Integra il reato di tentativo di frode in commercio la condotta dell’imprenditore che detiene per la vendita confezioni di olio extravergine di oliva proveniente da altra azienda con etichettatura attestante la produzione ed il confezionamento presso il proprio stabilimento. Il ricorrente aveva evidenziato che la consumazione del reato coincide con la consegna materiale della merce all’acquirente ma, per la configurabilità del tentativo, non è affatto necessaria, contrariamente a quanto sostenuto in ricorso, la sussistenza di una qualche forma di contrattazione finalizzata alla vendita. La Cassazione ha posto in evidenza che l’articolo 515 C.P. si riferisce alla condotta di colui che, nell’esercizio di un'attività commerciale, ovvero in uno spaccio aperto al pubblico, consegna all'acquirente una cosa mobile per un'altra, ovvero una cosa mobile, per origine, provenienza, qualità o quantità, diversa da quella dichiarata o pattuita. Altrettanto, non è richiesta l'effettiva messa in vendita del prodotto, poiché per la configurabilità del tentativo di frode in commercio è sufficiente l'accertamento della destinazione alla vendita di un prodotto diverso per origine, provenienza, qualità o quantità da quelle dichiarate o pattuite (Sez. III n. 41758, 25 novembre 2010; Sez. III n. 6885, 18 febbraio 2009; Sez. III n. 23099, 14 giugno 2007; Sez. III n. 42920, 29 novembre 2001).