L'amministatore di condominio riveste una posizione di garanzia. Ha l'obbligo di rimuovere le situazioni di pericolo. Configurabilità reato di lesioni personali
Corte di Cassazione IV Sezione Penale Sentenza 34147/2012
Avv. Gian Marco Gulizia
di Aci Castello, CT
Letto 469 volte dal 02/03/2015
Amministraore di condominio e posizione di garanzia (art. 40 II comma c.p.). In capo al medesimo grava il dovere di attivarsi al fine di rimuovere eventuali situazioni di pericolo per l'incolumità di terzi. Tale obbligo, perlatro, non può dirsi subordinato alla preventiva autorizzazione dell'assemblea condominiale ovvero ad apposita segnalazione di pericolo tale da indurre un intervento d'urgenza.
Ritenuto in fatto
Il Tribunale di Firenze con sentenza 19 ottobre 2010, in accoglimento degli
motivi d'appello proposti dal Procuratore Generale presso la Corte d'appello e
dalla parte civile, in riforma della sentenza emessa il 17 marzo 2009 dal
Giudice di Pace di Firenze, dichiarava xxxxx responsabile dei
delitto di cui all'art. 590, commi 1° e 2° cod. pen, perché, in qualità di
amministratore del condominio di via xxxxxxxx, avendo omesso,
per imprudenza, imperizia e negligenza, di eseguire i lavori di ripristino
dell'avvallamento esistente tra il pavimento ed il tombino di raccolta delle acque
reflue condominiali posto sul marciapiedi che dà accesso alla farmacia sita al
piano terra dello stesso fabbricato condominiale, consentiva o comunque non
impediva che xxxxxx,nell'accedere alla farmacia, il 7 aprile 2005, vi
inciampasse sì da procurarsi lesioni personali gravi (frattura omerale ) giudicate
guaribili in tempo superiore ai quaranta giorni. Seguiva, per l'effetto, la
condanna dell'imputato alla pena della multa ritenuta di giustizia oltreché al
risarcimento dei danni in favore della parte civile costituita quale erede di xxxxx, liquidati in complessivi euro 5.000,00, restando subordinata la
sospensione condizionale della pena, all'integrale risarcimento del danno.
In punto di fatto si era pacificamente acclarato, per quanto in questa sede rileva,
che nell'area in cui la persona offesa era caduta a terra, la pavimentazione di
proprietà di xxxxxxxxxxxxxxxxxx confluiva verso un tombino oggetto di
una servitù di scarico di acque meteoriche, della cui manutenzione era gravato il
condominio ex art. 1069, 1130 n.3, 1135, ultimo comma e 2051 cod. civile.
L'imputato, per tramite del difensore, ricorre per cessazione avverso la sentenza
ed avverso le ordinanze dibattimentali, articolando un unico motivo per
inosservanza od erronea applicazione dell'ad 36 D.I.vo n. 274 del 2000 nonché
per violazione di norme processuali stabilite a pena di inammissibilità e per il
vizio di mancanza od illogicità della motivazione,che così può sintetizzarsi.
In primo luogo denunzia il ricorrente l' inammissibilità dell'appello proposto dal
Procuratore Generale di Firenze avverso la sentenza di assoluzione emessa dal
Giudice di prime cure, siccome unicamente impugnabile con ricorso per
cessazione a' sensi dell'art.36 D.I.vo n. 274 del 2000. Né comunque il gravame
proposto avrebbe potuto convertirsi in ricorso per cessazione, avendo esso ad
oggetto la deduzione di questioni di fatto e di merito intese a conseguire, in sede di legittimità, la inammissibile rilettura del materiale probatorio acquisito,
giudicato favorevole all'imputato.
Con un secondo ordine di censure, assume il ricorrente l'insussistenza di un
comportamento penalmente rilevante attribuibile all'amministratore del
condominio, attesa l'inesigibilità di una condotta positiva dallo stesso
reclamabile. Ad avviso del difensore, il Tribunale avrebbe erroneamente
applicato gli artt. 1130, 1135, 2043 e 2051 cod. civ. posto che l'imputato, in
veste di amministratore del condominio mai aveva avuto incarico dai condomini,
riunitisi in assemblea,di provvedere ad eliminare una potenziale situazione di
pericolo causata dalla sopravvenuta sconnessione della pavimentazione né
aveva ricevuto dagli stessi o da terzi segnalazioni di una siffatta situazione
interessante la proprietà condominiale tale da imporre un tempestivo intervento;
donde l'insussistenza di un obbligo positivo cui adempiere. Né avrebbe potuto
l'amministratore disporre lavori di manutenzione straordinaria se non connotati
dal requisito dell'assoluta urgenza tanto più che il dislivello era assolutamente
visibile di guisa che, difettando l'invisibilità e l'imprevedibilità, esulava il caso
dell'insidia e/o trabocchetto: circostanza peraltro rimasta priva di motivazione.
Né comunque, secondo il ricorrente, si era acquisita prova certa del punto
esatto ove la parte offesa avrebbe inciampato: se in particolare nel dislivello
formatosi tra l'esigua superficie del tombino condominiale e la superficie di
proprietà privata ovvero nel dislivello esistente all'interno di quest'ultima.
Si duole da ultimo il ricorrente che sia stata richiesta l'esecuzione di statuizioni
civili rese dal giudice monocratico d'appello sul presupposto della riforma della
sentenza di assoluzione di primo grado, nei confronti dell'imputato chiamato ad
adempiere un'obbligazione della quale il condominio amministrato avrebbe
dovuto successivamente rispondere; donde il danno grave ed irreparabile,
evitabile solamente grazie alla sospensione di detto capo della sentenza
impugnata,invocata in via preliminare.
La parte civile con memoria pervenuta in data 27 dicembre 2011, dopo aver
contestato che la pretesa inammissibilità dell'appello proposto dal Procuratore
Generale presso la Corte d'appello di Firenze avverso la sentenza di assoluzione
di primo grado, in luogo del ricorso per cessazione, potesse riverberarsi anche
sull'appello, dalla stessa parte civile proposto agli effetti del riconoscimento della
responsabilità civile, ha richiesto farsi luogo alla declaratoria di inammissibilità
del ricorso dell'imputato, confutando le singole doglianze introdotte dal difensore
in quanto prevalentemente attenenti a questioni di merito, non deducibili in
sede di legittimità.
Considerato in diritto Il primo motivo di ricorso è fondato.
Come già statuito da questa stessa Sezione con la sentenza n.47995 del 2009 (
il cui dedsum il Collegio condivide e fa proprio ), l'appello proposto dal P.M.
avverso la sentenza di assoluzione pronunziata dal Giudice di pace è
inammissibile,essendo previsto, quale unico mezzo di impugnazione il ricorso per
cassazione ex art. 36 D.I.vo n. 274 del 2000. I pretesi dubbi di incostituzionalità
di detta disposizione limitativa della facoltà di proporre appello sono stati in
radice esclusi dal Giudice delle leggi, che ha ritenuto manifestamente infondata
la relativa eccezione ( cfr.ord. n. 298 del 2008; n. 42 del 2009). E' peraltro, nel
caso concreto, in configurabile la qualificazione dell'impugnazione della Pubblica
Accusa come ricorso per cassazione onde potersi far luogo alla conversione in
appello ex art. 580 cod.proc. pen. a seguito dell'appello proposto dalla parte
civile. Di tanto non v'è in atti il minimo accenno e peraltro, con il proposto
gravame, si deducono questioni di mero fatto. Ne discende quindi che la
sentenza impugnata deve esser annullata, limitatamente agli effetti penali.
Quanto al secondo ordine di doglianze dedotte, il ricorso dell'imputato va
giudicato invece infondato.
Come sostenuto dalla parte civile nella memoria depositata in vista dell'odierna
udienza,deve preliminarmente ribadirsi la incontestabile ammissibilità
dell'appello proposto dalla stessa parte avverso la sentenza di assoluzione del
Giudice di pace agli effetti del riconoscimento della responsabilità civile
dell'imputato, in ossequio alle disposizioni di ordine generale di cui all'art. 576
cod. proc.pen. (ancorchè modificato dall'art. 6 della legge n.46 del 2006 )
giusta quanto statuito, circa le sentenze di proscioglimento emesse dal Giudice di
pace, dalla Corte Costituzionale con sentenza n. 302 del 2008 ed in via generale,
circa le sentenze di assoluzione emesse in primo grado, dalle S.U. di questa
Corte con sentenza n. 27614 del 2007, ferma restando ex art. 38 D.I.vo n. 274
del 2000 la limitazione per la parte civile, alla proponibilità del solo ricorso per
cassazione qualora il procedimento risulti instaurato a seguito di ricorso
immediato al Giudice di pace ex art. 21 del citato D.I.vo. ( cfr. Sez. 5 n.4695 del
2008). Ipotesi esclusa, nel caso di specie, in cui il procedimento fu promosso
con decreto di citazione a giudizio emesso dal P.M.
Contrariamente alla dedotta insussistenza della responsabilità dell'imputato,
osserva il Collegio che il Giudice d'appello, ha proceduto a ricostruire in fatto
l'incidente con apprezzamento delle risultanze processuali - ovviamente non più
rivisitabile in sede di legittimità - dandone poi conto con motivazione congrua ed
esaustiva. Ha in sintesi in particolare rilevato il Tribunale che l'accesso alla
farmacia xxxxxxx, usufruendo dello scivolo a lieve pendenza predisposto al
fine di superare l'ostacolo costituito dal gradino tra il piano stradale ed il
marciapiedi antistante la farmacia stessa, presentava, alla stregua della documentazione fotografica dei luoghi acquisita agli atti, " evidenti elementi di rischio", tenuto conto delle condizioni soggettive della persona offesa ( di anni 75 ) ed avuto riguardo " alle diverse intersezioni dei piani inclinati del tombino e
delle diverse porzioni di marciapiede nonché dell'ulteriore pericolo insito nella
manovra di aggiramento delle sconnessioni" . Costituiva peraltro dato certo che
le rilevate sconnessioni del marciapiede e del tombino avevano ab origine una
precisa funzione servente ai fini del deflusso delle acque piovane a beneficio
del condominio e che i dislivelli in tal modo creati non erano mai stati oggetto
di interventi atti ad eliminare l'avvallamento volontariamente creato, come
peraltro ammesso dall'imputato in sede di esame nel dibattimento di primo
grado. Sicché, diversamente dagli assunti del Giudice di prime cure, non era
elemento decisivo individuare il punto esatto in cui l'anziana donna, nell'accedere
alla farmacia, inciampò, rovinando a terra, così procurandosi le gravi lesioni.
L'unico responsabile del fatto doveva ritenersi l'imputato in veste di
amministratore del condominio per aver colposamente omesso di "sistemare il
passaggio pedonale in corrispondenza dell'accesso al marciapiedi antistante il
tombino,mediante apposito scivolo " al fine di eliminare le sconnessioni del
piano di calpestio o quantomeno di contenerne la pericolosità con idonee
delimitazioni atte ad evitare che esse costituissero una vera e propria insidia;
ciò sui rilievo decisivo che in ogni caso anche le sconnessioni esistenti "nella
parte di pavimentazione in proprietà esclusiva dei xxxxxx (ovvero nell'area
diversa da quella occupata dal tombino ) sono del tutto funzionali allo scolo
delle acque piovane convogliate dalle strutture condominiali " . Non può quindi
mettersi in discussione che l'amministratore del condominio rivesta una
specifica posizione di garanzia, su di lui gravando l'obbligo ex art. 40 cpv. cod.
pen. di attivarsi al fine di rimuovere, nel caso di specie, la situazione di pericolo
per l'incolumità del terzi, integrata dagli accertati avvallamenti / sconnessioni
della pavimentazione in prossimità del tombino predisposto ai fini dell' esercizio
di fatto della servitù di scolo delle acque meteoriche a vantaggio del condominio,
ciò costituendo una vera e propria insidia o trabocchetto, fonte di pericolo per i
passanti ed inevitabile con l'impiego della normale diligenza; massime per una
persona anziana di 75 anni di età ( cfr. Sez. 3 n.4676 del 1975 rv.133249).
Né l'obbligo di attivarsi onde eliminare la riferita situazione di pericolo doveva
ritenersi subordinato, come erroneamente sostenuto dal ricorrente, alla
preventiva deliberazione dell'assemblea condominiale ovvero ad apposita
segnalazione di pericolo tale da indurre un intervento di urgenza. Il disposto
dell'art.1130 n. 4 cod.civ. viene invero interpretato dalla giurisprudenza di
legittimità nel senso che sull'amministratore grava il dovere di attivarsi a tutela
dei diritti inerenti le parti comuni dell'edificio, a prescindere da specifica
autorizzazione dei condomini ed a prescindere che si versi nel caso di atti
cautelativi ed urgenti ( cfr. Sez. 4 n.3959 del 2009; Sez. 4 n.6757 del 1983).
Dalla lettera dell'art. 1135,ultimo comma cod. civ. si evince peraltro a contrario
che l'amministratore ha facoltà di provvedere alle opere di manutenzione
straordinaria, in cado rivestano carattere di urgenza, dovendo in seguito
informare l'assemblea. E' indubitabile che l'eliminazione di un'insidia o
trabocchetto derivante dall'omesso livellamento della pavimentazione in
corrispondenza di un tombino deputato all'esercizio di una servitù di scolo a
vantaggio - ovviamente - dell'edificio condominiale rappresenti intervento sia
conservativo del diritto sia manutentivo di ordine urgente anche a tutela della
incolumità dei passanti e quindi determinante dell'obbligo di agire ex art. 40
comma 2° cod.pen.
Quanto infine all'ultima censura dedotta, deve ritenersi ormai assorbita e
superata ogni questione attinente alla sospensione della condanna al
risarcimento del danno, attesa l'ormai sopravvenuta definitività della stessa.
Alla riaffermata soccombenza dell'imputato nei confronti della parte civile,
consegue la condanna del predetto alla rifusione delle spese da questa sostenuta
nel presente grado di giudizio, come liquidate in dispositivo.
PQM
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente agli effetti penali;
rigetta nel resto e condanna il xxxxxxx alla rifusione delle spese sostenute nel
presente grado di giudizio dalla parte civile, liquidate in
complessivi euro 1.800,00, oltre spese generali, IVA e CPA.
Così deciso in Roma lì 12 gennaio 2012.
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