza ha proposto ricorso per Cassazione T.G.. Resiste con controricorso R.A.. MOTIVI DELLA DECISIONE 1. Con l'unico motivo di ricorso il ricorrente lamenta la violazione degli artt. 1292, 1294 c.c. e 91
c.p.c. Assume il ricorrente che tutte le parti in causa sono solidalmente tenute al soddisfacimento
dell'obbligazione nei confronti del c.t.u.; che tale punto costituisce una conseguenza del principio
generale, confermato da costante giurisprudenza, secondo cui il pagamento del compenso al
consulente grava solidalmente su tutte le parti del giudizio, con la conseguenza che il giudice di
pace ha erratamente interpretato il titolo esecutivo e violato un principio informatore della materia,
cui anche il giudice di pace deve attenersi, giusta la sentenza della corte cost. n. 206/2004. 2.
Ritiene questa Corte che il motivo sia manifestamente fondato.
Questa Corte ha numerose volte affermato che, poiché la prestazione del consulente tecnico
d'ufficio è effettuata in funzione di un interesse comune delle parti del giudizio nel quale è resa,
l'obbligazione nei confronti del consulente per il soddisfacimento del suo credito per il compenso
deve gravare su tutte le parti del giudizio in solido tra loro, prescindendo dalla soccombenza; la
sussistenza di tale obbligazione solidale, inoltre, è indipendente sia dalla pendenza del giudizio nel
quale la prestazione dell'ausiliare è stata effettuata, sia dal procedimento utilizzato dall'ausiliare al
fine di ottenere un provvedimento di condanna al pagamento del compenso spettategli (Cass.
8/07/1996, n. 6199; Cass. 2 febbraio 1994 n. 1022, 2 marzo 1973 n. 573; Cass. 9 febbraio 1963 n.
245). 3. Ne consegue che il solo fatto che il giudice, nel provvedere alla liquidazione, abbia posto questa
spesa processuale per metà a carico di ciascuna parte, non esclude la natura solidale del debito delle
parti nei confronti del c.t.u. L'eventuale ripartizione del compenso tra le parti, infatti, è rilevante
solo ai fini del rapporto interno tra le stesse e, quindi, ai fini del regresso, ma non nei confronti del
c.t.u., che, essendo ausiliario del giudice, svolge un'attività in funzione del processo, voluto
(nell'accezione ampia del termine) da entrambe le parti. Pertanto, stante la solidarietà nel debito, il c.t.u. può richiedere a ciascuna delle parti l'intero
pagamento delle competenze liquidategli, anche se poste pro quota a carico di ciascuna delle parti.
4. Il giudice dell'esecuzione e quello dell'opposizione alla stessa, nell'interpretare il titolo esecutivo,
contenente la liquidazione delle spese in favore del c.t.u., e, quindi, nell'individuare il soggetto
obbligato, devono tenere presente il suddetto principio, ovviamente - però - nei limiti in cui tale
interpretazione sia possibile, senza modificare il titolo stesso, il che esulerebbe dal compito
interpretativo del titolo da parte di tali giudici.
Ciò comporta che, nel caso in cui il provvedimento di liquidazione individua un solo soggetto
obbligato (cioè una sola parte), non può il giudice dell'opposizione ritenere che sia obbligata anche
l'altra parte, che non è proprio menzionata nel titolo esecutivo. Egualmente è a dirsi se il
provvedimento di liquidazione esclude espressamente la solidarietà nel debito tra le partì, a cui
carico è stata posta la spesa processuale in questione.
5. Nell'ipotesi in cui - invece - il giudice si è limitato a porre pro quota a carico delle parti la spesa
in questione, il giudice dell'esecuzione e quello dell'opposizione alla stessa nell'interpretazione del
titolo, potendo astrattamente ritenere sia che tale ripartizione attenga solo ai rapporti interni tra le
parti, che risultano obbligate nel titolo, sia che il giudice della liquidazione abbia anche inteso
escludere la solidarietà tra i soggetti da lui individuati come obbligati, devono privilegiare
necessariamente il canone ermeneutico secondo cui il giudice della liquidazione abbia inteso
conformarsi al suddetto principio giuridico della solidarietà tra le parti processuali nel debito di
pagamento delle spese di consulenza.
Infatti è principio informatore dell'ermeneutica giuridica che, allorché siano possibili più
interpretazioni di un atto, debba necessariamente scegliersi quella che sia conforme a legge.
6. Pertanto il ricorso va accolto, va cassata l'impugnata sentenza e, decidendo la causa nel merito,
va rigettata l'opposizione.
Va condannato l'opponente al pagamento delle spese processuali sostenute dall'opposto nel giudizio
di merito ed in questo di legittimità.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso. Cassa l'impugnata sentenza e, decidendo la causa nel merito, rigetta
l'opposizione.
Condanna l'opponente al pagamento delle spese sostenute dall'opposto nel giudizio di merito,
liquidate in complessivi Euro 520,00, di cui Euro 20,00 per spese, Euro 100,00 per diritti ed Euro
400,00 per onorario, e per questo giudizio di cassazione, liquidate in complessivi Euro 600,00, di
cui Euro 100,00 per spese, oltre spese generali ed accessori di legge.
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