Danno erariale da irragionevole ritardo del giudice nella decisione del processo Corte dei Conti , sez. Puglia, sentenza 18.02.2013 n° 251
Corte dei Conti , sez. Puglia, sentenza 18.02.2013 n° 251
Avv. Angelo Forte
di Modugno, BA
Letto 317 volte dal 03/06/2013
Il Giudice che disattende il proprio dovere di tempestivo deposito della sentenza, dando luogo ad un’irragionevole durata del processo, non può richiamare a propria discolpa la disorganizzazione e le disfunzioni dell’ufficio giudiziario. Invero, pur nelle disfunzioni dell’Ufficio giudiziario, il Giudice è comunque tenuto ad adottare adeguate cautele che gli consentano di avere contezza dei fascicoli assegnatigli e che deve portare a decisione, non potendo egli affidare il reperimento di detti fascicoli alle sollecitazioni e alla collaborazione dei difensori delle parti. In altri termini, non è ammissibile che il Giudice che ha trattenuto una causa in decisione e che deve quindi redigere la relativa sentenza entro un termine “ragionevole” si disinteressi del tutto del reperimento del relativo fascicolo per anni, limitandosi ad attendere o le sollecitazioni e la collaborazione dei difensori delle parti ovvero il casuale rinvenimento dell’incarto in cancelleria.
Corte dei Conti
Sezione Giurisdizionale Regionale per la Puglia
Sentenza 24 gennaio - 18 febbraio 2013, n. 251
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE DEI CONTI
SEZIONE GIURISDIZIONALE REGIONALE PER LA PUGLIA
composta dai seguenti Magistrati:
SCHLITZER Pres. Eugenio Francesco Presidente
DADDABBO Cons. Pasquale Componente
MORGANTE Primo Ref. Daniela Relatore
ha pronunciato la seguente
SENTENZA DEFINITIVA
nel giudizio di responsabilità iscritto al n. 31391 del Registro di segreteria, proposto dalla Procura Regionale
contro il dott. ..., nato a Bari l’******** e ivi residente in via OMISSIS, rappresentato e difeso dall’Avv. Berardino Giancaspero presso il cui studio è elettivamente domiciliato in Bari alla via Abate Gimma n.180, giusta procura speciale in calce alla memoria acquisita al prot. 220 del 4.1.2013
per la CONDANNA al pagamento, in favore dell’erario statale, della somma di € 6.269,84
(seimiladuecentosessantanove/84), oltre a interessi legali e spese di giustizia
VISTO l’atto di citazione v. n. 2177/09/lrs depositato il 17 settembre 2012;
VISTO il decreto presidenziale di nomina del Relatore in data 4.12.2012;
ESAMINATI gli atti ed i documenti tutti della causa;
UDITI nella pubblica udienza del 24 gennaio 2013, con l’assistenza del Segretario D.ssa Concetta Montagna, come da relativo verbale, il Relatore Primo Ref. Daniela Morgante, il Pubblico Ministero nella persona del V.P.G. Antonio D’Amato e l’avv. Berardino Giancaspero per il convenuto.
FATTO
1. Il Procuratore regionale, con l’atto di citazione in epigrafe, ha convenuto innanzi a questa Sezione Giurisdizionale il Dott. X., ivi generalizzato, al fine di sentirlo condannare al pagamento in favore dell’erario statale, della somma di € 6.269,84, oltre a interessi legali e spese di giustizia.
Rappresenta la P.R. che con decreto del 20/4-26/6/2007 la Corte d’Appello di Lecce, accogliendo la richiesta di equa riparazione in data 15/3/2006 del Sig. G. S., ha condannato il Dicastero della Giustizia a pagare in favore di costui la somma di € 11.125,00, più relativi interessi legali dalla predetta domanda al soddisfo e spese giudiziali in ragione di € 1.457,02, di cui € 12,02, per esborsi, € 575,00 per diritti ed € 870,00 per onorari ed accessori di legge. In data 18/6/2008, è stata liquidata al menzionato ricorrente, mediante ordinativo di pagamento emesso dalla Presidenza della predetta Corte d’Appello, la somma complessiva di € 13.610,14.
Tale esborso veniva contestato dalla P.R. quale indebito aggravio per l’erario statale al dott. X. a mezzo di notifica del prescritto invito a dedurre in data 1.6.2012. Su richiesta dell’invitato si teneva audizione il 14/6/2012, nel corso della quale egli richiamava le deduzioni depositate il 16.7.2012, recanti argomentazioni reiterate nella memoria di costituzione. Quanto dedotto dall’invitato non veniva reputato dalla P.R. sufficiente a far venir meno l’addebito in ragione di quanto nella citazione.
Richiama in tal senso l’Attore pubblico la motivazione del decreto in questione, nella quale si legge che: “hanno sicuramente prodotto un irragionevole allungamento della durata fisiologica della causa i seguenti inaccettabili (nei sensi esposti) ritardi: di tre anni e cinque mesi per rinvii istruttori superiori ai quattro mesi , di sette mesi per assoluta mancanza di attività processuale fra il 6/3 ed il 14/10/1999 e di altri tre anni e cinque mesi per il deposito dellasentenza , mentre appaiono accettabili i tempi occorsi per la procedura di correzione di errore materiale. In definitiva, la vertenza in esame (ovverosia la controversia a suo tempo instaurata dal S., presso il Tribunale di Bari, contro le Sigg.re M. ed A. Z., quali eredi del defunto C. Z.) ha subito un complessivo allungamento della durata fisiologica di circa sette anni e cinque mesi , in relazione ai quali va commisurato il danno non patrimoniale inevitabilmente sofferto e dedotto” dal su nominato ricorrente. Pone in luce la P.R. come dei sette anni e cinque mesi trascorsi in più, rispetto alla ragionevole durata che quel processo avrebbe dovuto avere, giusta 2° co., art. 111 della Costituzione come novellato dalla legge costituzionale 23/11/1999 n. 2, se ne sono lasciati decorrere inopinatamente tre anni e cinque mesi solo per depositare la relativa sentenza . Da accertamenti esperiti al riguardo dalla P.R. è difatti emerso che la suddetta causa civile, iscritta nel ruolo generale del Tribunale di Bari sotto il numero d’ordine 790/1990, benché introdotta nel gennaio 1990 e che aveva visto le convenute ivi costituirsi in data 8/3/1990, è stata decisa con la sentenza n. 877, pronunciata dal dott. X., in qualità all’epoca di G.O.A. presso la II Sezione Stralcio del ridetto Tribunale, ma depositata in cancelleria solo in data 10/12/2004, con il predetto ritardo riscontrato dalla Corte d’Appello leccese di bentre anni e cinque mesi.
Contesta la P.R. al convenuto una grave colpa per siffatto ritardo, quanto pure una sua diretta, immediata e adeguata connessione etiologica, per lo meno in parte, insieme a tutte le altre circostanze che hanno poi condotto al protrarsi di quel giudizio per ben sette anni e cinque mesi e, quindi, al verificarsi del predetto danno erariale di € 13.610,14, che, rapportato al ridetto ritardo di tre anni e cinque mesi per il solo deposito della sentenza , porta all’addebito a carico del convenuto della somma di € 6.269,84, quale indebita erogazione cagionata a carico del bilancio statale.
2. Con memoria depositata il 4.1.2013 convenuto lamenta di non essere stato notiziato della instaurazione dinanzi alla Corte d’Appello di Lecce della procedura per equa riparazione promossa dal sig. G. S., ma di aver appreso solo successivamente, a mezzo dell’invito a dedurre notificatogli dalla Procura Regionale, che il giudizio si era risolto con il citato decreto di liquidazione basato sul riconoscimento di €.1500,00 per ogni anno del riconosciuto allungamento irragionevole della durata complessiva della causa. La informativa di una siffatta iniziativa giudiziale, ove gli fosse stata tempestivamente segnalata, gli avrebbe consentito di reperire e fornire dettagliatamente all’Avvocatura dello Stato le ragioni del ritardo nel deposito della sentenza.
Rappresenta in proposito che, al pari con gli altri GOA, aveva ricevuto il carico di lavoro alla vigilia del Natale 1998 (circa mille controversie) attraverso una pubblicazione "elenco delle cause assegnate alle sezioni stralcio del Tribunale di Bari" edita a cura del "Notiziario dell'Ordine Forense di Bari". Materialmente i fascicoli delle cause venivano portati alla sua attenzione il giorno in cui erano portati nell'aula di udienza. A lui vennero destinate quattro udienze (15/1-22/1-29/1 e 5/2/99) con un disservizio causato da cause annotate sul ruolo ma non presenti in udienza, mancanza di sicura preventiva informazione delle udienze alle parti, dal momento che il solo elenco predisposto dall’Ordine degli Avvocati di Bari segnalava i dati di individuazione delle cause, dell’udienza, del giudice di provenienza, nonché del GOA cui esse erano assegnate e della rispettiva 1° udienza. Dei 19 GOA previsti inizialmente in assegnazione al Tribunale di Bari ne furono effettivamente applicati solo 12 per poi accrescersi di sole tre unità a seguito di un ulteriore concorso per GOA e ridursi ulteriormente a seguito del decesso del dott. I. e delle dimissioni del Notaio dott. C., degli avv.ti P. e C. e del dott. D.: il carico venne quindi incrementato a seguito delle ricordate defezioni tra i giudici e della soppressione delle Preture. Lamenta che la Cancelleria delle sezioni stralcio sarebbe stata a corto di spazio e di personale, al punto che frequentemente le udienze si sarebbero tenute con la discontinua presenza del cancelliere. I provvedimenti istruttori non assunti in udienza e le sentenze sono stati sempre dattiloscritti e compilati al computer dai GOA e dopo alcuni anni un solo modestissimo vano sarebbe stato ad essi riservato per eventuali approfondimenti su deliberazioni da assumere con urgenza. Essendosi preannunciato il concorso per GOA con notevole anticipo rispetto alla data di effettivo inizio della loro attività giudiziaria, i Giudici professionali avrebbero sfoltito in numero maggiore le cause di minor impegno, lasciando i faldoni più impegnativi ai GOA. Al fine di alleggerire il carico processuale di udienza, il convenuto si sarebbe riservato per una pluralità di cause ormai mature per la decisione sin dalle prime udienze anziché riservarsi solo su alcune di esse, così derivandone, per la minore congestione dei partecipanti alle udienze successive, una partecipazione più contenuta di avvocati e parti e per l’effetto una migliore vigilanza sulle udienze stesse.
Il ritardo nell’acquisizione del fascicolo della causa S. c/ Z., dopo la riserva per la decisione sarebbe da attribuire al casuale rinvenimento dell’incarto in cancelleria dopo circa 2 anni in quanto inserito per errore (asseritamente non dal convenuto) in un faldone che conteneva altri fascicoli che, sebbene in vita, sarebbero stati destinati in archivio. Episodio questo che sarebbe stato frequente e spesso evitato dalle sollecitazioni e dalla collaborazione dei difensori delle parti. Tale accadimento si sarebbe inserito nelle più ampie disfunzioni di cui soffrivano le Sezioni Stralcio in precedenza evidenziate. I luoghi in cui vennero destinate le cancellerie e soprattutto gli armadi contenenti i fascicoli cambiavano in continuazione per far posto ad altre necessità del Tribunale.
Quanto alla nota del 3.4.2006 del Dott. C. quale Presidente della II sez. Stralcio che, in risposta alle richieste di relazione sul giudizio S. contro eredi Z. definito con la sentenza n. 877 del 10.12.2004, ha riferito “essere ravvisate le ragioni del ritardo nella definizione del giudizio, per un verso nella intrinseca complessità del giudizio (testimoniata dalle lunghissime verbalizzazioni d’udienza e dai numerosi scritti difensivi) che ha richiesto l’espletamento di una nutrita attività istruttoria e, per altro verso, nel fatto che il medesimo è passato all’esame della seconda sezione stralcio”, il convenuto afferma che tutti i GOA avrebbero ereditato processi complessi e, per la quasi totalità, già maturi per la decisione ed istruiti da altri magistrati, il che confermerebbe la scelta praticata dal convenuto di riservarsi di volta in volta su tutte la cause già mature per la decisione al fine di sfoltire di volta in volta la partecipazione alle udienze dei patrocinatori delle cause da decidere. Tale prassi, adottata da quasi tutti i GOA, troverebbe riconoscimento nella su detta missiva del Dott. C. in cui sui afferma testualmente che “ in tali condizioni, molti GOA hanno commesso l’errore d’inesperienza di assumere in decisione tutte le cause mature piuttosto che scaglionare le date di spedizione a sentenza ”.
Contesta la ravvisabilità della colpa grave, che non potrebbe desumersi sic et simpliciter dalla decisione della Corte d’Appello di Lecce perché in quel procedimento il convenuto è rimasto estraneo e perché la colpa grave sarebbe connotata da comportamenti reiterati, sistematici e prolungati. Sostiene la scusabilità del comportamento, causato dalla introvabilità del fascicolo di causa, dall’elevato carico di lavoro, dalla non adeguata collaborazione delle strutture organizzative, dal fatto che, come emerge dalla pubblicazione
del carico assegnato ai GG.OO.AA., la quasi totalità dei procedimenti assegnati alle sezioni stralcio superava il limite temporale ex Legge Pinto.
Ha concluso per il rigetto della domanda con vittoria di spese e, in subordine, per l’esercizio del potere riduttivo, tenuto conto altresì dei vantaggi che l’Amministrazione avrebbe conseguito in relazione al complessivo comportamento del G.O.A. al quale è stato riservato un trattamento economico e giuridico notevolmente al di sotto di quello corrisposto ai Magistrati Professionali che lo hanno preceduto.
In via istruttoria ha chiesto che sia ordinato al Presidente del Tribunale Di Bari di voler esibire il “ruolo di udienza” del GOA X. utilizzato dal gennaio 1999 in poi” nonché se esistenti i così detti registri di passaggio sui quali di volta in volta vengono annotate le cause assegnate e quelli sui quali vengono annotate le cause riservate e la data dei provvedimenti conseguenti.
Ha domandato poi che sulle posizioni di seguito articolate siano ascoltati come testi i signori:
1- Avv. P. Q.,
2 - Avv. V. M.,
3 - Avv. D. C.,
4 - Avv. A. M. G.,
5 - Avv. E. T.
“vero che dopo le ferie dell’anno 2003 casualmente vennero rinvenuti fra quelli da archiviare alcuni faldoni contenenti cause da decidere e fra questa alcune riguardanti il GOA X.”;
“vero che per la stesura delle decisioni e dei provvedimenti istruttori non assunti in udienza il GOA provvedeva personalmente alla dattilografia con il computer o a macchina da scrivere”;
“vero che il numero delle cause inizialmente assegnate fu successivamente incrementato con la distribuzione delle cause già in carico a GOA dimissionario e quelle provenienti dalle soppresse Preture”;
“vero che il numero degli assistenti di cancelleria e degli operatori era al di sotto delle dotazioni previste dalla legge istitutiva delle sezioni stralcio”.
3. All’odierna udienza, come da relativo verbale, le parti hanno ribadito quanto in atti, insistendo nelle argomentazioni e conclusioni già rassegnate. In particolare, l’avv. G. ha sottolineato che non ci sono mai state, oltre a quella per cui si discute, altre richieste di ristoro per equa riparazione avverso le sentenze emesse dal dr. X.: ha insistito nella richiesta di prova testimoniale, richiamando la complessità della fattispecie e sostenendo che la dispersione del processo non sia imputabile al convenuto
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Non può non condividersi con la Procura che sussistano, nel caso, tutti gli elementi costitutivi della responsabilità amministrativa.
Evidente è il danno patrimoniale, avendo l’Erario statale subito un pregiudizio corrispondente all’esborso al quale è stato condannato con il decreto del 20/4-26/6/2007 della Corte d’Appello di Lecce. Con tale provvedimento la Corte, in accoglimento della richiesta di equa riparazione del Sig. G. S., ha condannato il Dicastero della Giustizia a pagare in favore di costui la somma di € 11.125,00, più relativi interessi legali dalla predetta domanda al soddisfo e spese giudiziali in ragione di € 1.457,02, di cui € 12,02, per esborsi, € 575,00 per diritti ed € 870,00 per onorari ed accessori di legge. Tale importo, complessivamente di € 13.610,14 è stato liquidato al S. mediante ordinativo di pagamento emesso dalla Presidenza della citata Corte d’Appello in data 18/6/2008.
2. Evidente è altresì il nesso causale, dal momento che alla produzione del ritardo irragionevole e ingiustificato nella conclusione del processo, che ha determinato la condanna del Ministero della Giustizia, hanno contribuito in modo significativo i tre anni e cinque mesi di ritardo irragionevole e ingiustificato nel deposito della sentenza successivamente al passaggio della causa in decisione, ascrivibili all’inerzia del convenuto.
3. Quanto all’illiceità della condotta, è manifesto come il convenuto abbia violato un obbligo primario del Giudice, di deposito tempestivo dei propri provvedimenti, che costituisce regola essenziale per l’effettiva attuazione del fondamentale principio, di espressa canonizzazione costituzionale (art. 111), del “giusto processo”, la cui reale osservanza non può prescindere dalla “ragionevole durata” dello stesso.
4. Quanto all’elemento soggettivo, non può che condividersi con la Procura regionale la gravità della colpa del convenuto, considerata la macroscopicità della violazione di uno degli obblighi essenziali del Giudice, per l’appunto quello di assicurare la “ragionevole durata del processo”, che si è perpetrata per un lasso spropositato di tempo, di addirittura tre anni e cinque mesi intercorsi tra la data di celebrazione dell’udienza e quella del deposito della sentenza. La macroscopicità di una siffatta violazione è immediatamente intellegibile da chiunque, a fortiori da parte di un soggetto che, come il convenuto, è munito di specifica preparazione giuridica.
5. Con riferimento agli elementi addotti dal convenuto a giustificazione il proprio operato, nessuno di essi presenta tale valenza.
5.1. Quanto alle doglianze inerenti all’elevato carico di lavoro (1000 giudizi, quasi tutti complessi, con successive assegnazioni a seguito delle defezioni di alcuni giudici, della soppressione delle Preture e della scopertura dell’organico di fatto, tra i 12 e 15 giudici nel corso del tempo, rispetto ai 19 posti prefigurati nella pianta organica) e alle disfunzioni organizzative della Sezione (carenza di spazi e personale, necessità di provvedere da solo alla stesura e alla stampa dei provvedimenti, non coincidenza tra cause annotate a ruolo e cause presenti in udienza, problemi inerenti alle comunicazioni delle udienze alle parti; discontinua presenza del cancelliere in udienza) e alla scelta del convenuto di riservarsi per una pluralità di cause ormai mature per la decisione sin dalle prime udienze, anziché riservarsi solo su alcune di esse, trattasi di aspetti che, pur tenuti in considerazione dal Collegio, non possono comunque giustificare un’inerzia così protratta (per ben tre anni e cinque mesi !) rispetto a un dovere essenziale del giudice quale è quello di concludere in tempi ragionevoli i processi assegnatigli. Tra l’altro, come noto, le problematiche organizzative richiamate dal convenuto sono (purtroppo) comuni – oltre che a tutti gli altri suoi Colleghi operanti nella stessa Sezione – anche a numerosi altri Uffici giudiziari, nei quali peraltro, i Giudici, nonostante il difficile contesto, ottemperano tempestivamente ai propri doveri, senza incorrere in ritardi così macroscopici quali quello in cui è incorso il convenuto.
5.2. Quanto alla circostanza che la gran parte dei giudizi assegnatigli fosse già ab origine non rispettosa dei limiti temporali fissati dalla Legge Pinto, trattasi di aspetto inconferente, dal momento che al convenuto è stato ascritto nell’odierno giudizio esclusivamente il ritardo irragionevole intercorso tra la data di celebrazione dell’udienza e quella di deposito della sentenza , che è aspetto inequivocabilmente ascrivibile esclusivamente a lui.
5.3. Così come inconferente è la doglianza circa il fatto di non essere stato notiziato del giudizio ex legge Pinto, dal momento che nessuno degli elementi qui dedotti dal ricorrente, afferenti sostanzialmente a disfunzioni organizzative dell’Ufficio giudiziario, avrebbe potuto avere un qualche rilievo ai fini della legge predetta. Invero, le eventuali disfunzioni del sistema giudiziario, in quanto rientranti nella sfera di controllo – e dunque di responsabilità dello Stato - non avrebbero potuto comunque avere alcuna valenza né preclusiva né riduttiva dell’indennizzo a carico dello Stato del danno da irragionevole durata del processo.
5.4. Il convenuto ha poi affermato che il ritardo nel deposito della sentenza in questione sarebbe dipeso dal “casuale rinvenimento dell’incarto in cancelleria dopo circa 2 anni in quanto inserito per errore (non dal convenuto) in un faldone che conteneva altri fascicoli che, sebbene in vita, sarebbero stati destinati in archivio” – “Episodio questo che sarebbe stato frequente e spesso evitato dalle sollecitazioni e dalla collaborazione dei difensori delle parti”, legato anche al fatto che “I luoghi in cui vennero destinate le cancellerie e soprattutto gli armadi contenenti i fascicoli cambiavano in continuazione per far posto ad altre necessità del Tribunale”.
Orbene, tale episodio, pur a voler essere considerato da parte del Collegio, non è peraltro affatto esulante dalla responsabilità del convenuto. Invero, pur nelle disfunzioni dell’Ufficio giudiziario, il Giudice è comunque tenuto ad adottare adeguate cautele che gli consentano di avere contezza dei fascicoli assegnatigli e che deve portare a decisione, non potendo egli affidare il reperimento di detti fascicoli alle “sollecitazioni e … collaborazione dei difensori delle parti”. In altri termini, non è ammissibile che il Giudice che ha trattenuto una causa in decisione e che deve quindi redigere la relativa sentenza entro un termine “ragionevole” si disinteressi del tutto del reperimento del relativo fascicolo per “circa due anni ”, limitandosi ad attendere o le “sollecitazioni e… collaborazione dei difensori delle parti” ovvero il “casuale rinvenimento dell’incarto in cancelleria dopo circa 2 anni ”. Le affermazioni stesse del convenuto evidenziano da sé che, quanto meno per “circa 2 anni ”, termine già da solo manifestamente e ampiamente “irragionevole”, egli non si è minimamente premurato di procurarsi il fascicolo sulla base del quale doveva redigere (ma molto tempo prima) la sentenza , attendendo nella più totale inerzia il “casuale rinvenimento dell’incarto” o addirittura di essere “sollecitato” o “coadiuvato” dai difensori” nell’adempimento di una dovere di tempestivo deposito della sentenza che, con ogni evidenza, è un dovere esclusivo e primario del Giudice.
Per contro, canoni minimali di diligenza avrebbero voluto che, molto tempo prima dei due anni, il convenuto si fosse preoccupato di procurarsi tempestivamente il fascicolo per redigere la sentenza e che, in caso di difficoltà nel reperimento, egli le avesse segnalate - altrettanto tempestivamente all’Ufficio giudiziario - sollecitando i funzionari preposti al reperimento del fascicolo e il Presidente all’esercizio dei suoi poteri direttivi che certamente ineriscono anche alla risoluzione delle disfunzioni organizzative dell’Ufficio giudiziario. E invece alcunché risulta aver fatto al riguardo il convenuto, il quale per ben “2 anni circa” si è del tutto disinteressato del problema e addirittura, pur nella consapevolezza, al momento del “casuale rinvenimento dell’incarto” che era già trascorso un tempo spropositato dall’udienza, ha perseverato nella assoluta inerzia per l’ulteriore, e anch’esso spropositato, tempo di un anno e cinque mesi, anche pe tale via manifestando una negligenza inescusabile, essendo evidente a chiunque - e a maggior ragione dovrebbe esserlo a un giurista che abbia deciso di assumere le delicate funzioni giudicanti - che la diligenza minima avrebbe voluto che un Giudice che si fosse accorto di un fascicolo trattenuto in decisione dopo “circa 2 anni ”, quanto meno, si fosse premurato di redigere subito la sentenza , visto il tempo spropositato già trascorso, senza lasciar passare un altro anno e cinque mesi.
6. Per le esposte ragioni non meritano accoglimento le istanze istruttorie avanzate dal convenuto volte alla acquisizione della documentazione attestante il carico e i registri “di passaggio”, nonché delle prove testimoniali inerenti alle disfunzioni organizzative e alla vicenda del reperimento casuale del fascicolo dopo 2 anni descritte nella memoria. Invero, pur a non voler dubitare della veridicità delle circostanze riferite dal convenuto, trattasi di aspetti che comunque non possono far venire meno, per le motivazioni esposte, l’intensità gravissima e macroscopica della negligenza che ne ha caratterizzato l’inerzia nell’assolvimento di un dovere primario, che si è protratta per un tempo pluriennale, irragionevole e insuscettibile di trovare alcuna giustificazione secondo canoni di ragionevolezza e di diligenza professionale, per le ragioni già esposte. Cosicché le acquisizioni istruttorie domandate dal convenuto afferiscono ad aspetti che comunque non potrebbero mutare, nei termini anzidetti, l’apprezzamento inerente alla gravità della violazione da egli posta in essere e si risolverebbero pertanto in un ingiustificato, e quindi non consentito, procrastinamento del giudizio che è invece già maturo per la decisione.
7. Per quanto concerne la quantificazione del danno, si condivide il criterio prospettato dalla Procura regionale, che ha rapportato il danno erariale rappresentato dall’importo della condanna al ritardo di tre anni e cinquemesi riscontrato nel deposito della sentenza in parola rispetto ai sette anni e cinque mesi complessivamente rilevati come irragionevoli e ingiustificati dalla Corte d’Appello di Lecce. Pertanto, il quantum individuato dalla Procura - di € 6.269,84 pari ai 41/81 della condanna complessiva ammontante a € 13.610,14 – essendo per l’appunto 41 i mesi di ritardo “irragionevole” ascrivibili al convenuto rispetto agli 81 di ritardo “irragionevole” complessivi - rappresenta il danno erariale che va posto a carico del convenuto.
8. Ritiene peraltro il Collegio di dover esercitare il potere riduttivo in considerazione delle disfunzioni organizzative e dell’elevato carico di lavoro, esposti dal convenuto. Trattasi di aspetti che, seppur inidonei a far venire meno la macroscopicità e inescusabilità dell’inerzia irragionevole e ingiustificata da egli serbata, evidenziano comunque un contesto lavorativo caratterizzato da una maggiore difficoltà per il Giudice di poter adempiere ai propri doveri.
Pertanto, ritiene il Collegio che, rispetto al danno erariale domandato dalla Procura regionale, la cui ascrivibilità al convenuto è stata in effetti accertata come sopra, l’importo della condanna possa essere ragionevolmente ed equamente ridotto quantificandolo in una somma complessiva, comprensiva degli interessi legali fino al deposito della sentenza , pari a € 5.000,00.
9. Sulla suddetta obbligazione risarcitoria, resa liquida ed esigibile in virtù della presente sentenza e, come tale, produttiva di interessi di pieno diritto (art. 1282 c.c.), sono dovuti gli interessi dal giorno del deposito dellasentenza sino a quello dell’effettivo e integrale soddisfo, nella misura legale di cui all’art. 1284 codice civile.
10. Le spese di giudizio seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo.
Per questi motivi
La Corte dei Conti - Sezione Giurisdizionale regionale per la Puglia, pronunciando con sentenza definitiva del giudizio di responsabilità iscritto al n. 31391 del Registro di segreteria sulla domanda della Procura regionale, in integrale accoglimento della stessa, CONDANNA il Dr. X, in epigrafe generalizzato, al pagamento in favore dell’Erario statale, della somma complessiva di € 5.000,00 (euro cinquemila/00).
Su tale importo sono dovuti gli interessi legali dal giorno del deposito della presente sentenza sino a quello dell’effettivo soddisfo.
Le spese del giudizio seguono la soccombenza e si liquidano a carico del condannato, sino al deposito della sentenza , in € 188,34 (euro centottantotto/34).
Così deciso in Bari, nella camera di consiglio del 24 gennaio 2013.
L’ESTENSORE
f.to (PrimoRef. Daniela MORGANTE)
IL PRESIDENTE
f.to (Pres. Eugenio Francesco SCHLITZER)
Depositata in Segreteria il 18 FEB. 2013
Il Funzionario
f.to (dr.ssa Concetta MONTAGNA)
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