L’obbligo di procurare la certificazione in parola, è posto per legge a carico del venditore ex artt. 1477, 3 co. c.c. e artt. 220 e 221 R.D. n. 1265 del 1934, tutto ciò in conformità con la giurisprudenza di questa S.C. secondo la quale “.... Il rifiuto del promissario acquirente di stipulare la compravendita definitiva di un immobile privo dei certificati di abitabilità o di agibilità e di conformità alla concessione edilizia, pur se il mancato rilascio dipende da inerzia del Comune - nei cui confronti, peraltro, è obbligato ad attivarsi il promittente venditore - è giustificato, ancorché anteriore all'entrata in vigore della legge 28 febbraio 1985, n. 47, perché l'acquirente ha interesse ad ottenere la proprietà di un immobile idoneo ad assolvere la funzione economico sociale e a soddisfare i bisogni che inducono ali1 acquisto, e cioè la fruibilità e la commerciabilità del bene, per cui i predetti certificati devono ritenersi essenziali" (Cass. n. 10820 del 11/05/2009). "Nel caso in questione, nel preliminare di vendita era stabilita inequivocabilmente la clausola che poneva a carico del promittente venditore l'obbligo di ottenere sia il certificato di conformità che quello di abitabilità. In questi casi, coma la Suprema Corte ha ribadito, in tema di interpretazione dei contratti, il riferimento al senso letterale delle espressioni usate rappresenta lo strumento di interpretazione fondamentale e prioritario, con la conseguenza che, ove tali espressioni siano chiare e di univoco significato e consentano, quindi, di cogliere la comune intenzione delle parti, resta superata la necessità del ricorso agli ulteriori criteri ermeneutici (n.d.r.) ".