Non si impugna il provvedimento del commissario ad acta: rimedio è opposizione di terzo La pretesa dell’appellante ha ad oggetto l'annullamento di un provvedimento emanato da un commissario ad acta, nominato in esecuzione del giudicato con cui veniva statuito l’obbligo di un Comune a dar corso ad un permesso di costruire senza necessità di alcun atto pianificatorio attuativo. Ai sensi degli art. 21 e 114, comma 4, lett. d) cpa, il commissario ad acta è un ausiliare del giudice e titolare di un potere che trova diretto fondamento nella pronuncia giurisdizionale da portare ad esecuzione. Ne deriva che egli è legittimato, anche al di fuori delle norme che governano l'azione ordinaria degli organi amministrativi sostituiti, ad adottare ogni misura conforme al giudicato che si appalesi, in concreto, idonea a garantire alla parte ricorrente il conseguimento effettivo del bene della vita di cui sia stato riconosciuto titolare nella sentenza da attuare. Negata la valenza amministrativa dell’attività svolta dal commissario ad acta, in favore della sua natura di organo ausiliario del giudice esplicante attività giurisdizionale, va sottolineata la conseguente esclusione dell’impugnabilità in sede di giurisdizione generale di legittimità dei suoi provvedimenti. Piuttosto, occorre evidenziare che l'appellante riveste la posizione di controinteressato in senso sostanziale, quale proprietario di area ricadente nella stessa maglia oggetto dell’impugnato titolo edilizio e quindi di titolare di interesse qualificato ed attuale al mantenimento dell’atto di diniego di permesso a costruire, originariamente impugnato ed annullato. Dunque, quale terzo controinteressato sostanziale rimasto estraneo nel giudizio amministrativo sull’annullamento del diniego di titolo edilizio, ha il potere di contestare quanto dedotto nel giudicato di annullamento, non gravando il provvedimento emesso dal commissario ad acta, ma esclusivamente valendosi del rimedio dell’opposizione di terzo ordinaria ex art 108 cpa.