Se il magistrato si è occupato in precedenza di un coimputato, giudicato con il patteggiamento, non può decidere della sorte degli altri imputati, trovandosi in una situazione di incompatibilità. E' quanto emerge dalla sentenza 3 settembre 2014, n. 36847 delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, le quali sono state chiamate a risolvere il quesito "se l'ipotesi di incompatibilità del giudice derivante dalla sentenza della Corte costituzionale n. 371 del 1996 - che ha dichiarato la incostituzionalità dell'art. 34, comma 2, cod. proc. pen., “nella parte in cui non prevede che non possa partecipare al giudizio nei confronti di un imputato il giudice che abbia pronunciato o concorso a pronunciare una precedente sentenza nei confronti di altri soggetti, nella quale la posizione di quello stesso imputato in ordine alla sua responsabilità penale sia già stata comunque valutata” - sussiste anche per il giudice del dibattimento che, in un separato procedimento, abbia pronunciato sentenza di applicazione della pena su richiesta nei confronti di un concorrente necessario nello stesso reato oggetto del giudizio". Secondo un primo orientamento i principi fatti propri dalla sentenza della Corte costituzionale sopra richiamata non troverebbero applicazione nel caso di patteggiamento, stante la particolarità della sentenza conclusiva di tale rito, che non richiede la dimostrazione della responsabilità dell'imputato, ma solo l'accertamento dell'inesistenza delle cause di non punibilità. Un diverso indirizzo, sebbene neghi che, in caso di patteggiamento, il giudice abbia automaticamente l'obbligo di fare un passo indietro, tale soluzione appare necessaria se il medesimo, nel vagliare le altre posizioni, effettua anche una «concreta delibazione dell'accusa concernente l'imputato rimasto estraneo alla richiesta di pattegiamento». Una terza impostazione, infine, estende l'incompatibilità affermata dalla Corte Costituzionale anche al patteggiamento, sebbene manchino espliciti riferimenti da parte della Consulta. Di conseguenza il giudice, nell'applicare la pena su richiesta delle parti, sebbene se non esprima un giudizio di colpevolezza incondizionato, perviene comunque ad una decisione in grado di pregiudicare la sua imparzialità in un successivo giudizio. Tale ultima impostazione è quella accolta dagli ermellini: di conseguenza, le Sezioni Unite hanno affermato che l’ipotesi di incompatibilità del giudice derivante dalla sentenza della Corte costituzionale n. 371 del 1996 - che ha dichiarato la incostituzionalità dell’art. 34, comma 2, c.p.p., nella parte in cui non prevede che non possa partecipare al giudizio nei confronti di un imputato il giudice che abbia pronunciato o concorso a pronunciare una precedente sentenza nei confronti di altri soggetti, nella quale la posizione di quello stesso imputato in ordine alla sua responsabilità penale sia stata comunque valutata – sussiste anche con riferimento alla ipotesi in cui il giudice del dibattimento abbia pronunciato, in separato procedimento, sentenza di patteggiamento nei confronti di un concorrente necessario dello stesso reato.