è significativo quanto stabilito dalla Cassazione proprio al termine del 2010, in questa materia, adeguandosi alla recente normativa statale che ha depenalizzato alcuni reati. Facendo un breve sunto di quanto stabilito in questa sentenza del novembre 2010, è opportuno chiarire che l’art. 186, co. 1, lett. a) codice della strada che disciplina la guida in stato di ebbrezza con un tasso alcolemico superiore a 0,5 e non superiore a 0,8, è stata depenalizzato ai sensi della legge 30.7.2010 n. 120, art. 33, co. 4. L’intervenuta “abolitio criminis” (nel senso della intervenuta trasformazione dell’illecito penale in illecito amministrativo) comporta che deve essere emesso un provvedimento giurisdizionale di proscioglimento perché il fatto non è più previsto dalla legge come reato”, provvedimento che può essere emesso dalla Corte di Cassazione, essendo lo “ius superveniens” applicabile di ufficio anche in Cassazione e deponendo in tal senso evidenti ragioni di economia processuale. Precedentemente, trattandosi di un reato c.d. contravvenzionale, la guida in stato di ebbrezza minima, cioè quella che va nella soglia tra 0,5 e non più di 0,8 (g/l), era punita con l’ammenda da euro 500 a euro 2000, e la sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida da tre a sei mesi. Motivi della decisione nascono ovviamente da un caso di ricorso. Imputata del reato di guida in stato di ebbrezza, una donna è stata dal Tribunale di Massa condannata, con le attenuanti generiche, alla pena di 10 giorni di arresto e 500,00 euro di ammenda, doppi benefici di legge e sospensione della patente di guida per gg. 45. La Corte di appello di Genova, ritenuto che non si poteva tenere conto dell’accertamento effettuato con l’alcoltest e che la prova era data solo dalle dichiarazioni degli agenti intervenuti relative ai sintomi dell’ebbrezza, riconduceva la fattispecie a quella stabilita dall’art. 186, co. 2 lett. a) e riduceva la pena nei limiti da essa previsti. Avverso tale sentenza ricorre per cassazione il difensore dell’imputata. Lamenta il vizio di violazione di legge con riferimento all’art. 141, co. 4 bis, disp. att. Cpp: rileva che la Corte di appello, dopo aver accolto l’eccezione di nullità dell’accertamento effettuato con l’alcoltest, ha ritenuto provato lo stato di ebbrezza sulla base degli elementi sintomatici; ha così ricondotto la fattispecie al reato di cui all’art. 186 co. 1 lett. a), punito con la sola pena dell’ammenda e per cui è ammessa l’oblazione e pertanto avrebbe dovuto rimettere in termini l’imputata per chiedere di essere ammessa all’oblazione, così come richiesto nell’atto di appello. Rileva la Corte che l’ipotesi di reato per la quale è stata giudicata è quella di cui all’art. 186, co. 1, lett. a) codice della strada (guida in stato di ebbrezza con un tasso alcolemico superiore a 0,5 e non superiore a 0,8), fattispecie che è stata depenalizzata ai sensi della legge 30.7.2010 n. 120, art. 33, co. 4. La Corte annullava la sentenza impugnata senza rinvio perché il fatto non è previsto come reato