Conclusivamente, nel caso in esame, risulta dal complesso motivazionale della sentenza impugnata che: il ricorrente non poteva non avere percepito l’incidente; egli era consapevole che l’incidente stesso era riconducibile al suo comportamento e concretamente idoneo a produrre eventi lesivi; ricorreva, quindi, l’elemento psicologico quantomeno nella forma del dolo eventuale attestato dal rifiuto del ricorrente, per effetto del suo allontanamento, di accertare la sussistenza degli elementi in presenza dei quali la condotta costituiva reato. Il convincimento così espresso, in quanto frutto di una valutazione delle risultanze acquisite – di cui è stato dato conto in materia adeguata, coerente e corretta – sfugge al sindacato di legittimità. Alla declaratoria di inammissibilità segue, per legge, la condanna del ricorrente al pagamento delle spse processuali, nonché (trattandosi di causa di inammissibilità riconducibile alla volontà, e quindi a colpa, del ricorrente: cfr. Corte Costituzionale, sent. N. 186 del 7-13 giugno 2000) al versamento a favore della cassa delle ammende di una somma che si ritiene equo e congruo determinare in euro 1.000,00 (mille) ciascuno.